Abbastanza equo? Il paradosso della disuguaglianza, la consapevolezza della disuguaglianza e la giustificazione del sistema

Dai dati sopra esposti, sembra che la mancanza di consapevolezza sia il problema; se così fosse un aumento delle informazioni a disposizione delle persone dovrebbe essere la soluzione. A partire da questo assunto, la ricerca si è concentrata principalmente sulla correzione delle percezioni errate sulla disuguaglianza economica con l’obiettivo di spingere le persone a sostenere una migliore ridistribuzione delle risorse (Hauser & Norton, 2017). In uno studio di Hauser e colleghi (2016) condotto negli Stati Uniti, gruppi composti da cinque partecipanti hanno preso parte a un gioco sui beni pubblici. Ai giocatori e alle giocatrici veniva assegnato un reddito che rifletteva ciascun quintile americano, veniva chiesto loro di mettere insieme le risorse a disposizione e veniva data loro l’opportunità di punire e premiare le altre persone in gioco, se credevano che qualcuno avesse contribuito in misura maggiore o minore di quanto avrebbe dovuto. I risultati hanno mostrato che quando i partecipanti erano consapevoli del reddito degli altri giocatori e delle altre giocatrici, premiavano i più poveri e punivano i più ricchi (Hauser et al., 2016). Tali evidenze portano a pensare che avere informazioni (almeno nei contesti e nelle società simili agli Stati Uniti) possa essere la chiave del problema. Tuttavia la situazione non è così semplice; infatti, questa strategia sembra avere successo solo quando alla base di vi è un interesse personale/egoistico. Quando le persone si rendono conto che stanno sopravvalutando la propria posizione, cioè quando realizzano che sono più povere di quanto credevano, sostengono maggiormente la ridistribuzione rispetto a chi la sottovaluta, ossia rispetto a chi si accorge di essere più ricco di quello che pensava, soprattutto se di destra e convinto che la propria posizione nella distribuzione sia dovuta allo sforzo personale (Karadja et al., 2017). Questo risultato è in linea con i dati raccolti da altre ricerche che si sono concentrate sullo studio delle teorie sull'interesse personale: le persone saranno più disposte a tollerare, sostenere o rifiutare la disuguaglianza a seconda di ciò che favorisce la propria posizione (Curtis & Andersen, 2015). Il legame tra interesse personale e sostegno alla ridistribuzione è storicamente radicato e ha a che fare con i conflitti di interesse: gli uomini più forti, ad esempio, sostengono politiche allineate con gli interessi del proprio gruppo, così che mentre la forza fisica aumenta il sostegno alla ridistribuzione negli uomini poveri, vale il contrario per gli uomini ricchi (Petersen et al., 2013).

Tuttavia, ci sono alcuni aspetti degli atteggiamenti verso la disuguaglianza economica che non possono essere spiegati dal solo interesse personale. In effetti, sebbene sia vero che le persone di classe più agiate tendono a essere più tolleranti nei confronti della disuguaglianza e meno favorevoli alla ridistribuzione della ricchezza, le ricerche dimostrano che anche gli individui che rientrano nella cosiddetta classe operaia, cioè che hanno un reddito basso, possono sostenere uno status quo drammaticamente disuguale che non li avvantaggia in alcun modo (Jost, 2017). Certamente, queste persone non sono guidate dall'interesse personale.

Finché è giusto: le molte facce della giustificazione del sistema

Per comprendere il paradosso dell’atteggiamento verso la disuguaglianza economica, dobbiamo prima renderci conto che tale questione non riguarda i singoli individui ma le classi sociali. La posizione sociale che le persone occupano influenza il loro accesso al cibo, all'alloggio, all'istruzione, all'assistenza sanitaria e alle opportunità (Kraus et al., 2009). Quindi, la posizione sociale vincola in modo rilevante la vita delle persone e costituisce gran parte della loro identità. In effetti, il nostro status modella il modo in cui ci sentiamo, pensiamo e agiamo (Piff et al., 2018), e in una situazione caratterizzata da elevata disuguaglianza economica, le disparità tra ogni gradino della scala sociale diventano più aspre, più visibili e quindi più rilevanti (Wilkinson & Pickett, 2017). Per questo motivo, gli individui devono costantemente affrontare confronti sociali, anche quelli estremamente ingiusti. Questo può rivelarsi molto pesante per le persone. In effetti, l'idea che qualcosa di così rilevante per il proprio benessere dipenda da qualcosa di ingiusto o illegittimo genera incertezza e minaccia a livello esistenziale gli individui (Kay et al., 2009; Jost et al., 2008; Jost & Hunyady, 2005). Quindi, al fine di proteggere il proprio sè, le persone tendono a credere che le società e i sistemi da cui dipendono siano giusti e buoni (Jost, 2017). Questo processo è noto come giustificazione del sistema e svolge una funzione palliativa in grado di attenuare gli effetti della dissonanza cognitiva, del senso di colpa, dell'ansia e dell’indignazione morale (Wakslak et al., 2007). Ad esempio, in uno studio svolto in Spagna, i partecipanti ai quali era stato chiesto di leggere un articolo di giornale che legittimava la disuguaglianza economica, hanno riportato come ideale una distribuzione più disuguale delle risorse (Wills et al., 2015). Dunque, quando le persone considerano il sistema legittimo ed equo, sono più portate a credere che non vi sia alcun motivo per cambiarlo. Per questo motivo, le persone che hanno interiorizzato maggiormente le credenze che giustificano il sistema tendono a opporsi a diversi tipi di ridistribuzione, siano essi governativi o non governativi (come, ad esempio, tasse e carità) (Rodriguez-Bailòn et al., 2017), e desiderano una distribuzione economica simile a quella che ritengono reale (Willis et al., 2015).

Autore/i dell'articolo

Newsletter

Keep me updated about new In-Mind articles, blog entries and more.

Facebook