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Un’arma in casa. Nadine Gordimer

Un’arma in casa. Nadine Gordimer

Un’arma in casa è stato pubblicato nel 1998, quando secondo Nadine Gordimer, indimenticabile scrittrice sudafricana, premio Nobel per la letteratura nel 1991, con la fine dell’apartheid e la salita al potere di Nelson Mandela, la nuova situazione del suo paese permise finalmente agli scrittori di concedersi il lusso di scrivere libri più intimi e personali. In realtà Un’arma in casa (Godimer, 1998) racconta con sfumature intense e toccanti una vicenda famigliare che non prescinde dal contesto del paese...

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Prevenzione e politiche pubbliche: costruire la resilienza alla prossima pandemia

Prevenzione e politiche pubbliche: costruire la resilienza alla prossima pandemia

Quando la crisi sanitaria da COVID-19 iniziò a diffondersi nel mondo, Richard Horton, direttore di The Lancet, suggerì che la portata del fenomeno non potesse essere compresa appieno se definita semplicemente come pandemia. Parlò invece di sindemia, evidenziando l’interazione fra l’infezione da SARS-CoV-2 e le condizioni croniche preesistenti, radicate in disuguaglianze sociali e ambientali profonde (Horton, 2020). Questa prospettiva mise in luce un aspetto chiave: il virus non si è diffuso in una popolazione sana ma in società...
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Dio della polvere. Mariapia Veladiano

Dio della polvere. Mariapia Veladiano

A metà settembre è uscito Dio della polvere, l’ottavo romanzo di Mariapia Veladiano, che affronta, con la consueta bravura, il tema del male e della responsabilità, parlando della pedofilia all’interno della Chiesa cattolica (Veladiano, 2025). Con un impianto teatrale, il romanzo è imperniato su una serie di conversazioni – meglio sarebbe dire discussioni - tra una fisioterapista, Chiara, e il vescovo della sua città. Chiara cerca il vescovo per denunciare il silenzio della chiesa sui crimini di pedofilia commessi...

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Se il Robot è 'Simpatico' e la Stampante 'Capricciosa': Il Fascino dell’Antropomorfismo

Se il Robot è 'Simpatico' e la Stampante 'Capricciosa': Il Fascino dell’Antropomorfismo

Avete mai inveito contro una stampante che si rifiuta di funzionare? O pensato che la vostra automobile fosse ‘arrabbiata’ con voi? Se la risposta è sì, avete sperimentato in prima persona l’antropomorfismo. L’antropomorfismo è la tendenza ad attribuire caratteristiche, intenzioni ed emozioni umane a entità non umane, come animali, oggetti o fenomeni naturali. Questo fenomeno pervasivo si manifesta spesso nella vita quotidiana, sia spontaneamente che in risposta a specifici fattori scatenanti. In questo articolo esploriamo le basi psicologiche dell’antropomorfismo, concentrandoci sulle teorie di Daniel Epley, Adam Waytz, John T. Cacioppo e Gabriella Airenti. Analizzando queste teorie, approfondiremo le componenti cognitive e motivazionali che ci spingono ad antropomorfizzare, e le ragioni per cui, a seconda del contesto, vediamo umanità in ciò che ci circonda. Vedremo poi come il fenomeno abbia numerose implicazioni pratiche, dalla pubblicità all’industria cinematografica, dalla percezione dei diritti degli animali al rapporto con la natura. Inoltre, il crescente sviluppo della robotica e dell’intelligenza artificiale solleva interrogativi sulla progettazione e sull’accettazione sociale delle tecnologie umanoidi. L’articolo mostra come l’antropomorfismo influenzi il nostro comportamento, le nostre emozioni e la nostra interazione con la tecnologia, offrendo spunti per comprendere il futuro delle relazioni essere umano-robot e il ruolo dell’umanizzazione nel design tecnologico.
 
 
Have you ever raged against a printer that refuses to work? Or thought that your car was ‘angry’ with you? If the answer is yes, you've experienced anthropomorphism firsthand. Anthropomorphism is the tendency to attribute human characteristics, intentions, and emotions to non-human entities, such as animals, objects, or natural phenomena. This pervasive phenomenon often manifests spontaneously and in response to specific triggers in everyday life. In this article, we explore the psychological foundations of anthropomorphism, focusing on the theories of Daniel Epley, Adam Waytz, John T. Cacioppo, and Gabriella Airenti. By analyzing these theories, we will delve into the cognitive and motivational components that drive us to anthropomorphize, and the reasons why, depending on the context, we perceive humanity in the things around us. We will also examine how this phenomenon has numerous practical implications, from advertising to the film industry, from animal rights perception to our relationship with nature. Furthermore, the growing development of robotics and artificial intelligence raises questions about the design and social acceptance of humanoid technologies. The article will show how anthropomorphism influences our behavior, emotions, and interactions with technology, offering insights into the future of human-robot relationships and the role of humanization in technological design.
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Precipizio. Robert Harris

Precipizio. Robert Harris

Ho letto nel periodo estivo un libro che mi ha colpito e di cui consiglio vivamente la lettura perché, pur essendo accattivante e scorrevole, fa riflettere sul potere politico e militare, in particolare sulla sua gestione da parte delle élite, gestione che spesso genera esiti disastrosi per l’intera società. Un libro che, raccontando il passato, parla del presente; sono infatti convinta che il suo autore, Robert Harris, che da anni stimo e ammiro per la sua capacità di...
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La Realtà Virtuale Contro i Pregiudizi: Un Nuovo Approccio all’Inclusione

La Realtà Virtuale Contro i Pregiudizi: Un Nuovo Approccio all’Inclusione

Abstract in italiano 
 
Questo articolo esplora il potenziale della realtà virtuale (VR) nel ridurre i pregiudizi intergruppo, una questione sempre più rilevante nelle società contemporanee. Analizza come la VR possa offrire esperienze immersive che favoriscono l’empatia e la comprensione tra gruppi sociali. Attraverso un’analisi della letteratura, l’articolo mette in luce i vari metodi utilizzati negli interventi che in VR, tra cui l'embodiment (vivere un’esperienza dalla prospettiva di un altro gruppo) e le interazioni cooperative in spazi virtuali. I risultati mostrano che, sebbene la VR possa portare a cambiamenti positivi negli atteggiamenti, soprattutto quando è coinvolto il contatto cooperativo, l’impatto è complesso e dipendente dal contesto. L'articolo discute anche l'effetto del secondary transfer effect (STE) del contatto intergruppo in VR, secondo cui le interazioni positive con un gruppo possono ridurre i pregiudizi verso altri gruppi minoritari non direttamente coinvolti. Infine, l’articolo considera le sfide e le direzioni future della ricerca in VR, sottolineando la necessità di interventi progettati con cura per garantire una riduzione duratura e significativa dei pregiudizi.
Abstract in inglese

This article explores the potential of virtual reality (VR) in reducing intergroup prejudice, a pressing issue in contemporary societies. It examines how VR can provide immersive experiences that promote empathy and understanding between different social groups. Through a review of recent studies, the article highlights the different methods used in VR interventions, including embodiment (experiencing the world from another group’s perspective) and cooperative interactions in virtual spaces. The findings show that while VR can lead to positive attitude changes, particularly when cooperative contact is involved, the impact is complex and context dependent. The article also discusses the secondary transfer effect (STE) of VR-based intergroup contact, where positive interactions with one group can reduce prejudice towards other, non-contacted minority groups. Finally, the article considers the challenges and future directions in VR research, emphasizing the need for carefully designed interventions to ensure lasting and meaningful prejudice reduction.

 

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La realtà virtuale come strumento di comprensione delle diverse identità di genere

La realtà virtuale come strumento di comprensione delle diverse identità di genere

Abstract in italiano

Negli ultimi anni, la realtà virtuale (VR) ha trasformato radicalmente le modalità di espressione dell’identità personale, offrendo ambienti digitali immersivi in cui gli individui possono esplorare sé stessi attraverso avatar personalizzati. Questo articolo approfondisce il potenziale della VR come strumento di comprensione, accettazione ed esplorazione dell’identità di genere. Grazie ai meccanismi cognitivi dell’embodiment, gli utenti percepiscono l’avatar come parte integrante del proprio Sé. Tale immedesimazione attiva processi psicologici profondi, tra cui il Proteus Effect (Yee & Bailenson, 2007), ovvero l’influenza dell’aspetto dell’avatar su comportamento, atteggiamenti e percezione di sé. L’incarnazione di avatar di genere diverso dal proprio corpo biologico può favorire consapevolezza identitaria, ridurre il disagio psicologico e promuovere empatia verso persone transgender e di genere non conforme. Inoltre, la VR si configura come potente strumento educativo per la riduzione dei pregiudizi, attraverso esperienze in prima persona che simulano le sfide vissute da individui discriminati (Peck et al., 2013; Banakou et al., 2016). Alla luce delle evidenze emergenti, si delineano nuove prospettive di ricerca e intervento psicosociale, in cui la VR non è solo una tecnologia immersiva, ma una leva per l’inclusione e la comprensione delle identità di genere.

Abstract in inglese

In recent years, virtual reality (VR) has significantly reshaped the ways in which personal identity can be expressed and explored, offering immersive digital environments where individuals engage with personalised avatars. This article examines the potential of VR as a tool for understanding, accepting, and exploring gender identity. Through the cognitive mechanism of embodiment, users come to perceive the avatar as part of their own body and self. This experience can trigger deep psychological processes, including the Proteus Effect (Yee & Bailenson, 2007), whereby the appearance of the avatar influences users’ behaviours, attitudes, and self-perception. Embodying avatars of a gender different from one’s assigned sex can enhance self-awareness, alleviate psychological distress, and foster empathy toward transgender and gender non-conforming individuals. Additionally, VR is emerging as a powerful educational tool for reducing prejudice, allowing first-person simulations of the challenges faced by those who experience discrimination (Peck et al., 2013; Banakou et al., 2016). In light of growing evidence, new perspectives are opening for psychosocial research and intervention, positioning VR not only as an immersive technology but as a valuable resource for promoting inclusion and understanding of diverse gender identities.

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La guerra non ha un volto di donna. Svetlana Aleksievič

La guerra non ha un volto di donna. Svetlana Aleksievič

In questi giorni tremendi, densi di immagini belliche in cui sono uomini coloro che decidono le guerre del mondo e le donne non sembrano avere la possibilità o la capacità di esprimere una logica alternativa, ho letto un libro potente, scritto da Svetlana Aleksievič, di padre bielorusso e madre ucraina, giornalista e scrittrice, premio Nobel per la letteratura nel 2015. La guerra non ha un volto di donna (2015) [1] dà voce, con assoluta assenza...
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Sangue giusto. Memorie coloniali nel racconto di Francesca Melandri

Sangue giusto. Memorie coloniali nel racconto di Francesca Melandri

Il colonialismo italiano è stato un fenomeno circoscritto nello spazio e nel tempo, un fenomeno che è arrivato all’apice quando le più importanti potenze coloniali avevano già avviato il processo di decolonizzazione, e che si è concluso in modo brusco e inglorioso. Silenzio, oblio, sentimenti di autoassoluzione continuano a segnare il ricordo di quel periodo e la cosa fa riflettere se si pensa che alla conquista dell’Etiopia partecipò quasi mezzo milione di uomini. Il colonialismo ha infatti coinvolto...
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Fuorché il silenzio. Trentasei voci di donne afghane

Fuorché il silenzio. Trentasei voci di donne afghane

Fuorché il silenzio[1] riunisce i racconti di trentasei donne afghane di lingua dari, raccolti durante i mesi successivi all’abbandono dell’Afghanistan da parte degli occidentali il 15 agosto 2021 e al concomitante ritorno al potere dei Talebani, considerati dalle scrittrici “la raffigurazione della morte” (Marziya Mohammadi, p.80) e “l’annullamento del futuro” (Anisa Gul Neshat, p.168). Come spiega Zahra Mosavi: “In Occidente… non capiscono o forse non vogliono capire…Non sanno che i talebani hanno la possibilità di...
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