La politica degli hashtag: personalizzazione e demagogia digitale

Personalizzazione e social network sites

In situazioni di instabilità i soggetti cercano di mantenere una coerenza interna, minimizzando il dispendio di risorse. Per questo, la comunicazione per immagini è attualmente una delle più efficaci in politica. Essendo diretta ed intuitiva, permette di crearsi un’opinione senza spendere risorse attentive e cognitive ingenti (Vitriol et al., 2019). Tutto ciò che bisogna sapere è all’interno di un’immagine e di poche righe di descrizione. Da una parte, ciò facilita la lettura del messaggio politico per l’elettore, dall’altra, permette al politico stesso di manipolare e dare forma alla realtà che vuole raccontare, in modo tale da farla diventare al tempo stesso più accattivante e credibile. Considerare e riconoscere le modalità con cui in ogni epoca sono stati veicolati i messaggi politici è fondamentale. Oggi le immagini sono tornate a ricoprire un ruolo chiave, non solo per quanto detto sopra, ma anche per la facilità con cui queste possono essere veicolate e diventare “virali”. Il messaggio virale è diretto, polarizzante ed emotivo; il gruppo sociale o il partito risultano decentrati rispetto all’interesse dell’individuo. Difatti, con la fine delle grandi ideologie collettive del secolo scorso, il dibattito politico si è evoluto in una costellazione ideologica alimentata da quelle che vengono chiamate ideologie “thin- centred” (Freeden, 2017): paradigmi in cui modelli risultano incompleti per offrire una soluzione alla moltitudine di problematiche socio-politiche, come per esempio eurocentrismo e nazionalismo in Europa. L’avvento dei social media ha dato una grande forza al processo di personalizzazione già noto agli studiosi dalla metà degli anni 90. La differenza sta nella possibilità di manipolazione della comunicazione, poiché i social network danno un filo comunicativo diretto con il singolo elettore e non solo con le grandi masse. Per questo motivo molti studiosi (e.g., Wells et al., 2016) hanno considerato la personalizzazione come uno dei processi più interessanti da approfondire all’interno degli studi sulla democrazia. In altre parole, i social media hanno svolto un ruolo chiave nel modo in cui vengono condotte le campagne demagogiche e nel modo in cui gli attori politici interagiscono con l'elettorato.In tal senso, il fenomeno della personalizzazione esercita allo stesso tempo un effetto negativo sulla percezione delle istituzioni democratiche, già fragili dopo la grande crisi economica e finanziaria dell’ultimo decennio. Le idee politiche diventano un bene di consumo, comunicate in modo cognitivamente più economico e accessibile, come attraverso le immagini. Queste immagini vengono manipolate a seconda della domanda, circolano veloci e tanto velocemente possono essere modificate o fatte sparire. Il popolo elettorale può ottenere in qualsiasi momento ciò di cui ha bisogno a poter soddisfare una determinata necessita fisica o ideologica. I social media rappresentano il motore ideale per il successo populista, che adotta una strategia diversa in base all'architettura delle piattaforme digitali. A tal proposito, i social network Twitter e Facebook sono stati esaminati da Jacobs et al. (2020), tramite un focus sui contenuti postati dai deputati di Austria, Paesi Bassi e Svezia. La struttura di Twitter permette ai politici populisti di nominare i giornalisti direttamente ("naming") e di attaccarli o intimidirli ("shaming"). Questa strategia su Twitter attira l'attenzione del giornalista e di un vasto pubblico. Su Facebook, di contro, si riscontrato contenuti che prevedono appelli emotivi; infatti, ipost populisti spesso si basano sull’attivazione di sentimenti quali rabbia, paura e risentimento. Raccogliendo 9852 tweet per i 475 deputati su Twitter e 10.355 post su Facebook dai 287 deputati con una pagina Facebook, nello studio condotto da Jacobs nel 2020, è stato messo in evidenza che su Twitter i messaggi con tono accusatorio e/o diffamatorio, i "@ name & shame", aumentano la copertura mediatica del personaggio politico. Inoltre, dai risultati è emerso che i personaggi politici populisti utilizzano su Twitter questi messaggi dal tono accusatorio e denigratorio 3 volte più dei politici non populisti. Un esempio di tweet “name & shame” è quello dek candidato austriaco populista Christian Höbart (FPO), il quale, nel 2018, ha criticato il giornalista del Der Standard Thomas Mayer, che aveva definito le preoccupazioni espresse dal FPO per le ondate migratorie come allarmiste: “Caro Mayer, sono allarmiste come nel 2015-2016? Ieri avete trovato l'ondata migratoria del 15/16 problematica, ma ora sentite che le preoccupazioni migratorie sono puramente allarmiste? Hmm . . .”. Su Facebook, i post vengono creati e condivisi per alimentare il senso di ingiustizia, i sentimenti di rabbia e frustrazione. In tal senso, un esempio è fornito da un post del gennaio 2018 della politica populista olandese Lilian  Marijnissen: “1.000 miliardi di dollari. Questo è ciò che le 500 persone più ricche hanno guadagnato in più l'anno scorso. 2,7 miliardi di dollari al giorno. Ma allo stesso tempo, 815 milioni di persone stanno ancora morendo di fame. Ogni giorno. Per quanto ancora lo sopporteremo? Una comunicazione social personalizzata aumenta nel pubblico la sensazione di coinvolgimento, risultando in questo modo più efficace. Attraverso il sistema di like, commenti e risposte, le persone sviluppano quelle che sono definite relazioni parasociali immaginarie con celebrità e personaggi dello spettacolo; è possibile dunque trasporre questa interpretazione anche nel rapporto tra i cittadini e candidati politici attraverso i media (Chung & Cho, 2017). In conclusione, i social networks sites ci hanno regalato una modalità di personalizzazione della politica diversa da quella a cui eravamo abituati.

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