Prendersi cura della salute cerebrale: consigli pratici e considerazioni conclusive
Terminato il mese di settembre, dedicato sia all’invecchiamento in salute che alla consapevolezza sulla malattia di Alzheimer, ottobre inizia con la giornata internazionale della persona anziana, ricorrenza istituita dalle Nazioni Unite nel 1990. Vogliamo dunque cogliere l’occasione per parlare ancora una volta di invecchiamento in salute, riassumendo i precedenti articoli e facendo qualche considerazione conclusiva.
Come è stato già spiegato dalle Dott.sse Iannizzi, Devita, Fenn e Montani, prendersi cura del proprio stile di vita è uno degli strumenti più efficaci che al momento possediamo per poter ritardare, se non prevenire, gli effetti negativi dell’invecchiamento sulla salute cerebrale.
Quindi, in concreto, cos’è che le evidenze scientifiche ci suggeriscono di fare?
1) Essere attivi cognitivamente. Ovvero non stancarsi mai di imparare qualcosa di nuovo, che sia un hobby, una lingua, o una ricetta. Ma anche leggere un nuovo libro o una rivista, guardare un nuovo film, ascoltare musica nuova. Novità è infatti la parola chiave da ricordare. Cimentarsi in attività diverse dal solito, infatti, ci aiuta a metterci alla prova, ad imparare e a creare quindi la cosiddetta riserva cognitiva. Siate curiosi e non fatevi spaventare dalle novità che ci circondano.
2) Essere attivi fisicamente. Come spiegato in precedenza, l’attività fisica non solo aiuta il nostro corpo a stare meglio, ma ha effetti diretti anche a livello cerebrale e quindi cognitivo e psicologico.
Praticare almeno 150 minuti alla settimana di attività fisica non è poi così difficile, se ci pensiamo bene. Se siamo tendenzialmente sedentari, potremmo ad esempio iniziare con un’ora di camminata a passo svelto, per un paio di volte alla settimana. A questo tipo di esercizio possiamo poi aggiungere una sessione settimanale di un’attività diversa, come lo yoga ad esempio. Oggigiorno abbiamo davvero l’imbarazzo della scelta in termini di attività offerte, ma anche di modalità per svolgerle. Dai classici corsi individuali e di gruppo proposti in palestra, alle opportunità di allenamento da casa tramite i programmi online. Ce n’è davvero per tutti i gusti e per tutte le esigenze.
3) Prestare attenzione alla propria alimentazione. Noi italiani siamo fortunati, perché viviamo in un paese in cui abbiamo a disposizione tutto ciò che ci serve per seguire un’alimentazione “amica” del nostro cervello. Attualmente, infatti, in pressoché qualsiasi negozio di alimentari troviamo senza troppa difficoltà molteplici varietà di cereali, di legumi, di verdura e di frutta fresca, cosi come di pesce, e di frutta secca. Siamo dunque curiosi anche a tavola. Proviamo ad acquistare e a cucinare qualcosa di nuovo ogni settimana. Un nuovo tipo di cereale, magari integrale, o un tipo di frutta secca mai assaggiato prima d’ora. Anche in questo caso il consiglio è di non aver paura delle novità e di sperimentare alimenti e ricette nuove. Continuiamo ad usare l’olio extravergine di oliva come condimento preferito nelle nostre tavole, prediligiamo i legumi, il pesce e le carni bianche come fonti proteiche, e magari riserviamo i piatti un po’ più “impegnativi”, come quelli a base di carni rosse e formaggi, per le occasioni speciali, come le cene con gli amici del sabato sera o i pranzi in famiglia della domenica.
Si, perché lo stare in compagnia è un aspetto cruciale in ognuna delle tre attività appena elencate.
In uno studio recente, condotto su ben 12 mila partecipanti, è stato infatti riscontrato come l’isolamento sociale e, soprattutto, il sentimento soggettivo di solitudine siano dei fattori di rischio sia per lo sviluppo di demenza [1], che per lo sviluppo di depressione e disturbi d’ansia, che a loro volta rappresentano altrettanti fattori di rischio da tenere in considerazione [2-3]. In un momento storico come quello attuale questo suggerimento può essere più difficile che mai da attuare. Ma la tecnologia ci viene incontro. Se non possiamo incontrare fisicamente i nostri cari o i nostri amici, organizziamoci con video-chiamate e telefonate. Non è sicuramente come incontrarsi di persona, ma è un valido modo per combattere isolamento e solitudine.
Infine, un consiglio riguardo un’ultima ma importantissima attività, che di norma noi tutti svolgiamo quotidianamente per più o meno tempo, ovvero dormire. Le evidenze al riguardo sono ancora preliminari e nuovi studi sono sicuramente necessari, ma ciò che sembra emergere dalle recenti revisioni e meta-analisi della letteratura esistente è che vi sia una relazione, probabilmente bi-direzionale, tra qualità e quantità di sonno e insorgenza di deterioramento cognitivo [4]. Prestiamo quindi attenzione a come e a quanto riposiamo, perché ne gioverà non solo il nostro fisico ma anche la nostra mente.
Concludo evidenziando un aspetto importante di questa serie di articoli, ovvero il fatto che essi non siano indirizzati solo a coloro che hanno superato già “una certa età”.
Questi consigli sono infatti validi per le persone di tutte le età, giovanissimi inclusi.
Se infatti è vero che non è mai troppo tardi per iniziare a prendersi cura della propria salute fisica e cerebrale, è vero anche che non è neanche mai troppo presto. E ad affermarlo è l’Associazione Internazionale Alzheimer, in occasione della sua ultima conferenza:
https://www.alz.org/aaic/releases_2020/early-life-risk-factors-dementia.asp
Abbiamo a cuore la salute del nostro cervello, a tutte le età!
Bibliografia
[1] Sundström, A., Adolfsson, A. N., Nordin, M., & Adolfsson, R. (2020). Loneliness increases the risk of all-cause dementia and Alzheimer’s disease. The Journals of Gerontology: Series B, 75(5), 919-926.
[2] Kuring, J. K., Mathias, J. L., & Ward, L. (2020). Risk of Dementia in persons who have previously experienced clinically-significant Depression, Anxiety, or PTSD: A Systematic Review and Meta-Analysis. Journal of Affective Disorders.
[3] Gulpers, B. J., Voshaar, R. C. O., van Boxtel, M. P., Verhey, F. R., & Köhler, S. (2019). Anxiety as a risk factor for cognitive decline: a 12-year follow-up cohort study. The American Journal of Geriatric Psychiatry, 27(1), 42-52.
[4]Vaou, O. E., Lin, S. H., Branson, C., & Auerbach, S. (2018). Sleep and dementia. Current Sleep Medicine Reports, 4(2), 134-142.
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