La triangolazione: quando le relazioni diventano tossiche

In psicologia, il termine triangolazione identifica una specifica dinamica relazionale nella quale la comunicazione e le interazioni tra due individui non avvengono direttamente, ma sono mediate da una terza persona. Il concetto di triangolazione si è sviluppato principalmente nell’ambito della terapia familiare (Bowen, 1985) per identificare una modalità di gestione della tensione e dei conflitti all’interno di un rapporto significativo. Secondo Bowen, i rapporti diadici (es. tra marito e moglie, tra fratelli, o tra genitore e figlio) sono intrinsecamente instabili durante situazioni di stress. Quando tali situazioni si verificano, si ricorre quindi ad una terza persona che viene messa in causa per diminuire o gestire lo stress. Anche se la triangolazione non è di per sé negativa, un utilizzo abituale di questa strategia può diventare un vero e proprio elemento di tossicità psicologica all’interno di un rapporto affettivo. Ad esempio, uno dei due partner potrebbe rivolgersi alla madre ogniqualvolta emerge un problema all’interno della coppia, telefonandole e lamentandosi con lei. Il conflitto tra i due partner non viene quindi risolto all’interno della coppia, ma viene “deviato” verso una terza persona. In questi casi, il partner escluso si trova ad occupare una posizione di debolezza all’interno di un triangolo relazionale, dove agli altri due estremi si trovano la madre del partner e il partner stesso, i quali, coalizzandosi, occupano una posizione di superiorità. Questo tipo di dinamica relazionale sarà vissuta in maniera negativa dall’elemento debole della configurazione triangolare, il quale si sentirà escluso dalla relazione e proverà stress e sentimenti negativi.

All’interno di sistemi familiari particolarmente disfunzionali, la triangolazione può anche coinvolgere i figli, i quali vengono chiamati in causa da uno o da entrambi i genitori per gestire o diminuire lo stress emotivo legato al loro conflitto interpersonale. In questo modo, si vengono a formare diverse tipologie di configurazioni triangolari accomunate dalla impossibilità di risolvere il conflitto interpersonale in maniera sana e funzionale. Ad esempio, durante una separazione uno dei genitori può cercare un’alleanza con il figlio nei confronti dell’altro genitore, il quale quindi si troverà in una situazione molto stressante, in quanto impegnato in un confronto-scontro con l’altro genitore, alterando quindi le dinamiche relazionali generazionali. Al di là dell’intensità del conflitto e del livello di disfunzionalità della configurazione triangolare, la triangolazione è spesso una modalità di relazione che non solo non elimina l’essenza del problema all’interno della coppia, che anzi viene congelato o addirittura esasperato, ma può avere un impatto molto negativo sul benessere psicologico e sullo sviluppo emotivo del figlio, causando stress, ansia, sintomi depressivi e altri problemi di salute mentale (Wang & Crane, 2001).

La triangolazione non si limita al contesto familiare, ma può presentarsi in qualsiasi contesto in cui la relazione tra due o più individui è significativa dal punto di vista affettivo (es. tra amici o fratelli) o lavorativo (es. tra colleghi). Nella letteratura psicodinamica, la triangolazione come modalità relazionale abituale viene associata a tratti di personalità disfunzionali, come ad esempio il disturbo narcisistico o il disturbo borderline di personalità (es. Melges & Swartz, 1989). In questi casi, l’inserimento di una terza persona in una relazione diadica significativa può avere una funzione di controllo della relazione stessa. Ad esempio, durante una discussione, uno dei due partner potrebbe chiamare in causa uno o più parenti o amici al fine di rafforzare la propria posizione nei confronti del partner. Frasi del tipo “Lo ha sempre detto mio padre che sei un buono a nulla!” hanno lo scopo, sia esso conscio o inconscio, di rafforzare la propria posizione nei confronti del partner, disorientandolo e riducendolo ad una posizione di inferiorità psicologica.

Come già accennato, è importante sottolineare che la triangolazione non è una dinamica necessariamente malsana o disfunzionale. Ad esempio, secondo Bowen, alcune triangolazioni sono normali e persino funzionali durante lo sviluppo psicologico nel corso delle interazioni familiari. Proprio perché le relazioni diadiche sono intrinsecamente instabili, il coinvolgimento di una terza parte può aiutare due persone nel superare momenti di alta conflittualità o di stress emotivo. Ad esempio, un genitore può intervenire per regolare un conflitto tra due bambini che litigano per lo stesso giocattolo. In questo caso, la triangolazione si può configurare in maniera funzionale in quanto entrambe le persone nella diade cercano una mediazione sana ed efficace. La triangolazione diventa dunque disfunzionale quando causa eccessivo stress alla terza parte della configurazione triangolare, quando impedisce la risoluzione del conflitto della diade anziché contribuire a risolverlo, e/o quando viene utilizzata deliberatamente per garantirsi un maggior controllo della relazione.

 

Riferimenti bibliografici

Bowen, M. (1985). Family therapy in clinical practice. Jason Aronson.

Melges, F. T., & Swartz, M. S. (1989). Oscillations of attachment in borderline personality disorder. The American journal of psychiatry146(9), 1115.

Wang, L., & Crane, D. R. (2001). The relationship between marital satisfaction, marital stability, nuclear family triangulation, and childhood depression. American Journal of Family Therapy29(4), 337-347.