Solo per i tuoi occhi… L’oggettivazione sessuale in un’ottica psicosociale

“(La donna) diventa un oggetto; si sperimenta come oggetto, scopre con meraviglia questo nuovo aspetto del suo essere: ha la sensazione di sdoppiarsi; invece di coincidere esattamente con se stessa, comincia a esistere fuori di sé”.

Simone de Beauvoir, 1949, p.327

 

È raro guardare la televisione o sfogliare una rivista senza imbattersi nell’immagine di una donna, in pose ammiccanti, dalle labbra ipertrofiche, gli zigomi pronunciati e il seno voluminoso in un corpo esile. Nei media occidentali i corpi femminili sono sempre più chirurgicamente uguali fra loro, esibiti come oggetti sessuali, in poche parole, oggettivati. 

Che cos’è l’oggettivazione? Oggettivare una persona vuol dire considerare la stessa alla stregua di un oggetto, un mero strumento per il raggiungimento di un fine personale, e conduce in sostanza alla negazione della sua dignità umana. È per questa ragione, infatti, che l’oggettivazione può essere considerata una forma di de umanizzazione. Essa può investire diverse minoranze e categorie sociali, così come diverse possono essere le dimensioni dell’identità che possono essere reificate. Quando queste dimensioni corrispondono al corpo e il valore di una persona è stabilito soprattutto sulla base del suo aspetto fisico si parla di oggettivazione sessuale o sessualizzazione (Fredrikson & Roberts, 1997). L’oggettivazione sessuale comporta una frammentazione simbolica del corpo, che è separato dal resto della persona e considerato come mero strumento per il piacere sessuale altrui. Benché questo fenomeno di recente inizi a riguardare anche gli uomini (Martins, Tiggemann, & Kirkbride, 2007), esso investe in misura assai maggiore le donne. Per questa ragione, qui si rivolgerà l’attenzione soprattutto all’oggettivazione femminile, condizione in cui si considera una donna non nella complessa unitarietà della sua persona ma sulla base del modo in cui il suo corpo appare agli altri. 

Le Pratiche Culturali dell’Oggettivazione Sessuale

Nelle società occidentali, i mezzi di comunicazione costituiscono senza dubbio i principali attori del processo di manipolazione simbolica del corpo femminile. La sessualizzazione delle donne, dalla televisione, alle riviste fino a internet, è così pervasiva da apparire ormai una consuetudine ai nostri occhi. 

La tv italiana, ad esempio, propone abitualmente un’immagine surreale del mondo femminile. All’invisibilità di donne che studiano, lavorano, fanno politica si contrappone l’ingombrante presenza di vallette il cui ruolo è di esibire il proprio corpo indossando abiti succinti su cui le telecamere indugiano (Censis, 2006, Rapporto Women and Media in Europe). Se si considera Internet, la sessualizzazione delle donne diventa ancora più estrema. Tra il 1998 e il 2004, solo per fare un esempio, il numero di pagine web a contenuto pornografico è aumentato del 1.800 % (Paul, 2005). Ancora, frequentissimo è l’uso spregiudicato di immagini di donne svestite o di bambine travestite da donne sensuali per reclamizzare un prodotto, in TV o nei giornali. 

Come esito di tutto ciò, il messaggio che le donne siano oggetti sessuali a uso e consumo del desiderio maschile giunge in tutta la sua forza e pericolosità alle donne (e agli uomini) delle età più diverse. 

Se da un lato i media sono i grandi protagonisti della diffusione di modelli irrealistici di bellezza, dall’altro troviamo le persone comuni che se ne appropriano, contribuendo, in modo più o meno attivo, a rafforzarli e sostenerli. In studi sperimentali ad esempio, è emerso che quando ci concentriamo solo sul modo in cui una donna appare, tendiamo a percepire quella donna come meno umana in termini di calore e moralità (Heflick, Goldenberg, Cooper, & Puvia, 2011; Loughnan, Haslam, Murnane, Vaes, Reynolds & Suitner, 2010). 

Quando lo Sguardo Oggettivante Diventa il Proprio: L’Auto-Oggettivazione

Cosa significa per una donna vivere in un contesto sociale che troppo spesso considera il corpo come un oggetto anziché una parte integrante della persona? La teoria dell’oggettivazione di Fredrickson & Roberts (1997) e le ricerche condotte in quest’ambito forniscono delle interessanti risposte a questa domanda. La forma elettiva tramite cui l’oggettivazione si esprime ed esercita è lo sguardo - di un uomo, una telecamera, una macchina fotografica - che considera l’altro come un oggetto. Lo sguardo oggettivante però non è sempre o solo quello altrui: può infatti essere interiorizzato da chi lo subisce. Siamo allora in presenza dell’auto-oggettivazione, una condizione psicologica in cui si assume una prospettiva esterna a sé - in una sorta di sdoppiamento della propria persona - come modo principale attraverso cui percepirsi (Calogero, 2011; de Beauvoir, 1949).

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