Tutta la verità sul panico
Non c’è film apocalittico hollywodiano che si rispetti senza la scena dove i componenti dell’equipaggio fuggono in preda al panico, e a causa della propria reazione esagerata e della mancanza di razionalità finiscono per causare la propria rovina. Di certo il panico non si trova solo nei film e nei romanzi. Il panico domina i reportage dei media nel descrivere i comportamenti delle persone durante le calamità . L’epidemia di coronavirus in corso non fa eccezione, basti pensare al “panico dell’acquisto”. Come ben descritto da un post diventato virale su Twitter, a commento di un video di gente intenta a saccheggiare il reparto carta igienica di un supermercato: “abbiamo perso la ragione”.
In ambiente scientifico, il ‘panico’ – e nello specifico la nozione che il perseguire in maniera cieca e competitiva i propri interessi individuali trasformi disastri in tragedie – è molto studiato. Intanto va detto che le persone perdono la vita più spesso per aver sottovalutato un pericolo, o non aver colto le avvisaglie in tempo, piuttosto che per averlo sopravvalutato. Inoltre, accade che le persone perdano la vita maggiormente in caso di errori “pratici” (come aver bloccato o addirittura chiuso a chiave le vie d’uscita) piuttosto che errori psicologici . D’altra parte, un’analisi attenta di come le persone si comportano durante un disastro delinea un quadro molto diverso da quello a cui siamo abituate e abituati. Se alcuni agiscono in maniera egoista, molti altri si comportano in maniera ordinata, misurata, e strutturata da norme sociali. Si aiutano a vicenda, si aspettano l’un l’altro, e aiutano non solo familiari e amici, ma anche sconosciuti . Addirittura, ci sono casi in cui persone sono morte non per eccesso di egoismo, ma per essere state rallentate mentre aiutavano altri .
Di fatto, il concetto di ‘panico’ è stato accantonato da chi studia i disastri, dato che non descrive accuratamente il comportamento delle persone in quelle situazioni. Generalmente le persone non agiscono in maniera irrazionale o egoista nei momenti di crisi. Al contrario, studi recenti mostrano che l’esperienza di una minaccia o pericolo comune porta le persone a sviluppare un senso di identità condivisa, e quando questo si verifica, porta ad aumentare la cooperazione e il supporto per gli altri. Questo significa che le persone sono tutt’altro che irrazionali, e per niente artefici della propria rovina: al contrario, la tendenza ad aiutarsi a vicenda in situazioni di emergenza è la miglior risorsa disponibile per la società. I segni di questa tendenza ad aiutarsi a vicenda si stanno già manifestando nell’attuale crisi in Italia.
Tuttavia, queste tendenze sono fragili e certamente non automatiche. L’identità condivisa può verificarsi in misura maggiore o minore, e – come dimostrato sia in studi nella vita reale che in realtà virtuale – ciò determina il maggiore o minor supporto e coordinazione nell’affrontare un’emergenza . D’altra parte, l’emergere dell’identità condivisa durante una crisi (e della conseguente risposta più efficace) può essere incoraggiata rivolgendosi alla popolazione in termini collettivi, ed incoraggiando tutti ad agire per il bene comune. Al contrario, l’identità condivisa può essere danneggiata creando divisioni, e incitando alla competizione. Questo è esattamente ciò che accade con ‘il panico dell’acquisto’. In un contesto in cui viene chiesto alle persone di prepararsi per un potenziale auto-isolamento della durata lunga e indefinita, storie di altri componenti della comunità fuori controllo, che fanno scorte eccessive esaurendo risorse preziose serve a creare un senso di ‘ognuno per sé’.
Inoltre, rende ragionevole l’uscire e comprare quelle risorse anche per sé, e rafforzano questo clima le immagini degli scaffali vuoti perché concretizzano il rischio percepito nel posticipare l’acquisto. D’altra parte, se si è convinti che il vicino stia irrazionalmente comprando tutta la carta igienica del supermercato, non è ‘panico’ affrettarsi a comprare carta igienica per sé, prima che finisca. È un comportamento più che ragionevole, basandosi sulle informazioni a disposizione. Anzi, sarebbe sciocco il contrario.
Il punto più generale è che usare la nozione di ‘panico’ – e più specificamente di ‘panico da acquisto’ – non solo non è scientificamente valido. È dannoso e controproducente. Storie che adottano il linguaggio del ‘panico’ portano a creare e alimentare proprio quel fenomeno che intendono criticare. Questo linguaggio crea egoismo e competizione, che a loro volta trasformano comportamenti razionali in accumulo ingiustificato di scorte inutili .
In conclusione, il comportamento che osserviamo nei supermercati non è panico da acquisto, e non dovrebbe essere descritto come tale. Perfino dire alla gente di non farsi prendere dal panico è controproducente – perché suggerisce che ci siano motivi per farsi prendere dal panico, e che alcune persone siano già nel panico, e che di conseguenza non possiamo fare affidamento gli uni sugli altri. La ragione per cui tutto ciò è molto pericoloso è che il modo migliore di affrontare e superare questa crisi è agire tutti insieme, come una comunità. Dal punto di vista pratico, questo significa the dobbiamo fidarci gli uni degli altri. Dobbiamo proseguire la nostra vita normalmente. E soprattutto, il nostro messaggio ai media, ai politici e agli opinionisti esperti è: non parlate di panico!
Questo articolo è stato tradotto dalla versione originale pubblicata qui http://thepsychologist.bps.org.uk from the British Psychological Society
Traduzione di Eliana Vassena
Revisione di Maria Giuseppina Pacilli
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