La rivoluzione dell’Intelligenza Artificiale: sfide e linee di ricerca future verso un’intelligenza aumentata
L’Intelligenza Artificiale (IA), che nell’ultimo decennio ha avuto un forte impulso in termini di sviluppo, sta influenzando moltissime attività della nostra vita quotidiana. Essa rappresenta una disciplina delle scienze informatiche nata intorno agli anni ‘50 del Novecento (Jatobá et al., 2019) con l’obiettivo di sviluppare sistemi software e hardware in grado di mostrare capacità tipicamente umane quali il ragionamento, l’apprendimento, la pianificazione e la creatività (Lucci & Kopec, 2016; Somalvico, 1987). Tuttavia, è solo negli ultimi anni che questa disciplina è passata dallo sviluppo teorico alla sua piena applicazione pratica. Le tecnologie di IA hanno quindi affiancato la robotica, quella branca dell’ingegneria che studia e sviluppa robot per l’automazione, soprattutto in ambito industriale. Proprio perché fortemente complementari, spesso nell’immaginario collettivo le due discipline vengono confuse. In realtà, la robotica si concentra principalmente sullo sviluppo delle parti meccaniche di un robot, mentre l’IA mira all’elaborazione di algoritmi software in grado apprendere e ragionare autonomamente. Proprio per questo motivo, l’ecosistema che include IA, algoritmi e robotica viene più propriamente oggi indicato con l’acronimo STARA (Smart Technology, Artificial Intelligence, Robotics, and Algorithms).
Recentemente, diversi autori/autrici descrivono l’avvento dell’IA come una rivoluzione del genere umano capace di portare cambiamenti ancora più grandi di quelli portati dalle rivoluzioni industriali (Gray, 2013; Spohrer & Maglio, 2008). A questo proposito, la ricerca in ambito psicologico sta iniziando progressivamente a interrogarsi su quali possano essere le conseguenze derivanti dall’interazione con software in grado di “pensare”. Infatti, lo sviluppo delle tecnologie STARA starebbe conducendo a una progressiva scomparsa di lavoratori e lavoratrici della classe media (Brougham & Haar, 2018), sempre più di frequente sostituibili da strumenti tecnologici di ultima generazione (Feng & Graetz, 2015; Tiwari & Srivastava, 2020). Uno studio del Mckinsey Global Institute (2020) suggerisce che entro il 2030 algoritmi intelligenti potrebbero sostituire fino al 30% dell’attuale forza lavoro mondiale, portando milioni di persone a dover cambiare completamente il proprio settore lavorativo. Tuttavia, è importante precisare che secondo molti autori/autrici (Rapanyane & Sethole, 2020; Susar & Aquaro, 2019) l’adozione di applicazioni di IA non rappresenterà necessariamente una svolta dalle forti connotazioni negative, ma consentirà di aiutare gli individui a svolgere meglio il proprio lavoro. La ragione su cui si fonda la tendenza a sostituire la forza lavoro umana con quella digitale risiede primariamente nella capacità della tecnologia di eseguire le stesse attività svolte dall’essere umano ma senza fatica, con maggiore efficienza e riducendo al minimo il tempo d’azione. Proprio per questo, i posti di lavoro cambieranno, cambierà il modo in cui lavoriamo e il tipo di lavoro che le persone intraprenderanno, il tutto perché la maggior parte dei settori produttivi sta investendo in maniera cospicua in questa nuova tecnologia (Tiwari & Srivastava, 2020).
Le tecnologie STARA stanno oggi facendosi largo in moltissimi campi: dalla medicina all’informazione, dal settore produttivo alla gestione delle risorse umane. Proprio il settore delle organizzazioni rappresenta il contesto in cui, nell’ultimo decennio, la strada verso l’impiego dell’IA è stata percorsa a velocità molto elevata. Ad esempio, gli algoritmi di Intelligenza Artificiale vengono oggi già ampiamente impiegati per migliorare il job matching tra posizioni lavorative aperte e candidati attraverso motori di ricerca knowledge based (o semantici; Mochol et al., 2007; Strohmeier & Piazza, 2015). L’IA è anche divenuta protagonista dei colloqui di lavoro grazie a chatbot addestrati per condurre interviste efficienti attraverso l’impiego di algoritmi di Natural Language Processing (Yakkundi et al., 2019). O ancora, sfruttando tecniche di text mining, sentiment analysis e opinion mining, algoritmi di IA possono essere utilizzati per analizzare le opinioni, i commenti e le recensioni che lavoratori e lavoratrici pubblicano online su portali dedicati al mondo lavorativo per individuare ciò che può essere migliorato in una certa realtà organizzativa (Strohmeier & Piazza, 2015). Tutti questi esempi mostrano come l’impiego delle IA nel settore lavorativo stia comportando numerosi vantaggi e risparmio in termini di tempi e costi (Ensher et al., 2002; Paoletti, 2008; Thite et al., 2012) aumentando l’efficienza dei processi organizzativi. Ma quali sono le conseguenze psicologiche che potrebbero derivare da questa rivoluzione?
Percezione di minaccia e disparità sociale: conseguenze psicologiche dell’implementazione delle tecnologie di IA
Se da un lato la progressiva adozione delle tecnologie di IA sta portando a un miglioramento nelle performance produttive, dall’altro stanno emergendo molteplici conseguenze a livello psicologico per i lavoratori e le lavoratrici. A questo proposito, diversi studi suggeriscono come l’interazione con agenti automatici può favorire la percezione di minaccia in termini di stabilità lavorativa, economica ma anche rispetto ai confini della distintività identitaria fra individui e agenti automatici (Kieslich et al., 2021; Yogeeswaran et al., 2016; Shen et al., 2012; Złotowski et al., 2017). Algoritmi trasformatisi in “colleghi/e di lavoro” possono infatti indurre la comparsa di una maggiore incertezza sul futuro (Pellegrino, 2015), poiché ancora non è chiaro quale direzione queste tecnologie stiano prendendo.
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