Abbastanza equo? Il paradosso della disuguaglianza, la consapevolezza della disuguaglianza e la giustificazione del sistema

Nelle società occidentali, le persone appartenenti a classi sociali basse accettano maggiormente le gerarchie sociali ingiuste credendo che le persone abbiano la possibilità di cambiare la loro posizione attuale (Cojocaru, 2014). La convinzione che i confini tra le classi sociali siano permeabili e che si possa cambiare il proprio status sociale con relativa facilità è nota come la convinzione di "mobilità sociale". Le convinzioni sulla mobilità sociale, ad esempio, portano i componenti delle minoranze a percepirsi come discriminati in misura minore (Zarate, 2009). Gli individui tendono a sovrastimare la mobilità sociale verso l'alto e allo stesso tempo a sottovalutare la mobilità verso il basso. In altre parole, credono che sia più facile guadagnare una posizione sociale e più difficile perderla, di quanto non sia in realtà (Davidai & Gilovich, 2015). Uno studio condotto negli Stati Uniti ha mostrato che le persone che credevano nell'elevata mobilità sociale erano anche più tolleranti nei confronti della disuguaglianza economica. Questo può accadere sia perché le persone considerano la società ‘mobile’ più equa, sia perché credono di avere anche loro maggiori possibilità di scalare i ranghi della società (Shariff et al., 2016).

La necessità di giustificare il sistema aumenta in determinate condizioni. Una di queste è quando il sistema è minacciato (Kay & Friesen, 2011). Ad esempio, da uno studio è emerso che leggere informazioni sul riscaldamento globale porta le persone a diventare più scettiche sul cambiamento climatico, perché quell’informazione contraddice l'idea di un mondo giusto (Feinberg & Willer, 2011). Altre condizioni si verificano quando le persone percepiscono di avere uno scarso controllo personale (Kay & Friesen, 2011) e devono fare affidamento sul sistema per sentire di avere il controllo sulla propria vita (questo è il caso delle persone che vivono in povertà), quando il sistema è (o viene percepito come) inevitabile o, ancora, quando gli individui dipendono fortemente da esso (Kay & Friesen, 2011). Vivere in un paese con elevate disparità economiche, dove le differenze tra le classi inferiori e superiori sono più salienti, più visibili e potenzialmente percepite come ingiuste, può risultare altamente minaccioso, soprattutto perché la società esacerba l'importanza dello status e dei ruoli. Se a questo aggiungiamo quanto sia onnipresente il sistema economico nella vita di tutti i giorni e a come la sua stratificazione modella la vita di tutti e tutte, non sorprende che le persone sentiranno un bisogno maggiore di credere che sia giusto (soprattutto quando sono povere). Pertanto, le persone possono essere spinte a giustificare il sistema ulteriormente, rifiutando così l'idea di cambiarlo attraverso la ridistribuzione della ricchezza.

C'è una ragione per ritenere che la giustificazione del sistema abbia scopi evolutivi: probabilmente tale tendenza ha contribuito alla coesione e all'ordine sociale, favorendo percezioni di legittimità e armonia sociale, che a loro volta hanno portato a maggiori possibilità di sopravvivenza del sistema sociale (rispetto a sistemi meno stabili caratterizzati dal conflitto interno) (Jost et al., 2018). Inoltre, i risultati di ricerche neuroscientifiche ed etologiche suggeriscono l’origine evolutiva della tendenza a giustificare il sistema. L'amigdala, ad esempio, è una struttura cerebrale coinvolta nel rilevamento delle minacce e nell’ispezione di gruppi gerarchici: gli individui con materia grigia più densa nell'amigdala apprendono più facilmente la posizione dei membri di un sistema sociale (Kumaran et al., 2012). Infatti, le persone con un volume maggiore di amigdala, indipendentemente dallo status sociale, possiedono anche livelli più elevati di giustificazione del sistema e hanno meno probabilità di prendere parte alle proteste (Nam et al., 2018) (sebbene non sia possibile stabilire un nesso causale) (Jost et al., 2018).

Da un punto di vista evolutivo, è plausibile pensare che individui altamente sensibili alle minacce e più abituati alle gerarchie sociali avessero maggiori possibilità di sopravvivenza in un sistema sociale (Jost et al., 2018). Per quanto riguarda il regno animale, le specie che vivono in società complesse devono tenere presenti le diverse relazioni tra dominante e subordinato, che portano a un maggiore sviluppo di regioni cerebrali come la corteccia prefrontale (Dunbar, 2009). Questo è particolarmente vero per gli esseri umani, che appartengono a più gerarchie contemporaneamente. In tal senso, la giustificazione del sistema può aiutare a razionalizzare tali posizioni e la relativa sovrapposizione (Sapolski, 2017). Inoltre, sia gli animali sia gli esseri umani mostrano risposte allo stress in situazioni imprevedibili, anche quando queste sono associate a maggiori ricompense (Coates & Herbert, 2008; Levine et al., 1989). Questo suggerisce che anche gli animali preferiscono la certezza - seppur spiacevole - all'incertezza che prevede però possibilità di miglioramento (Jost et al., 2018). Eppure le disparità di classe delle società contemporanee non hanno precedenti nel regno animale: secondo alcuni studiosi, quando si considera l'impatto estremo della disuguaglianza tra individui ricchi e poveri, nessuna società animale si avvicina a quella degli esseri umani (Jost et al., 2018; Sapolski, 2017).

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