Eroi e principesse: stereotipi e sessualizzazione nel mondo dei videogiochi
Behm-Morawitz e Mastro (2009) hanno indagato le conseguenze a breve termine che l’interazione di gioco attraverso personaggi femminili stereotipati e sessualizzati può avere sui videogiocatori sia di genere maschile che femminile. I partecipanti allo studio erano assegnati in modo casuale a giocare con un personaggio di gioco femminile sessualizzato o con un personaggio femminile non sessualizzato. I risultati suggeriscono che a essere influenzata è la rappresentazione della donna in termini assoluti: i partecipanti di genere maschile, che avevano giocato con avatar femminili sessualizzati, mostravano, infatti, minor fiducia nelle capacità cognitive del genere femminile e riportavano atteggiamenti meno favorevoli e idee più tradizionaliste e conservatrici sul ruolo della donna nella società. Diversi sono stati anche gli effetti che si sono verificati sulle partecipanti di sesso femminile, le quali hanno riportato prestazioni peggiori nel gioco e una più bassa percezione delle proprie capacità cognitive e fisiche, nonostante i personaggi femminili del videogioco fossero dotati di abilità e caratteristiche eccezionali. Inoltre, dopo aver giocato con avatar sessualizzati, le partecipanti esprimevano atteggiamenti più negativi verso il proprio stesso genere. Questo risultato è in linea con altre ricerche sui media tradizionali (Galdi, 2014; Galdi et al., 2014); sono, infatti, molti i casi in cui donne, sottoposte all’influenza di immagini oggettivanti, stereotipate e sessualizzate, tendono ad assumere il punto di vista dell’osservatore, attribuendo a se stesse la caratteristica di oggetto sessuale. Come suggerito da Aubrey (2006), che ha indagato come e quanto l’esposizione a media oggettivanti e sessualizzanti possa influire sulla percezione del proprio corpo da parte di una donna, questo fenomeno è spiegabile sulla base della teoria dell’oggettivazione (si veda glossario) proposta da Fredrickson e Roberts (1997): i media che veicolano immagini sessualizzate della figura femminile provocano, in chi assiste, l’apprendimento di tali concetti, innescando in molte donne processi di auto-oggettivazione, che si esprimono in vissuti di vergogna per il proprio corpo e di ansia per non essere adeguate al modello proposto.
I moderni videogiochi offrono all’utente finale un ambiente in cui è molto più facile immedesimarsi. Rispetto alla visione di un film ad esempio, durante il quale gli individui sono spettatori passivi, i videogiochi richiedono una partecipazione attiva delle persone. L’interattività del gioco, ovvero il fatto di dover muovere un personaggio e reagire attivamente agli stimoli che il gioco propone, favorisce una maggiore immedesimazione con il personaggio di gioco. L’identificazione individuale con un agente virtuale, ovvero il fenomeno per cui un giocatore è portato a fondere e confondere elementi dei videogiochi con quelli della realtà, diviene un aspetto particolarmente rilevante nel processo di auto-oggettivazione indotto da una rappresentazione virtuale, che merita un ulteriore approfondimento.
L’altro me: Game Transfer Phenomena e Proteus Effect
Ma per quale motivo, interagendo attraverso un avatar sessualizzato, le persone tendono ad auto-oggettivarsi? Qual è il processo psicologico che spiega come i tratti di un personaggio virtuale possano essere interiorizzati da una persona? Il processo del cosiddetto Game Transfer Phenomena (GTP) avviene quando i giocatori vedono, sentono, sperimentano o interpretano il mondo reale basandosi sui contenuti dei videogiochi, ricreando, trasformando e allineando gli elementi tratti dai videogiochi nel “puzzle” della vita reale (Ortiz de Gortari, Aronsson, & Griffiths, 2011). Il GTP è oggetto di indagine di un’area di ricerca recentemente sviluppatasi, che ha lo scopo di esplorare e comprendere come le esperienze virtuali, vissute giocando con un videogioco o in un ambiente virtuale tridimensionale, possano essere trasferite nella vita reale. Vengono indagati gli effetti psicologici, cognitivi e fisiologici innescati da un’eccessiva esposizione ai videogiochi e i meccanismi psicologici coinvolti in questa esperienza. La traslazione delle esperienze virtuali nel mondo reale viene innescata dall’associazione tra stimoli della vita reale ed elementi tratti dai videogiochi; essa causa una conseguente alterazione dei processi mentali, della percezione sensoriale, degli impulsi e dei riflessi, del comportamento automatico e delle azioni dei giocatori, che vengono basate sui contenuti del videogioco. Quando si manifesta, il GTP può coinvolgere uno o più sensi, come, ad esempio, la vista e l’udito: non è raro infatti che i videogiocatori riportino di aver avuto “visioni” accompagnate da musiche tipiche del videogioco al quale stavano giocando (Ortiz De Gortari et al., 2011).
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