Realtà Virtuale e psichedelia: le potenzialità delle esperienze tecnodeliche alla conquista della mente

Anche per quanto concerne la sensazione di comunione tra i/le partecipanti , i risultati erano statisticamente indistinguibili da quelli riscontrati durante sessioni di gruppo con sostanze psichedeliche (Glowacki et al., 2020, 2022). Una ulteriore prova a favore dell’efficacia delle esperienze tecnodeliche arriva da un altro recente lavoro scientifico (Martial et al., 2023). In particolare, le ricercatrici e i ricercatori si sono focalizzati sugli stati dissociativi tipici dell’assunzione di elevate dosi di Ketamina (Muetzelfeldt et al., 2008). In una prima fase dell’esperienza VR sviluppata dal gruppo di ricerca (Bourdin et al., 2017; Martial et al., 2023), i/le partecipanti  si incarnavano in avatar che riproducevano i loro corpi fisici, e i cui movimenti erano coerenti con quelli del proprio corpo fisico. Il senso di appartenenza del corpo virtuale veniva ulteriormente rinforzato da feedback tattili. In una seconda fase dell’esperienza, il punto di vista si sollevava, consentendo così ai partecipanti e alle partecipanti di osservare il corpo virtuale dall’esterno, ma riuscendo ancora a muoverlo e ricevendo i medesimi feedback tattili così da dare l’illusione che fosse comunque ancora il proprio corpo. Le persone coinvolte nello studio hanno riportato di aver avuto effettivamente la percezione di essere fuori dal corpo, seppure tale percezione non sembra essere stata particolarmente intensa (Bourdin et al., 2017; Martial et al., 2023). Inoltre, durante l’esperienza, le ricercatrici e i ricercatori hanno monitorato l’attività cerebrale dei soggetti tramite elettroencefalografia. Le analisi hanno mostrato come l’esperienza extracorporea indotta tramite la VR fosse correlata a un aumento delle onde delta e a una diminuzione delle onde alfa. È interessante notare come questo tipo di variazioni dell’attività cerebrale caratterizzino anche le esperienze provocate da sostanze psichedeliche (Timmermann et al., 2019). Del resto, le onde alfa sembrerebbero mediare proprio l’imposizione dei modelli predittivi sugli stimoli sensoriali, e dunque una loro riduzione corrisponderebbe all’attenuazione di tali modelli (Carhart-Harris & Friston, 2019; Mayer et al., 2015).

 

Tecnodelia, quali benefici?

 
Nonostante i risultati incoraggianti, rimane tuttavia da chiarire se le esperienze tecnodeliche possono offrire gli stessi benefici terapeutici attribuiti alle sostanze psichedeliche. A questo proposito, è però degno di nota che le esperienze extracorporee indotte tramite la VR abbiano provocato una riduzione della paura della morte (Bourdin et al., 2017), un risultato che può essere accostato a quello ottenuto in pazienti oncologici terminali nei quali l’assunzione di psilocibina ha portato una diminuzione dell’ansia di fine vita (Grob et al., 2011; Griffith et al., 2016). Un tale effetto può essere dovuto al carattere trascendentale di entrambe le esperienze (Martial et al., 2023; Lebedev et al., 2015). Un altro beneficio attribuito alle sostanze psichedeliche è l’aumento della creatività (Hartogsohn, 2018; Sessa, 2008). Quest’ultima può essere misurata sperimentalmente attraverso la capacità di generare associazioni tra concetti apparentemente sconnessi, nota come pensiero divergente (Guilford, 1967). La ricerca suggerisce che gli psichedelici, destabilizzando gli schemi mentali preesistenti, promuovono un pensiero più fluido e favoriscono accostamenti di idee non convenzionali (Girn, et al., 2020; Kuiper et al., 2016; Spitzer et al., 1996). Partendo da queste evidenze, un recente studio ha indagato la possibilità di favorire il pensiero divergente attraverso esperienze tecnodeliche in VR (Rastelli et al., 2022). Dopo aver esperito uno scenario VR analogo a quello impiegato da Suzuki e colleghi (2017), i/le partecipanti  sono stati sottoposti a un classico test del pensiero divergente (“Test degli utilizzi insoliti”; Torrance, 1966) durante cui veniva chiesto loro di pensare a un uso non convenzionale per un dato oggetto quotidiano. Per quanto l’esperienza non abbia incrementato il numero di usi proposti dai partecipanti rispetto all’esperienza di un ambiente non modificato con DeepDream, le connessioni semantiche tra le risposte si sono rivelate maggiormente articolate, suggerendo una modalità di pensiero meno lineare.
 

Conclusioni

 
Il dibattito sull’impiego terapeutico e sui vantaggi delle sostanze psichedeliche rappresenta ancora oggi un tema che divide la scienza così come l’opinione pubblica. Questa ambivalenza è del tutto giustificabile, dati gli innegabili effetti negativi che un abuso di queste sostanze può comportare. Tuttavia, ciò non dovrebbe rappresentare un ostacolo alla sperimentazione scientifica e alla ricerca sui benefici degli psichedelici, i quali potrebbero rivelarsi un importante alleato nella cura di particolari patologie psichiatriche. A questo proposito, le esperienze tecnodeliche in VR potrebbero aiutare chi partecipa agli studi clinici a familiarizzare con gli effetti degli psichedelici, rendendo in tal modo più sicura la sperimentazione con queste sostanze (Aday et al., 2020). Per quanto promettenti, le esperienze tecnodeliche sono ancora da considerarsi una tecnologia in fase embrionale. Ad esempio, sarebbe interessante riprodurre le alterazioni sensoriali indotte dagli psichedelici oltre a quelle della vista e dell’udito (per quanto però ad oggi vi siano in generale limitazione tecniche all’implementazione degli altri sensi in VR). La difficoltà maggior, tuttavia, è riuscire a ricreare gli stati alterati di coscienza che causano le alterazioni sensoriali e che sottendono modificazioni della biochimica del cervello indotte normalmente dall’assunzione di sostanze.

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