La Dialettica della Creatività

La creatività si riferisce in senso lato a un insieme di processi psicologici e comportamenti che consentono agli individui e ai gruppi di produrre contributi nuovi e utili alle vite proprie e a quelle altrui. Nella misura in cui si associa al progresso tecnologico, alla produzione artistica, e allo spettacolo, la creatività è connotata in modo estremamente positivo (Sawyer, 2012). Ma essendo strumentale, la creatività può essere usata per scopi negativi. L’inganno, l’intrigo e il tradimento richiedono intelligenza sociale, e dunque traggono giovamento da una mente creativa (Gino & Wiltermuth, 2014; Mayer & Mussweiler, 2011). Se la consideriamo come una capacità o un processo, dunque indipendentemente dai suoi potenziali risultati, la creatività (così come il denaro o la conoscenza) è priva di una connotazione di valore (Weber, 1917). Le persone sono generalmente interessate alla natura e al processo della creatività, e spesso si chiedono come possono fare per incrementare la creatività loro, o dei loro figli, studenti, dipendenti, etc. In questo articolo prendo in esame i classici lavori sulla creatività e sostengo che ciascuno di questi approcci cattura una parte del fenomeno, ma che, preso da solo, ciascuno di questi approcci è non solo incompleto, ma sbagliato. La creatività, sostengo, emerge da un’interazione dialettica tra forze contrapposte, all’interno della quale ciascuna forza richiede l’esistenza dell’altra. La creatività scomparirebbe se una di queste forze vincesse lo scontro. È lo scontro di forze che genera creatività.

L’articolo è organizzato attraverso una serie di sette dialettiche. Introdurrò ciascuna dialettica facendo riferimento alle fonti classiche rilevanti. Infine concluderò con un sommario integrativo e una nota sulla relazione tra psicologia della creatività e psicologia del giudizio e della presa di decisione

Dialettica 1: il paradosso di Russell

Le teorie duali (dual-process) sono tornate (di nuovo) a dominare la psicologia. Aristotele, i Padri della Chiesa, Freud avevano distinto una semplice mente intuitiva da una mente più alta, e più razionale (Dawes, 1976). Kahneman (2011) e altri autori recenti hanno rinforzato questa visione. Alcuni decenni orsono, lo psicologo umanista Abraham Maslow (1968) presentò un’ipotesi basata su un modello duale riguardo alla creatività, definendo la creatività come capacità caratteristica dell’auto-realizzazione, cioè della più alta tra le motivazioni umane. Eppure, nella sua visione, la creatività richiede una parziale regressione alla spontaneità infantile, giocosità, e indifferenza all’opinione degli altri. La spontaneità caratterizza un processo primario libero, spontaneo, ma che non può essere lasciato completamente privo di freni. Deve esserci anche un processo secondario capace di definire standard e convenzioni, un processo che dà una direzione e pone limiti al processo primario. Cos’è allora la creatività? È la spontaneità del processo primario, o la sua spontaneità all’interno dei vincoli del processo secondario? Dal punto di vista logico non può essere entrambe le cose, a meno di non cadere in un caso del paradosso di Russell. Nella sua critica della classica teoria degli insiemi, Russell (1902) notò che un insieme non può contenere se stesso. Un catalogo di libri non può contenere se stesso nella lista dei libri senza essere auto-contraddittorio. Allo stesso modo la creatività non può riferirsi simultaneamente a un processo primario, intuitivo, e a un’interazione tra un processo primario e un processo secondario che gli fa da controllore. Tuttavia, una visione dialettica della creatività non viene messa in crisi da questo paradosso logico. Anziché temere una confutazione per contraddizione, la prospettiva dialettica suggerisce che il fenomeno di cui ci occupiamo nasca dalla tensione tra forze o idee opposte, ed emerga come una sintesi dall’interazione tra tesi e antitesi.

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