La percezione della violenza nelle relazioni intime: lo sguardo della psicologia sociale

La violenza fisica, psicologica, sessuale, economica perpetrata da un partner o un ex partner (Intimate Partner Violence-IPV) è talmente diffusa e ha delle conseguenze così significative sulle vittime da essere stata definita durante la Quarantanovesima Assemblea Mondiale sulla Salute come “un problema fondamentale di salute pubblica a livello mondiale” (Risoluzione WHA49.25). Sebbene, per definizione, l’IPV si riferisca alla violenza all’interno di una coppia, a prescindere dal genere della vittima e dell’aggressore e dal loro orientamento sessuale, essa riguarda in larga misura la violenza agita da un uomo su una donna. L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima infatti che circa una donna su tre faccia esperienza di IPV nel corso della propria vita.
 
La prevalenza di questo fenomeno in tutto il mondo, unita alle conseguenze sulla salute fisica, psicologica e sessuale delle vittime, ha spinto la psicologia sociale a interrogarsi sul modo in cui le persone si rappresentano la violenza, sulle distorsioni cognitive in cui possono incappare quando interpretano l’accaduto, sulle reazioni nei confronti dell’aggressore e della vittima e sulle intenzioni di aiutare quest’ultima [1]. In modo particolare, la disciplina ha provato a comprendere, anche con la ricerca sperimentale, quali fattori individuali, contestuali, culturali spingono le persone a ritenere che una vittima di violenza meriti il proprio aiuto e quali, al contrario, inibiscono qualsiasi forma di supporto nei suoi confronti. Cosa spinge, allora, una persona a intervenire o meno in un caso di IPV?
 
Cosa fa sì che quella persona decida di agire in favore della vittima o decida piuttosto di voltarsi dall’altra parte? Dal notare una possibile situazione di emergenza fino al decidere di intervenire il passo non è affatto breve e si possono frapporre numerosi ostacoli [2]. Le persone, ad esempio, potrebbero non interpretare quella situazione come un’emergenza, potrebbero pensare che la responsabilità dell’intervento non spetti a loro, potrebbero non sentirsi in grado di intervenire, e così via. Quali variabili possono distorcere la percezione dell’episodio di IPV agli occhi di chi assiste? È cruciale fare riferimento ai cosiddetti fattori extra-legali, ossia fattori che non dovrebbero entrare nella valutazione legale dell’episodio di violenza ma che interferiscono distorcendo la valutazione dell’episodio stesso [3]. Ad esempio, fattori di matrice culturale, come le credenze legate all’onore (maschile) o al sessismo, legittimano gli episodi di violenza in quanto mezzo per restaurare un onore potenzialmente minacciato. O ancora il comportamento della vittima: l’ammissione di un tradimento da parte di una vittima, l’assunzione di alcool, il suo abbigliamento sexy, tendono a ridurre le intenzioni di aiutarla. La sua presunta scarsa moralità porta ad addossare a lei la responsabilità dell’accaduto [4]. Si biasima quindi la vittima e la si ritiene responsabile per quanto accaduto.
 
Non va trascurato, inoltre, che le conseguenze di un intervento (o di un non intervento) a favore di una vittima influenzano fortemente il comportamento che chi assiste alla violenza assumerà in futuro [5]. Ad esempio, se una persona decide di chiamare i carabinieri per denunciare un episodio di violenza che è in corso nell’appartamento accanto al suo, il comportamento seguente delle forze dell’ordine può segnare quello che avverrà in futuro. In caso di allontanamento dell’aggressore potrebbe aumentare la sensazione di efficacia di chi ha denunciato dando così sostegno alla possibilità di ripetere il comportamento in futuro; al contrario, un mancato intervento delle forze dell’ordine potrebbe essere letto come l’impossibilità di cambiare le cose e dunque finire per scoraggiare dall’intervenire in futuro. 
 
Come può contribuire la psicologia sociale a cambiare le cose? Partire dalla consapevolezza che è importante rivolgere attenzione alle persone che non sono direttamente coinvolte nella violenza è il primo passo poiché queste persone possono rappresentare a tutti gli effetti una fonte di prevenzione della violenza. Diventa importante, pertanto, divulgare questa conoscenza in molteplici contesti sociali, scolastico, accademico, organizzativo, politico, fornendo una base scientifica ai programmi di prevenzione, intervento e recupero relativi all’IPV e promuovendo un cambiamento culturale e ideologico che possa informare il policy making di un Paese evoluto.
 

Bibliografia

[1] Pagliaro, S., Pacilli, M. G., & Baldry, A. C. (2020). Bystanders’ reactions to intimate partner violence: An experimental approach. European Review of Social Psychology, 31(1), 149-182.
 
[2] Latané, B., & Darley, J. M. (1970). The unresponsive bystander: Why doesn't he help? New York: Appleton Century Crofts.
 
[3] Baldry, A. C. & Winkel, F. W. (1998). Perception of the credibility and evidential value of victim an suspect statements in interviews. In J. Boros, I. Munnich & M. Szegedi (Eds.), Psychology and Criminal justice (pp. 74-81). Berlin: de Gruyter.
 
[4] Penone, G., & Spaccatini, F. (2019). Attribution of blame to gender violence victims: A literature review of antecedents, consequences and measures of victim blame. Psicologia sociale, 14(2), 133-164.
 
[5] Banyard, V. L. (2015). Toward the next generation of bystander prevention of sexual and relationship violence: Action coils to engage communities. New York, NY: Springer Briefs in Criminology.