Le cause psicosociali della perdita dell’autonomia di spostamento infantile

Conclusioni

 

I bambini e le bambine sono scomparsi dalle strade delle nostre città perché nei genitori prevale la paura: hanno paura del traffico, temono che i figli e le figlie possano farsi male e fare incontri pericolosi ma, soprattutto, hanno paura di essere giudicati negligenti se concedono loro autonomia. Come abbiamo visto, il tema della mobilità autonoma dei bambini e delle bambine si correla ad altri temi di fondamentale importanza: le caratteristiche dell’ambiente urbano, la percezione di sicurezza e il ruolo genitoriale. L’ambiente urbano si è trasformato negli ultimi sessanta anni per l’aumento degli spostamenti in automobile diventando più pericoloso e meno accessibile portando le famiglie a ridurre l’autonomia di spostamento dei/lle loro figli/e (Shaw et al., 2015). Lo studio di Sharmin et al. (2020) condotto a Dacca dimostra quanto impattino le proprietà topologiche delle città ad alto tasso di urbanizzazione e crescita demografica sull’autonomia di spostamento dei bambini e delle bambine, perché con il crescere della popolazione e dell’espansione territoriale le strade diventano più trafficate, affollate e percepite come pericolose dai genitori anche per la presenza di persone estranee. La paura del traffico e degli incidenti automobilistici viene indicata come la causa principale che ostacola la concessione di autonomia, ma quello che ha inciso maggiormente sul crollo della mobilità autonoma sono le paure sociali e la interpretazione del ruolo genitoriale (Johannson, 2006; Wolfe et al., 2016). Fino a pochi decenni fa un genitore riteneva che fosse suo compito promuovere il più precocemente possibile l'affrancamento del/la figlio/a dalla tutela parentale. Oggi sembra che il modello si sia capovolto: il genitore ritiene suo dovere accompagnare sempre i/le figli/e, vigilarli/e e tutelarli/e, anche a costo di una onerosa organizzazione familiare. A giustificazione di questo comportamento gli adulti denunciano da un lato i pericoli sociali e ambientali, ma dall'altro tendono a sottostimare le capacità dei bambini e delle bambine. Questo espone i genitori a pericolosi errori educativi e i/le figli/e a rischiose carenze evolutive; non avendo la possibilità di vivere esperienze reali di autonomia i bambini e le bambine non acquisiscono le regole relazionali e gli strumenti cognitivi che permettono loro di gestire le relazioni con i loro pari e di affrontare le situazioni reali (Tonucci et al., 2002). Se la tendenza dominante è quella di iperproteggere i bambini e le bambine, anche per non essere giudicati e accusati di negligenza, questa si esaspera con le bambine e le ragazze perché la protezione nei loro confronti è ritenuta un dovere socialmente percepito (McDonald, 2012). Ma perché è così importante ridare ai bambini e alle bambine la possibilità di riappropriarsi del rapporto con l’ambiente urbano? Prima di tutto per gli effetti sulla salute fisica e psicologica: uno stile di vita attivo aiuta a prevenire sovrappeso e obesità, dà la possibilità di vivere esperienze di autonomia e di gioco nello spazio pubblico durante l’infanzia, incide su relazioni di vicinato più intense, su un più forte senso di comunità e sullo sviluppo delle competenze evolutive (Lopes et al., 2018; Shaw et al., 2015). Permettere ai bambini e alle bambine di recuperare il rapporto con l’ambiente urbano ha effetti positivi anche sulla città, come dimostrano le seguenti esperienze realizzate in Italia: “A scuola ci andiamo da soli”, proposta dal progetto internazionale “La città dei bambini” dell’ISTC-CNR, e il Pedibus. Le differenze tra queste due esperienze sono di carattere metodologico e finalistico; “A scuola ci andiamo da soli” si rivolge ai bambini e alle bambine dai 6 agli 11 anni per andare a scuola e tornare a casa da soli/e, o con gli/le amici/che, e il reale scopo è quello di concedere autonomia anche fuori l’orario scolastico e nei percorsi extra scolastici. L’esperienza richiede un intenso lavoro preparatorio che coinvolge la famiglia, la scuola e l’amministrazione comunale (si veda “La città dei bambini”). Diversamente, il Pedibus prevede percorsi casa - scuola a piedi, da parte dei bambini e delle bambine con l’accompagnamento di adulti volontari, con la finalità di favorire il movimento e limitare l’uso dell’automobile, riducendo le emissioni di Co2 (Giovannacci & Falleri, 2021). Una città a misura e amica dei bambini e delle bambine (kid-friendly) è una città che garantisce la loro partecipazione alla progettazione e alla fruibilità degli spazi; Annunziata e Garau (2018) hanno analizzato, con bambini/e e adolescenti/e d’età tra i 5 e i 13 anni, il grado di relazione diretta tra lo spazio urbano adatto a loro e le caratteristiche dell’ambiente costruito (come la walkability, la distanza dalla destinazione, il volume del traffico, la connettività e prossimità delle strade, gli elementi naturali, le affordance ambientali), arrivando a concludere che se una città presenta criteri di praticabilità allora le possibilità di rendere i suoi spazi a beneficio di tutti/e, in primis i/le bambini/e, aumentano anche nella direzione dell’autonomia di spostamento. La praticabilità della città da parte dei bambini e delle bambine acquisisce un significato di inclusione e di uguaglianza ed è una condizione necessaria nella progettazione della smart city. I bambini e le bambine hanno un valore paradigmatico e il luogo in cui questo può essere espresso con più rilevanza è la città; restituire loro la città significa renderla più vivibile, sicura e sana per tutti/e i/le cittadini/e.

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