Dove corre il mondo? Una questione di cultura: Le regole cognitive della percezione di spazio e movimento.
Lo spatial agency bias e gli stereotipi sociali
Lo spatial agency bias non indica solamente chi è l’agente della scena in un determinato momento, ma può essere anche associato all’agency intesa come tratto caratteristico di un individuo o di un gruppo sociale; in questa prospettiva è possibile categorizzare gli stimoli in base alla loro maggiore o minore capacità di azione sul contesto. Tipicamente, i gruppi sociali di genere (maschile e femminile) sono quelli che si differenziano maggiormente in base a questa caratteristica (Abele, 2003): i maschi vengono, infatti, immaginati come il gruppo agentic, mentre le femmine sembrano essere associate alla communion, intesa come la capacità di accogliere gli altri e di vivere in armonia col gruppo.
Molte testimonianze di questa disparità di genere si possono ritrovare, ad esempio, in campo artistico, dove lo spatial agency bias è stato ampiamente studiato. Per primi McManus e Humphrey (1973) misero in evidenza il fenomeno, analizzando più di 1400 dipinti alla Galleria Nazionale dei Ritratti di Londra; essi scoprirono che, incompatibilmente con un effetto casuale, oltre il 60% dei soggetti ritratti, visti dalla prospettiva dell'osservatore, mostrava il lato sinistro del volto. Questi risultati sono in linea col modello dello spatial agency bias, assumendo che il pittore veda il suo soggetto come passivo, dato che quest’ultimo non si muove e si lascia solamente ritrarre; pertanto, l’orientamento più comune del volto è quello che corrisponde alla posizione del ricevente, con l’esposizione della guancia sinistra. Tuttavia diversi studi (Grüsser, Selke, & Zynda, 1988; Humphrey & McManus, 1973; McManus & Humphrey, 1973) hanno evidenziato che la tendenza è particolarmente accentuata quando il soggetto ritratto è una donna (68% delle donne con lato sinistro esposto contro il 56% degli uomini; vedi McManus & Humphrey, 1973). Questo fenomeno è probabilmente legato allo stereotipo che vede la donna come una figura più passiva, rispetto al maschio, il quale domina nella vita familiare e sociale; ovviamente questa prospettiva era più accentuata nel passato dove alla figura femminile venivano riconosciuti solo i ruoli di moglie e madre e gli uomini rivestivano quasi tutte le cariche pubbliche. Gli studi (Grüsser et al., 1988; Suitner & Maass, 2007) osservano, infatti, un progressivo livellamento del bias per i due gruppi, testimoniando un lento processo di parificazione sociale tra i sessi.
Vista in quest’ottica, quindi, la posizione spaziale delle figure diventa una testimonianza delle credenze di chi le ritrae; partendo da questo assunto, una ricerca si è proposta di capire se le artiste donne avessero visioni differenti rispetto alla loro controparte maschile (Suitner & Maass, 2007). I risultati, infatti, dimostrano che le pittrici dipingono più frequentemente tutti i soggetti in posizione agentic (con la guancia destra esposta), ma, soprattutto, che dipingono maggiormente i soggetti femminili in questa posizione, rispetto ai pittori uomini. Un’altra ricerca (Maass, Suitner, Favaretto, & Cignacchi, 2009) ha, inoltre, indagato la relazione tra le credenze di agency attribuite ai soggetti maschili e femminili e il relativo posizionamento nello spazio. In un primo studio sono state analizzate rappresentazioni di tre coppie (uomo e donna) protagoniste di popolari programmi tv: gli Addams, i Flinstones e i Simpsons. Esse sono molto diverse fra loro in base al grado di stereotipo maschile e femminile che rappresentano; partendo dagli Addams, una coppia altamente stereotipata con l’uomo forte e virile e la donna esile e provocante, si arriva ai Simpsons, dove la moglie è colei che manda avanti la famiglia mentre il marito è un maldestro, passando per i Flinstones, che si collocano a metà strada. I risultati hanno dimostrato che il bias, con la donna raffigurata a destra, è presente solo per la coppia stereotipata degli Addams. Nella seconda parte dello studio, è stato chiesto a dei partecipanti di posizionare, in degli ipotetici scenari, delle squadre maschili e femminili, che si confrontavano in sfide sportive (pallavolo) o intellettuali (scacchi). Sono state, inoltre, indagate le percezioni dei partecipanti riguardo ai gruppi maschile e femminile; i risultati, anche in questo caso, mostravano che solo chi riteneva che le donne fossero il gruppo meno agentic le posizionava a destra.
Conclusioni
Abbiamo visto che la nostra esplorazione dello spazio non procede in maniera libera e casuale, ma viene influenzata da specifici schemi, guidati dalle nostre abitudini di lettura e scrittura. Perciò le nostre preferenze percettive ci fanno apparire più naturali e veloci i movimenti che vanno da sinistra a destra nel nostro campo visivo: questo fenomeno può avere numerose influenze sulla percezione degli oggetti che ci circondano e, ad esempio, a parità di prestazioni, potremmo preferire la pubblicità di un’automobile che sfreccia verso destra, perché ci appare più scattante.
Un’altra scoperta altrettanto importante è la diversa attribuzione di agency a soggetti che si trovano, rispettivamente, a destra e a sinistra nel nostro campo visivo. Anche questo aspetto ha dei risvolti pragmatici di primo piano se pensiamo a tutti quei contesti in cui apparire attivi e capaci risulta una caratteristica vincente: possiamo pensare al linguaggio non verbale che deve mantenere un manager nelle sue dichiarazioni pubbliche o alla comunicazione dei leader politici negli incontri diplomatici.
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