La Dialettica della Creatività

Dialettica 4: Distruzione Creativa

Schumpeter (1942), il noto apologeta del capitalismo ciclico, sosteneva che le crisi economiche, anche le più catastrofiche delle recessioni, sono momenti di distruzione creativa. La distruzione del vecchio è necessaria per la genesi del nuovo, potenzialmente migliore. Rank (1925), influente Neo-Freudiano, elevò la dialettica di distruzione e creazione a “principio generale della vita”. Rank avrebbe avuto inattesi alleati tra gli psicologi della gestalt. Il concetto chiave della teoria della Gestalt è la Prägnanz (in tedesco nel testo, n.d.t.), cioè l’idea che la mente interpreti un insieme di stimoli scegliendo la configurazione che meglio vi si adatta, e rifiutando tutte le possibili alternative. La percezione è creativa nel senso che aggiunge interpretazione e coerenza a stimoli disparati. Dal momento che soltanto un’interpretazione può avere accesso alla coscienza, tutte le altre devono essere distrutte a livello subliminale. Allo stesso modo, l’ideazione e l’azione creative devono testare e scartare tutte le possibilità tranne una. Rank affermava che è vero anche l’inverso, cioè che ogni distruzione implica creazione. Questa è una affermazione grossolana e probabilmente falsa. È più prudente dire che ogni distruzione contiene il seme di una creazione. Se e come una nuova creazione emerge, dipende dall’intero insieme delle dialettiche.

Dialettica 5: l’Omeostasi Disturbata

Un’enfasi a senso unico sul processo primario semplifica eccessivamente la creatività e induce la soddisfazione illusoria di un desiderio. Chi non vorrebbe ottenere qualcosa in cambio di nulla? Sfruttando questa illusione, i guru del self-help potrebbero scrivere libri sui +/- 7 facili modi per diventare più creativi. Una prospettiva dialettica rispetta invece il ruolo critico dell’impegno. Russell (1930) descrisse il modo in cui secondo lui occorre affrontare un compito che richiede un impegno mentale prolungato. Se dopo settimane o mesi di lavoro non si fosse riusciti a produrre una soluzione, occorrerebbe sospendere l’impegno cosciente, lasciando che la mente prosegua il lavoro in maniera sotterranea. Spesso, nella sua esperienza, questo approccio è ripagato dopo qualche tempo, quando la soluzione emerge apparentemente dal nulla. Russell aveva compreso la dialettica tra impegno e resa, anticipando così la psicologia dell’effetto incubazione (Ellwood, Pallier, Snyder, & Gallate, 2009). Questa dialettica è un principio generale della vita al pari di quello di Rank. È facilmente spiegabile con l’analogia del corpo. Un corpo sano richiede l’equilibrio di esercizio e riposo, e lo stesso vale per la mente. Non è l’omeostasi ad essere importante, ma il ritorno all’omeostasi dopo un periodo di stress.

Dialettica 6: Oltre la Mente

Il pensiero lineare e il desiderio di semplicità sono ostacoli sulla strada di chi voglia apprezzare le dialettiche della creatività. I guru e i loro ammiratori possono prendere nota della scoperta che un umore positivo è associato con l’ideazione creativa (ad esempio il pensiero divergente di Guilford) e il problem-solving (ad esempio la progettazione creativa di Duncker). La ricerca supporta tra l’altro un legame causale. Davis (2009) trovò in una meta-analisi della letteratura sul tema che l’induzione di un umore positivo facilita la creatività. Il principale meccanismo implicato non è però la valenza dell’umore in sé. Per quanto possa essere vero che essere felici renda le persone più audaci e più sicure di sé, e quindi creative, un semplice meccanismo associativo sembra sufficiente per spiegare il fenomeno. Per fortuna, la maggior parte delle persone conserva più ricordi positivi che negativi. La valenza dell’umore rende più facilmente accessibili ricordi con la stessa valenza. Questo “priming cognitivo” (Isen, 1999) regola la quantità di materiale disponibile in un contesto creativo. La dialettica consiste nel fatto che gli esseri umani hanno un controllo limitato sul loro stato dell’umore. L’umore è un sistema di segnalazione, plasmato dall’evoluzione, che dice alle persone quanto le cose stiano andando bene o male in un certo momento. Se l’umore divenisse completamente sottoposto al controllo volontario, la sua funzione di segnalazione cesserebbe. Individui dotati di una mente dialettica, però, possono auto-ingannarsi esponendosi a situazioni che li facciano stare bene.

Una dialettica legata a questa è la dialettica del potere. Individui dotati di potere interpersonale sono meno limitati da inibizioni sociali o abitudini. Dunque, sono più creativi di individui con meno potere (Galinsky, Magee, Gruenfeld, Whitson, & Liljenquist, 2008). Eppure, difficilmente hanno un controllo diretto sulla fonte del loro potere. La loro mente deve portarli a percepire di avere potere; ad esempio, possono adottare una postura aperta ed espansiva del loro corpo (Carney, Cuddy, & Yap, 2010), oppure possono brandire utensili forti e potenti come martelli pneumatici, trapani o aspiratori industriali.

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