Il gaydar uditivo: stereotipi e stigma basati sulla voce

 

Vi siete mai chiesti se avete una voce ‘gay’? Se sì, come vi sentite a riguardo? La maggior parte di noi ha probabilmente un’idea di quali caratteristiche abbia una ‘voce gay’. Verosimilmente ci viene in mente una voce femminine, dal tono di voce alto, e con la cosiddetta ‘zeppola’ se pensiamo ad un uomo gay. Se pensiamo ad una ‘voce lesbica’ penseremo invece ad una voce maschile, tenebrosa e dal tono basso. Tutti questi sono stereotipi condivisi dalla nostra società che fanno si che se un uomo o una donna la cui voce ha queste caratteristiche siano percepiti come gay o lesbiche. 

 

Questo processo di categorizzazione di una persona come gay, lesbica o eterosessuale a seconda del suono della voce è comunemente chiamato gaydar uditivo. Una sorta di radar che permetterebbe alle persone di riconoscere l’orientamento sessuale dalla voce del parlante. Cosa sappiamo di questo gaydar? Varie ricerche hanno mostrato che non siamo molto accurati nei nostri giudizi e quindi non riusciamo a riconoscere con certezza quale sia l’orientamento sessuale di chi parla (Fasoli, Maass, & Sulpizio, 2016). Ciononostante, se una voce ha delle caratteristiche stereotipiche come quelle descritte prima, allora chi parla ha maggiori probabilità di essere percepito/a come gay/lesbica indipendentemente da quale sia il suo reale orientamento sessuale.

 

Perché è importante studiare il gaydar uditivo? La risposta è semplice. Percepire una persona come gay o lesbica semplicemente dal suono della sua voce ha delle conseguenze sulle interazioni sociali e su fenomeni di discriminazione (Fasoli & Maass, 2018). 

 

In un famoso documentario intitolato ‘Do I sound gay’, il regista e protagonista David Thorpe cerca di capire perché la sua voce suona ‘gay’ e quali siano le conseguenze. Per esempio, David vuole comprendere perché la sua voce lo mette a disagio. Dopo aver riflettuto sulla sua esperienza, e dopo aver intervistato persone omosessuali che sono state bullizzate o derise a causa della loro voce stereotipica ‘gay’, giunge alla conclusione che esiste un forte stigma legato alla voce quando questa veicola informazioni relative all’orientamento sessuale. In effetti, alcuni studi recenti hanno mostrato che persone con una voce che suona ‘gay’ o ‘lesbica’ sono spesso discriminati in contesto lavorativo, ossia hanno meno probabilità di essere assunti per posizioni manageriali che sono percepite come tipicamente maschili. Allo stesso tempo, gli uomini eterosessuali erano meno interessati ad interagire con un uomo con voce ‘gay’ (Fasoli, Maass, Paladino, & Sulpizio, 2017). Questi risultati sono particolarmente importanti alla luce del cosiddetto ‘pregiudizio moderno’. Nelle nostre società discriminare una persona per il suo orientamento sessuale è considerato sbagliato, e in alcuni paesi anche condannato a livello legale. Ciononostante, il pregiudizio continua ad esistere e si manifesta in modo meno esplicito. Per esempio, non assumere una persona perché percepita come ‘gay’ dalla voce può sembrare un comportamento accettabile e non necessariamente imputabile ad una discriminazione sessuale. La differenza sta nel fatto che la discriminazione avviene sulla base di una percezione piuttosto che su un dato di fatto, ossia l’aver dichiarato di essere gay. Anche a livello legale diventa difficile dimostrare che tale discriminazione ha a che fare con l’orientamento sessuale (Castle, 2012). 

 

Cosa possiamo fare? Giugno è il mese del Pride e vogliamo celebrare le diversità. Come suggerisce David Thorpe nel suo documentario, è necessario accettare qualsiasi voce come espressione della propria identità sessuale. Ognuno di noi è diverso ed esprime sé stesso in vari modi. Se alla domanda iniziale hai risposto che pensi di avere una ‘voce gay’ e questo ti mette a disagio, prova ad accettare la tua voce come parte della tua identità. Allo stesso tempo, ci rimane del lavoro da fare affinché le persone non stigmatizzino gli altri solo perché hanno una voce ‘gay’. Iniziamo a pensare su quali basi percepiamo altre persone come gay o lesbiche e cerchiamo di cambiare i nostri comportamenti al fine di creare una società più inclusiva. 

 

Bibliografia

Castle, R. (2012). The gay accent, gender, and title VII employment discrimination. Seattle University Law Review, 36, 1943–1966. 

Fasoli, F., & Maass, A. (2018). Voice and prejudice: The social costs of auditory gaydar. Atlantic Journal of Communication, 26, 98–110. doi:10.1080/15456870.2018.1432617 

Fasoli, F., Maass, A., Paladino, M. P., & Sulpizio, S. (2017). Gay-and lesbian-sounding auditory cues elicit stereotyping and discrimination. Archives of Sexual Behavior, 46, 1261–1277. doi:10.1007/s10508-017-0962-0 

Fasoli, F., Maass, A., & Sulpizio, S. (2016). Communication of the “invisible”: Disclosing and inferring sexual orientation through visual and vocal cues. In H. Giles & A. Maass (Eds.), Advances in intergroup communication (pp. 193–208). Peter Lang.