La relazione tra mindfulness in scenari naturali virtuali e awe: principali evidenze in letteratura e nuove prospettive di ricerca

Allo scopo di ovviare alle limitazioni sopracitate, sono stati fatti significativi passi avanti da un punto di vista tecnologico, ad esempio attraverso l’utilizzo della realtà virtuale.

 

L’utilizzo degli ambienti naturali virtuali nel generare awe

La realtà virtuale, solitamente nominata tramite l’acronimo derivato dalla sua traduzione inglese (VR), è una tecnologia avanzata basata sulla simulazione di ambienti reali e fruibili tramite specifici visori indossati sulla testa (Clemente et al., 2024; Yu et al., 2018). I contenuti riproducibili in VR possono essere di due tipologie. La prima prevede la creazione di scenari tridimensionali attraverso programmi e software specifici. La seconda, invece, prevede l’utilizzo di foto e/o video a 360 gradi. Nonostante la prima modalità garantisca maggiore immersività grazie alla natura tridimensionale degli scenari (Chirico et al., 2018), studi precedenti hanno mostrato come anche le foto/video a 360 gradi siano in grado di apportare effetti benefici agli individui grazie al realismo delle immagini mostrate (Bishop & Rohrmann, 2003). Diversi studi recenti hanno posto particolare enfasi sulla costruzione di ambienti virtuali tridimensionali con caratteristiche capaci di evocare l’emozione dell’awe. Ad esempio, Chirico e collaboratori (2017, 2018, 2019) in studi recenti hanno costruito una serie di ambienti virtuali tridimensionali capaci di generare livelli più o meno elevati di awe, confrontandoli con ambienti cosiddetti “neutrali”, ovvero non aventi caratteristiche capaci di indurre awe. Gli autori e le autrici hanno individuato che l’ambiente naturale virtuale con caratteristiche che maggiormente evocavano awe, raffigurante una foresta con alberi alti, fosse in grado di generare maggiori livelli di awe rispetto ad ambienti virtuali tridimensionali neutrali. Inoltre, simili risultati sono stati ottenuti dagli/lle autori/trici anche quando lo stesso ambiente forestale è stato confrontato con ambienti in grado di evocare awe ma presentati ai partecipanti tramite una modalità bidimensionale (quindi privi della caratteristica della profondità propria delle ambientazioni tridimensionali) (Chirico et al., 2017, 2018, 2019). Grazie a questi e altri studi (per ulteriori approfondimenti, vedi Chirico et al., 2016; Chirico & Gaggioli, 2019) sappiamo che è effettivamente possibile provare awe anche attraverso la VR e quali caratteristiche gli ambienti naturali virtuali dovrebbero avere per generarla. Nonostante questo, sono ancora poco esplorati in letteratura gli aspetti che potrebbero facilitare l’esperienza dell’awe in scenari naturali virtuali.  Uno studio che ha indagato un possibile facilitatore dell’esperienza di awe è quello di Chirico e Gaggioli (2019). I risultati, infatti, dimostrano come l’effetto combinato dell’esposizione a un brano musicale in un ambiente virtuale naturale generasse un incremento maggiore nei livelli di awe percepita rispetto alla condizione che prevedeva solo la musica (Chirico & Gaggioli, 2019). Questo risultato mette ulteriormente in risalto la necessità di andare ancora più a fondo nella comprensione di stimoli o esperienze che, associate alla realtà virtuale, possano avere effetti significativi sull’esperienza di awe. Recenti evidenze in letteratura, infatti, hanno mostrato che una pratica dalle origini antichissime, quale la meditazione mindfulness, potrebbe effettivamente favorire l’esperienza di awe quando applicata in connubio con l’esposizione ad ambienti naturali tramite VR.

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