Il dovere di essere belle: la sessualizzazione interiorizzata

"Se una viene vestita così io dico ‘ma chi è sto pu*****ne?’". Queste le parole usate da Fabio Volo per apostrofare Ariana Grande nel video del suo singolo 7rings (la Repubblica, 2019). Durante il suo programma su radio DeeJay, il conduttore radiofonico ha affermato che tale video sarebbe un continuo richiamo alla sessualità, visti i modi di vestire e di comportarsi della cantante e delle altre protagoniste femminili. Peccato, però, che la canzone inneggi a niente meno che l’emancipazione femminile! Il testo, scambiato da Volo per un richiamo sessuale (“I want it, I got it”, “Lo voglio, lo prendo”), si riferisce alla possibilità della donna di potersi comprare quello che vuole perché indipendente economicamente. Ciò che ha fatto Volo non è stato altro che sessualizzare la cantante e le sue parole. Non solo, ha anche espresso la preoccupazione che video del genere stessero “imputt****do” le sue figlie. Le parole del conduttore hanno suscitato un certo scalpore e sono state da molti giudicate doppiamente offensive. Infatti, esse non solo attaccano Ariana Grande, ma più in generale possono essere lette come una critica verso le ragazze e le donne per il loro modo di vestire e di comportarsi, che a sua volta veicola l’accusa implicita alle donne – come spesso accade nei casi di violenze sessuali – di attirare su di sé le attenzioni sessuali maschili. In termini psicosociali, le parole di Fabio Volo sembrano esprimere la preoccupazione di fondo che bambine e ragazze possano sviluppare quella che viene chiamata sessualizzazione interiorizzata. 

Al fine di chiarire i rischi legati alla sessualizzazione interiorizzata, sarà innanzitutto proposto un breve inquadramento dei numerosi studi sul tema della sessualizzazione, facendo riferimento nello specifico alla sessualizzazione delle donne, sulle quali è posto maggiormente il focus in tali ricerche. Saranno quindi illustrati il concetto di sessualizzazione interiorizzata e le sue conseguenze, e saranno discusse possibili contromisure allo sviluppo, da parte di ragazze e donne, di un’idea sessualizzata di sé.

 

La sessualizzazione e le sue conseguenze

Ma cosa si intende per sessualizzazione? Si parla di sessualizzazione quando l’attenzione nei confronti di una persona si focalizza unicamente sul suo aspetto fisico: una persona viene sessualizzata quando le si attribuisce disponibilità sessuale o la si ritiene attraente solo in virtù di determinate caratteristiche quali abbigliamento provocante, nudità o pose ammiccanti del corpo (Bigler, Tomasetto, & McKenney, 2019; Fasoli, Durante et al., 2018; Morris & Goldenberg, 2015). Sebbene i due concetti siano correlati, la sessualizzazione non va dunque confusa con l’oggettivazione sessuale, ovvero, la rappresentazione di una persona come semplice oggetto di piacere sessuale (Ward, 2016), che implica che una persona sia “trattata come un corpo (o un insieme di parti del corpo) valutato principalmente per l’uso (o il consumo) da parte di altri” (Fredrickson & Roberts, 1997, p. 174).

Una delle principali fonti di sessualizzazione della donna sono certamente i mass-media. Pubblicità, programmi televisivi, film, ma anche videogiochi, testi e video musicali presentano le donne in modo sessualizzato sia attraverso l’esposizione della nudità femminile e l’utilizzo di vestiario provocante, sia ritraendo le donne come sessualmente disponibili o impegnate in attività associate alla sfera sessuale (Bigler et al., 2019; Grauerholz & King, 1997; Krassas, Blauwkamp, & Wesselink, 2001; Lin, 1997). Anche genitori, insegnanti e pari trasmettono inconsapevolmente rappresentazioni sessualizzate delle donne (e.g. Brown, 2003; Nichter, 2000): infatti, sebbene l’ostentazione delle proprie forme e della nudità vengano solitamente scoraggiati e mal visti in contesti quotidiani quali ad esempio scuola o lavoro (Cabras et al., 2018; Fasoli, Maas et al., 2018), il messaggio che passa è sempre che il corpo di donne e ragazze possiede costantemente ed intrinsecamente una certa sessualità, la quale andrà necessariamente ad agire sull’eccitazione maschile.

Questa idea può a sua volta causare reazioni “alla Fabio Volo”, che possono essere considerate come una delle conseguenze dell’esposizione frequente e continua, soprattutto a livello mediatico, ad una rappresentazione sessualizzata delle donne. E’ stato dimostrato, infatti, come la sessualizzazione sia associata, sia negli uomini che nelle donne, a maggior sostegno per le idee sessiste e atteggiamenti negativi verso le donne  (McKenzie-Mohr & Zanna, 1990; Ward, 2002; Ward & Friedman, 2006; Ward, Hansbrough, & Walker, 2005). Per esempio, è stato evidenziato che guadare frequentemente programmi televisivi sessualizzati alimenta, negli adolescenti, una visione delle donne come oggetti sessuali e un’idea del sesso come attività ludica (Ward & Friedman, 2006). Inoltre, l’esposizione a immagini di donne ritratte in modo sessualizzato (per esempio, in videoclips o videogame) promuove una maggiore accettazione di tutte quelle credenze che “spostano” la responsabilità di molestie e violenza sessuale ai danni delle donne sulle vittime stesse, fenomeno conosciuto come “biasimo della vittima” (Penone & Spaccatini, 2019), piuttosto che su coloro che le hanno messe in atto. Questo tipo di credenze sono meglio conosciute, nella letteratura psicosociale, come “miti dello stupro”, e prevedono ad esempio l’idea che una donna se la sia “cercata” vestendosi in modo sexy (Milburn, Mather, & Conrad, 2000; Stermer & Burkley, 2015).

 

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