Leadership e Identità Sociale: L’Importanza della Dimensione Morale

“I leader migliori, mi sembra, non dicano mai ‘io’ [...]. Il fatto è che non pensano ‘io’:

pensano ‘squadra’. Sono consapevoli che il loro compito è quello di far funzionare la squadra. […]

Vi è un’identificazione con il compito e con il gruppo”. (Druncker 1992, 14).

 

Il fenomeno della leadership è centrale e riconoscibile in ogni ambito della vita delle persone, da quello sportivo a quello lavorativo, da quello associazionistico a quello politico. Data la costante e importante presenza della leadership nella vita sociale di ogni gruppo, in tutte le epoche storiche, le riflessioni sul ruolo di leader sono pervenute da ogni angolo della conoscenza umana, dalla filosofia alla psicologia, fino alle discipline manageriali, con il tentativo di definire come e perché proprio quell’individuo, in quel determinato momento, rivesta – o venga rivestito – del ruolo di leader (Haslam, Reicher, & Platow, 2011). In questo articolo l’attenzione sarà focalizzata sulla lettura del processo di leadership offerta da un approccio molto conosciuto e applicato in psicologia sociale e delle organizzazioni, ovvero l’approccio dell’identità sociale (vedi Glossario; Tajfel & Turner, 1979; Turner, Hogg, Oakes, Reicher, & Wetherell, 1987). Come si vedrà più avanti, applicare questo approccio allo studio della leadership significa considerare il processo che lega un leader ai suoi follower in termini di una definizione identitaria condivisa: in questo senso, il leader diventa l’individuo che meglio riesce ad incarnare la rappresentazione prototipica del proprio gruppo, intendendo con questa l’insieme delle caratteristiche consensualmente attribuite al gruppo, rendendone manifesta l’identità sociale. Una recente linea di ricerca sui processi di regolazione intragruppo, ovvero su quei processi che riguardano il funzionamento e lo svolgimento della vita sociale nei gruppi, ha altresì mostrato come la dimensione morale sia centrale nella definizione del sé tanto individuale quanto sociale, andando dunque a influenzare la scelta e la valutazione dei gruppi a cui si desidera appartenere (Ellemers, Pagliaro, & Barreto, 2013). Nel tentativo di coniugare questi due filoni di ricerca, di recente abbiamo dunque avanzato l’ipotesi che la valutazione di un leader, unitamente al sostegno offerto dai follower, dipenda in modo sostanziale dalla moralità attribuita al leader stesso. Nell’ultima parte di questo contributo saranno dunque presentati i risultati di questi studi recenti (Giannella, Pagliaro, & Barreto, under review).

 

 

La Psicologia della Leadership: Evoluzioni Teoriche fino all’Identità Sociale

La leadership resta uno dei fenomeni più largamente studiati in psicologia per l’indiscussa importanza nella vita sociale. Infatti, l’efficacia della leadership e delle sue relazioni con i componenti del gruppo sono cruciali per gli sviluppi positivi o negativi, per il raggiungimento degli obiettivi che tale gruppo ha, per la sua coesione, per la soddisfazione e l’identificazione dei suoi membri. E’ possibile distinguerla dall’autorità perché non impone, piuttosto si tratta di un fenomeno di influenza sociale all’interno di un gruppo, attraverso cui un individuo mobilita le risorse degli altri membri verso il raggiungimento di obiettivi comuni (Chemers, 2001; Haslam et al., 2011). Nel corso dei decenni, si sono susseguiti diversi approcci teorici nel tentativo di comprendere cosa renda un leader efficace. Le prime concettualizzazioni della leadership hanno attribuito l'efficacia del leader meramente al possesso di specifiche caratteristiche personali, che lo rendevano “un grande uomo” capace di guidare gli altri con carisma (Le Bon, 1895; Lindholm, 1990; Weber, 1946). Al di là della concettualizzazione a tratti misogina – si noti infatti che non si parla di grande persona bensì di grande uomo – in questo genere di teorizzazione non trova alcuno spazio la considerazione di aspetti sociali e contestuali. Un leader avrebbe dunque una serie di caratteristiche che lo renderebbero tale a prescindere dal contesto. Per questo motivo, sono stati poi concettualizzati modelli che hanno considerato l’efficacia della leadership come l’esito dell’interazione tra caratteristiche disposizionali del leader (per es., il fatto che un leader sia orientato al raggiungimento degli obiettivi del gruppo piuttosto che al mantenimento di un clima positivo tra i componenti del gruppo stesso) e caratteristiche contestuali (per es., il grado di difficoltà del compito) – si pensi ad esempio all’approccio della contingenza (vedi Glossario; Fiedler, 1978; Fiedler & House, 1994; Gibb, 1958).

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