Abbastanza equo? Il paradosso della disuguaglianza, la consapevolezza della disuguaglianza e la giustificazione del sistema

Un elemento che porta le persone a preferire la “disuguaglianza” è il loro senso di equità. Sia nel mondo reale sia negli studi condotti in laboratorio, sono emerse alcune caratteristiche che portano una parte delle persone a pensare che alcuni individui meritino di più mentre altri di meno sulla base, ad esempio, degli sforzi compiuti, della loro moralità o delle loro abilità. Il senso di equità, che ha le sue radici evolutive nella cooperazione, porta dunque le persone a punire o premiare altri individui e a credere che la società dovrebbe riflettere queste caratteristiche individuali (Starmans et al., 2017).

Oltre all’equità e alla cooperazione, il supporto di una gerarchia sociale ha scopi evolutivi che sono rintracciabili nel regno animale. La maggior parte dei mammiferi, infatti, è organizzata in sistemi gerarchici. Presumibilmente, la gerarchia svolge una funzione di regolazione delle tensioni e della competizione per l’ottenimento di risorse attraverso segnali legati allo status, che sostituiscono combattimenti veri e propri (Sapolski, 2017).

Un’ulteriore prova a sostegno dell’origine evolutiva della tendenza a sostenere la gerarchia si rintraccia nell’attraenza e nella forza maschile. In tempi ancestrali, queste due caratteristiche segnalavano e aumentavano lo status, quindi, l’interesse personale portava gli individui a sostenere la gerarchia proprio perché favoriva la propria posizione. In realtà è così: i maschi più muscolosi e/o che si percepiscono più attraenti tendono ad avere un atteggiamento di maggior supporto per la gerarchia e tendono a essere meno egualitari (Price et al., 2011, 2015)

Tuttavia, il livello di disuguaglianza che le persone desiderano potrebbe ancora sembrare un'immagine idilliaca se confrontata con ciò che accade attualmente nei paesi di tutto il mondo. Eppure, nonostante ciò, singoli individui e intere società non sembrano impegnarsi in azioni collettive per raggiungere una maggiore equità, anche se storicamente hanno dimostrato che è possibile farlo. Basti pensare che 60 anni fa, negli Stati Uniti, il rapporto del divario retributivo tra coloro che occupavano posizioni dirigenziali e gli operai e le operaie era di 20 a 1, ossia quasi 20 volte inferiore a quello di oggi (Davis & Michel, 2019). Anche ancestralmente, le società di cacciatori-raccoglitori, cioè quelle società in cui il sistema economico si basava sulla caccia, pesca e raccolta, erano caratterizzate probabilmente da bassi livelli di disparità di ricchezza, poiché quest’ultima non poteva essere accumulata all'interno dei lignaggi (Kohler et al., 2017).

Lontano dagli occhi, lontano dal cuore: la tendenza delle persone a sottostimare la diseguaglianza

Oltre a quanto messo sopra in evidenza, una delle motivazioni che potrebbe spingere le persone a non considerare la diseguaglianza economica come un problema è la sua sottostima. Certamente, in media, le persone sono consapevoli dell'esistenza di un certo livello di disuguaglianza (Norton & Ariely, 2011). Ad esempio, alla domanda sulla percentuale della ricchezza totale posseduta da ciascun quintile della popolazione negli Stati Uniti, le persone americane hanno risposto che il 20% più ricco possiede più del resto della popolazione messo insieme, cioè più della metà della ricchezza totale del paese. Quello di cui però le persone non si rendevano conto è il fatto che la ricchezza posseduta dal quintile più ricco ammonta all'84% (Franks & Scherr, 2019; Norton & Ariely, 2011). Risultati simili sono emersi anche in altre ricerche in cui sono stati coinvolti partecipanti australiani (Norton et al., 2014) e giovani adolescenti (Arsenio & Willems, 2017). Questa inconsapevolezza delle persone non si limita solo alla distribuzione della ricchezza ma riguarda anche la stima del divario retributivo. In uno studio in cui sono state coinvolte persone provenienti da 16 nazioni (ad esempio, Israele, Danimarca e Australia) è stato chiesto ai/alle partecipanti di provare a indovinare quanto guadagnassero un amministratore delegato e un operaio. I risultati hanno messo in evidenza che, in tutti i paesi, la stima del rapporto era inferiore a quella reale. A tal proposito, ancora una volta, vale la pena citare il caso degli Stati Uniti: mentre le persone stimavano un rapporto di circa 30 a 1, ossia per ogni 1.000 dollari guadagnati da un operaio, immaginavano che un amministratore delegato ne guadagnasse 30.000, nella realtà le cose era molto diverse e il rapporto raggiungeva i 354 a 1 (per ogni 1.000 dollari guadagnati da un operaio, un amministratore delegato ne guadagnava 354.000) (Kiatpongsan & Norton, 2014).

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