Io, gli altri e il corona virus

In questo periodo la maggior parte delle persone in Italia sta cercando, con notevoli sforzi, di attenersi alle indicazioni fornite dal governo per il contenimento dell’epidemia di corona virus. Si sono però riscontrate numerose trasgressioni da parte di singoli o gruppi che, per ragioni più o meno comprensibili, hanno ignorato bellamente  queste indicazioni. In altre parole, queste persone hanno ritenuto che le informazioni e gli avvertimenti trasmessi non li riguardassero personalmente, si sono sentiti dispensati e hanno considerato più importante soddisfare altre esigenze. Si tratta ora di capire cosa li ha spinti a questi comportamenti e che tipo di messaggio potrebbe essere efficace per  arginarne gli effetti negativi. 

La ricerca nel campo dell’influenza sociale ha da molto tempo rilevato che le persone tendono a pensare che gli altri siano più influenzabili dai messaggi trasmessi dai media di quanto lo sono loro  (Effetto terza persona, Davison, 1983). Sono state poi individuate due componenti di questo effetto (Gunther & Storey, 2003): il bias percettivo “riguarda più gli altri che me” e - sulla base di questa percezione -  la tendenza a trascurare il messaggio e a non seguirne le indicazioni.  

E’importante capire se l’effetto terza persona si attiva anche in merito a informazioni riguardanti la salute quando questa è in qualche modo minacciata. In uno studio condotto con oltre mille studenti in Taiwan all’epoca dell’influenza aviaria (Wei, Lo, e Lu 2008), si è riscontrato un chiaro effetto terza persona: complessivamente i partecipanti hanno teso a pensare che gli avvertimenti circa la malattia riguardassero e influenzassero più gli altri che loro stessi. Quindi si è visto che anche messaggi informativi riguardanti rischi per la salute possono produrre il bias percettivo. Tale bias è anche risultato correlato negativamente con l’intenzione di mettere in atto comportamenti adeguati (in quel caso la ricerca di informazioni e di farmaci antivirus). Tuttavia, si è anche visto che più gli individui erano informati sull’aviaria e più sono stati personalmente influenzati dagli avvertimenti e intenzionati a seguirne le indicazioni. In altre parole, una maggiore informazione ha ridotto la discrepanza sé-altri, l’effetto terza persona, sia a livello percettivo sia a livello di intenzioni comportamentali.

La situazione nella quale viviamo – la pandemia di corona virus - appare assai complicata perché le fonti di informazione, più o meno attendibili e a volte contradditorie, si sono moltiplicate e hanno creato una overdose comunicativa. A questo si aggiunga che il target della comunicazione è l’intera popolazione italiana. E’quindi importante che le informazioni provengano da un’unica fonte delegata a farlo e riconosciuta da tutti come autorevole. Tuttavia anche questo non è apparso sufficiente, come si è visto dalle numerose trasgressioni che si sono verificate. Quasi cent’anni fa gli studiosi dell’opinione pubblica rilevarono, dopo molti fallimenti, che la popolazione non andava considerata come una massa indistinta e omogenea, ma come un insieme articolato che si differenzia per età, genere, ruolo e condizione. Questo insieme ragiona, reagisce e si comporta in modi disparati. Solo accostandosi maggiormente a ciascuno di questi diversi gruppi è possibile evitare che l’effetto terza persona agisca, creando un pericolo per tutti. Se è quindi importante che la fonte sia unica e attendibile è altrettanto importante che i suoi messaggi tengano conto di queste diversità, rivolgendosi con specifici avvertimenti e indicazioni a ciascuno di essi. 

 

Riferimenti bibliografici

Davison, W. P. (1983). The third-person effect in communication. Public Opinion Quarterly, 47, 1-13. 

Gunther, A., & Storey, D. (2003). The influence of presumed influence. Journal of Communication, 53, 199-215. 

Wei, R., Lo, V. H. e Lu, H-Y (2008). Third-Person Effects of Health News. American Behavioral Scientist, 52, 2, 261-277.