Dove corre il mondo? Una questione di cultura: Le regole cognitive della percezione di spazio e movimento.
Lo spazio fisico è il contenitore che rende possibili e, allo stesso tempo, vincola tutte le nostre azioni, ma, come disse Hoffmann (1981), “solo i pesci non sanno che è acqua quella in cui nuotano” (pp. 16-17). La dimensione spaziale spesso resta fuori dalla nostra consapevolezza, ma questo non significa che i riferimenti spaziali non siano elaborati dal nostro cervello. La teoria dell’embodiment (Barsalou, 1999), per prima, ha studiato sistematicamente come il contesto fisico influenzi l’elaborazione cognitiva; infatti, il mondo che conosciamo è quello in cui viviamo, dove le forze fisiche e le caratteristiche degli oggetti ci permettono di compiere alcune azioni, per esempio arrampicarci su di un albero, mentre ce ne vietano altre, come spiccare il volo. La mente si rapporta sistematicamente con queste regole spaziali e ne tiene conto nelle sue elaborazioni.
Quando guidiamo per recarci al supermercato il nostro cervello deve considerare la forza di accelerazione o la forza centrifuga, come anche la direzione da prendere, ma a noi sembra una cosa naturale e scontata; la mente, quindi, è intrinsecamente legata al particolare contesto fisico e, se ci trovassimo improvvisamente nello spazio, senza gravità, resteremmo spaesati. Allo stesso modo le relazioni spaziali entrano in gioco in altri campi della cognizione ed influenzano anche le rappresentazioni mentali che abbiamo del mondo e dei concetti astratti (Chatterjee, Maher, & Heilman, 1995; Meier, Hauser, Robinson, Kelland Friesen, & Schjeldahl, 2007; Schubert, 2005). Meier e i suoi collaboratori (2007) hanno mostrato che il concetto di Dio è immaginato in alto nello spazio. Questo risultato non è strano se pensiamo che Dio viene usualmente collocato in cielo, il luogo più alto per eccellenza; se dovessimo scrivere il suo nome su un foglio, quindi, lo porremmo di sicuro nella parte superiore. Lo stesso accade per altri concetti astratti come quello del potere, per cui riconosciamo più velocemente parole o immagini riferiti ai potenti se presentati in alto, mentre il contrario si verifica per parole o immagini riferiti a persone o gruppi di basso potere (Schubert, 2005).
In questo articolo concentreremo l'attenzione su un particolare fenomeno spaziale, lo spatial agency bias. Questo bias si riferisce alle differenze nella dimensione orizzontale dello spazio e, come vedremo, è associato a diverse attribuzioni di agency, la caratteristica dell'essere agente. Inoltre, capiremo come questo fenomeno possa influenzare il nostro giudizio e sia in relazione con gli stereotipi sociali, nel particolare quelli di genere.
Destra o sinistra?
Un’altra dimensione altrettanto importante nella vita di tutti i giorni è quella orizzontale; vediamo persone stringersi la mano, treni che arrivano o partono e guardiamo film di azione, dove il protagonista di turno sfreccia a tutta velocità sulla sua auto. Come interpretiamo queste scene e, sopratutto, esistono differenze tra il lato destro ed il lato sinistro di un’immagine? Inoltre, in che direzione si svolge un movimento? Ovviamente le azioni hanno luogo in ogni direzione, ma immaginate, ad esempio, la scena di un cane che corre; che traiettoria segue nella vostra mente? Gli studi (Chatterjee et al., 1995; Maass, Pagani, & Berta, 2007) ci dicono che, per noi occidentali, il mondo si muove preferibilmente da sinistra verso destra. Alcuni studi (Maass & Russo, 2003; Maass, Suitner, Favaretto, & Cignacchi, 2009) hanno messo in luce, infatti, come la scrittura e la lettura siano responsabili delle nostre preferenze percettive di tipo visivo: per noi occidentali la lingua scritta scorre da sinistra a destra, e perciò prediligiamo questa direzione, mentre per altre culture (ad esempio arabe o israeliane) scorre da destra a sinistra. La scrittura è fondamentale nella società e noi siamo continuamente soggetti a stimoli linguistici: se pensiamo a quante volte leggiamo un libro, scriviamo una e-mail, o vediamo un cartellone pubblicitario ci rendiamo conto di quanto questo aspetto sia pervasivo nella nostra quotidianità. Per noi occidentali le parole scorrono verso destra e questo riferimento spaziale diviene un punto fondamentale, come il fatto che il cielo sta sopra le nostre teste. Tale fenomeno viene identificato come embodiment culturale, cioè un processo percettivo-motorio abituale e ripetuto, dovuto alla cultura di appartenenza, come nel caso della scrittura, che influenza le rappresentazioni mentali di eventi od oggetti.
Nella nostra mente il movimento ideale, quindi, segue lo direzione della lingua scritta. Uno studio (Maass, Pagani, & Berta, 2007) ha mostrato ai partecipanti dei filmati di goal calcistici; a metà gruppo venivano mostrate le azioni in direzione sinistra-destra mentre all’altra metà azioni in direzione destra-sinistra. Sono stati chiesti, successivamente, dei giudizi sui filmati osservati, riguardanti la velocità, la forza e la bellezza dell’azione: i risultati indicavano che i goal in direzione sinistra-destra avevano ottenuto punteggi più alti in tutte e tre le dimensioni, rispetto agli stessi goal visti in direzione opposta, da destra a sinistra. Ma i dati si capovolgevano per i partecipanti arabi. Questi risultati dimostrano che l’influenza della scrittura va oltre il contesto linguistico e riesce a condizionare addirittura l’interpretazione di un’azione.
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