La relazione tra mindfulness in scenari naturali virtuali e awe: principali evidenze in letteratura e nuove prospettive di ricerca

La mindfulness in ambienti virtuali naturali e l’awe: quale relazione?

La meditazione mindfulness trae le sue origini dalla tradizione buddhista e si concretizza in una pratica che permette all’individuo di portare l’attenzione sul momento presente, in un processo di consapevolezza scevro dal giudizio rispetto alle proprie azioni e pensieri (Kabat-Zinn, 2015). Tra le tecniche utilizzate per indurla vi è la respirazione diaframmatica e il body scan. Nella prima il praticante utilizza consapevolmente il diaframma per respirare e focalizza la sua attenzione sulle fasi dell’inspirazione ed espirazione (Brenner et al., 2020). Durante il body scan, invece, il praticante si concentra attentamente su diverse parti del proprio corpo, solitamente iniziando dalla testa e procedendo verso i piedi o viceversa (Ditto et al., 2006). Pur nascendo come pratica propria dei paesi orientali, la mindfulness è stata a lungo applicata a scopi terapeutici anche in Occidente (Kabat-Zinn, 2003) e diversi studi ne hanno attestato l’efficacia, ad esempio, nella riduzione delle varie manifestazioni sintomatiche indotte da alti livelli di stress e nell’incremento dei livelli di benessere complessivi (e.g., Kallapiran et al., 2015). Studi recenti hanno applicato la pratica mindfulness tramite la VR, testimoniandone i benefici in termini di riduzione dello stress, dell’ansia e nel miglioramento dell’umore (e.g., Arpaia et al., 2021; Ma et al., 2023). Una recente analisi sistematica della letteratura ha evidenziato come la pratica di respirazione profonda guidata, indotta tramite una voce guida, sia la pratica di mindfulness maggiormente utilizzata in relazione alla VR, mentre sono ancora pochi gli studi che hanno applicato il body scan all’interno degli ambienti virtuali (Döllinger et al., 2021). In che modo questo si lega alla relazione tra l’esposizione ad ambienti naturali virtuali tramite VR e l’awe? Secondo alcune autrici (Chen & Mongrain, 2021; Hodgins & Adair, 2010) la meditazione mindfulness permette di evitare che la persona possa vagare eccessivamente con la mente, favorendo di conseguenza una maggiore attenzione al qui ed ora, che si concretizza anche in una attenzione più elevata all’ambiente che ci circonda. I risultati ottenuti da Zeidan e colleghi (2010) sostengono questa ipotesi; gli autori e le autrici, infatti, hanno dimostrato come i partecipanti sottoposti ad un training di meditazione mindfulness di breve durata presentassero livelli di attenzione sostenuta più elevati. Questo comportava una capacità di mantenere il focus attentivo sugli stimoli a cui assistevano per più tempo e in maniera più accurata.   La capacità di cogliere al meglio e processare più velocemente le informazioni che provengono dall’ambiente a cui si è esposti, secondo Chen & Mongrain (2021) è uno degli aspetti estremamente rilevanti per favorire l’esperienza dell’awe. In altre parole, chi è esposto a un ambiente virtuale naturale e contemporaneamente è sottoposto anche a una pratica di meditazione mindfulness potrebbe sperimentare maggiore awe, perché riuscirebbe a concentrarsi maggiormente sui dettagli dell’ambiente virtuale e immersivo a cui assiste. Ad oggi, però, sono ancora pochi gli studi che hanno coniugato questi due aspetti, pur con risultati incoraggianti (e.g., Mistry et al., 2020). Nonostante questo, gli studi riportati fungono da importante incentivo per la ricerca scientifica a muoversi in questa direzione, cosi da poter addurre ulteriori riprove della bontà di questo connubio mindfulness-realtà naturale virtuale e favorire l’esperienza di awe nel modo più efficace possibile
Conclusioni
Le ricerche e gli studi che sono stati riportati in questo articolo dimostrano come i processi e fattori coinvolti nel generare awe attraverso scenari virtuali naturali sono potenzialmente molteplici.Difatti, se da un lato si è fatta maggiore chiarezza sui possibili punti di connessione tra mindfulness, realtà virtuale e awe, resta ancora tutto da chiarire il perché e il come si realizza questo possibile processo di facilitazione all’awe. Quali processi sono implicati? Passa tutto esclusivamente dalla capacità della mindfulness di spostare il focus attentivo sull’ambiente, evitando dispersioni del pensiero? A queste domande si sta cercando di dare risposta attraverso le ultime ricerche in letteratura. Ad esempio, quello che è stato ampiamente studiato è che gli ambienti naturali sia in vivo che virtuali, hanno una qualità peculiare, chiamata restorativeness e definita come la capacità dell’ambiente naturale di fornire sollievo dallo stress e permettere un recupero delle energie mentali che vengono consumate quotidianamente, in particolar modo in ambienti urbani (Menardo et al., 2021). Cosa sappiamo rispetto al coinvolgimento della restorativeness nella relazione tra mindfulness in realtà virtuale naturale e awe? Uno studio recente di Costa e collaboratori (2019) ha evidenziato una associazione tra la meditazione mindfulness svolta in scenari naturali virtuali e la restorativeness percepita. Un ulteriore studio di Ballew e Omoto (2018) ha mostrato come gli ambienti naturali fossero in grado di generare awe attraverso la fascinazione, che è una delle dimensioni costitutive del costrutto della restorativeness. Sappiamo inoltre da studi recenti che ambienti virtuali naturali, come ambienti artici, lacustri e verdi, sono in grado di generare stati emotivi positivi tramite la restorativeness, quando confrontati con ambienti urbani. In altre parole, l’esposizione agli ambienti naturali virtuali comporta un incremento di restorativeness e questo a sua volta causa un aumento nei livelli di energie ed emozioni positive (Theodorou et al., 2023).

Autore/i dell'articolo

Newsletter

Keep me updated about new In-Mind articles, blog entries and more.

Facebook