Le cause psicosociali della perdita dell’autonomia di spostamento infantile

Prima di passare in rassegna i fattori principali (psicosociali, demografici e ambientali) correlati al crollo delle autonomie infantili è importante aprire una breve parentesi teorica sugli stili genitoriali. Partendo dal costrutto di Baumrind (1967, 1971, 1991) sulle tipologie di stile autoritario (authoritative), autorevole (authoritarian) e permissivo (permissive), Maccoby e Martin (1983) ampliano la definizione di stili genitoriali sulla base di due dimensioni, la richiestività (demandingness) e la responsività (responsiveness), aggiungendone un quarto, quello trascurante. La richiestività è definita dalle richieste che i genitori pongono ai bambini e alle bambine esercitando controllo e supervisione. Al contrario, la responsività è il modo in cui i genitori rispondono ai bisogni dei bambini e delle bambine dimostrando loro calore, supporto e accettazione. Gli stili si differenziano per il livello di richiestività e di responsività: ad alta richiestività e bassa responsività corrisponde lo stile autoritario; ad adeguata richiestività e responsività corrisponde lo stile autorevole, mentre a bassa richiestività e alta responsività corrisponde lo stile permissivo. Si conferma come migliore modello di stile genitoriale quello autorevole: infatti, i figli e le figlie di genitori autorevoli presentano livelli migliori di autostima, autonomia, salute mentale e successo scolastico (Baumrind, 1971; Grolnick et al.,1989). Inoltre, secondo Merlin et al. (2013) se un genitore riesce a mantenere alti livelli di responsività e alti livelli di richiestività manifesterà le qualità del buon genitore. Diversamente, i bambini e le bambine di genitori autoritari sviluppano un senso d’autonomia minore rispetto alle altre due tipologie: mancano infatti della capacità decisionale, perché abituati/e a far prendere ai genitori la maggior parte delle proprie scelte (Chan et al., 2007). Esaminando la relazione fra stili genitoriali e autonomia infantile, Pacilli et al. (2013) hanno riscontrato che la promozione dell’autonomia di spostamento è presente in grado superiore quando il genitore manifesta una cura maggiore e un’intrusività minore.

Oggi, la genitorialità viene esercitata e vissuta con eccessiva tutela e l’iperprotezione (si pensi all’accezione terminologica ‘helicopter parent’, ‘genitori elicottero’ data da Cline et al., 1990; Hunt, 2008; Perry et al., 2018) che ne deriva determina una serie di limitazioni che influiscono profondamente sullo sviluppo a lungo termine delle competenze (cognitive, sociali ed emotive) infantili. È utile precisare che i pregiudizi sociali sulle concessioni di autonomia contribuiscono ad alimentare il senso di colpa nei genitori. Come osserva Skenazy (2009) i genitori si trovano spesso nella posizione di non riuscire a bilanciare le loro volontà con le loro decisioni: per i genitori l’autonomia di spostamento rappresenta un dilemma che può minare la loro capacità decisionale. Inoltre, sempre secondo Skenazy (2009), i genitori per respingere ed evitare il giudizio altrui sulle proprie scelte, preferiscono privare, in particolar modo le figlie, dell’autonomia ed essere percepiti iperprotettivi piuttosto che negligenti; questo perché è socialmente radicata l’idea che le bambine e le ragazze necessitino di una protezione maggiore. Numerosi studi (e.g., Alparone e Pacilli, 2012; Foster et al., 2014; Prezza et al., 2001) mettono in risalto la differenza di genere percepita dal genitore; le bambine e le ragazze hanno meno possibilità di muoversi liberamente nel quartiere e di raggiungere anche la scuola in autonomia a differenza dei loro coetanei maschi. Tale associazione viene messa in risalto anche in Brown et al. (2008), dove nella fascia d’età tra gli 8 e i 12 anni a ottenere più permessi per muoversi in autonomia sono i maschi a differenza delle loro coetanee. È interessante quanto emerge nello studio di Lopes et al. (2018) dove le differenze che si registrano tra ragazzi e ragazze (fascia d’età 11-17 anni) sono solo sugli spostamenti verso i luoghi d’interesse (quelli che significano qualcosa per loro perché favoriscono il senso d’appartenenza) e non lungo il tragitto di ritorno da scuola verso casa. Complice dello stato d’apprensione e preoccupazione dei genitori è anche la ricezione delle informazioni sulle modalità di come e quando lasciare tempi e spazi autonomi fuori casa al proprio figlio o figlia; ricezione che risulta poco chiara al punto da farli sentire disorientati (Crawford et al., 2017).

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