Il gruppo psicodinamico tra funzione terapeutica e funzione sociale

Introduzione. Un fatto di cronaca

 

Il 7 maggio un gruppo di bambini viveva una situazione critica portata all’attenzione pubblica dal quotidiano La Repubblica: “Colto da un malore mentre guidava uno scuolabus [… l’autista] ha avuto la prontezza di accostare il mezzo al bordo della strada per mettere in salvo i bambini, poi un infarto lo ha ucciso, […] sotto gli occhi […] dei piccoli passeggeri […].

Potrebbe essere spontaneo soffermarsi sull’accaduto solo osservando il gesto individuale dell’uomo generoso. Si propone, invece, di assumere nei confronti di questo gesto una visione che includa anche il punto di vista del gruppo: in primis quello dei bambini che erano sull’autobus, quello del gruppo di persone che si sono fermate a dare l’allarme, del gruppo di automobilisti scampati allo scontro frontale, del gruppo di medici che hanno tentato le manovre di rianimazione (come riferito nel quotidiano). Il signor Q. ha salvato il gruppo di bambini, ha mantenuto la capacità di pensare nel pericolo conducendo il mezzo di trasporto fino a un luogo sicuro per loro e dove non urtasse altri automobilisti, dove si potesse attivare un circuito salva-vita a cui hanno preso parte vari gruppi di persone. Egli ha pensato ed agito come persona parte di un gruppo, non solo come individuo. Il signor Q. aveva scelto un mestiere in cui aveva il compito di portare a scuola gruppi di bambini; era stato per anni direttore di una manifestazione sportiva (la “Cronoscalata”) che godeva di grande popolarità nella sua comunità. Ricordiamo tutto questo per dire che il signor Q. era un uomo di valore ed era anche una persona che sapeva stare e pensare nei gruppi.

Questa storia di coraggio e umanità colpisce e sostanzia un pensiero che guida il modo di condurre i gruppi - dai gruppi di formazione a quelli terapeutici, dei quali, in particolare, si intende dare breve conto in questa sede. Il nascere e crescere nei gruppi, apprendendo e mettendo a frutto quest’esperienza, ha ricadute non solo sul singolo ma, come testimonia il fatto di cronaca appena ricordato, per l’intera comunità sociale. Se, nella vita di una persona, quest’esperienza di apprendimento è stata deficitaria o compromessa da determinate vicende, è possibile ricapitalizzare l’esperienza gruppale attraverso la partecipazione al gruppo psicoterapeutico.

 

Il gruppo: precursore e compagno di vita

 

La cura attraverso il gruppo si basa su un elemento costitutivo della natura umana. La teoria gruppoanalitica classica (Foulkes, 1973) e i suoi sviluppi più recenti in ambito nazionale (Lo Verso & Di Blasi, 2011) e internazionale (Hopper et al., 2017) hanno sostenuto che il gruppo pre-esiste all’individuo e ne plasma l’identità. Si pensi, per esempio, alla frequente “storia” familiare che spiega l’attribuzione del nome proprio, nonché alla ricorrente presenza del nome nelle generazioni precedenti.

Nel corso della presentazione di sé ad una nuova persona, se si avvia un buon dialogo, sorge generalmente il desiderio di conoscere meglio la storia biografica dell’altro e congiuntamente di riferire la propria attraverso alcuni elementi identitari: “Lavoro come psicoterapeuta presso l’ospedale X”, “Sono cresciuta a Catania, dove ho frequentato il liceo classico e ho giocato a pallavolo fino ai 18 anni”. Questi elementi identitari sono collegati irrinunciabilmente all’esperienza di gruppo che l’individuo ha attraversato (Rouchy & Avron, 2013; Vasta, 2011). Nel pensare al percorso di vita, riesce difficile farlo senza congiuntamente rincontrare nella mente i gruppi che l’hanno accompagnato sin dalla nascita, a partire dalla famiglia, o per citarne alcuni: i gruppi di appartenenza giovanile, quelli sportivi, quelli professionali o ricreativi. Ognuno di questi gruppi ha costituito un luogo di sperimentazione di modi di essere, che avrà più o meno aiutato la persona ad affrontare le sfide evolutive del momento.

L’idea chiave gruppoanalitica che il gruppo sia una dimensione fondativa dell’identità individuale ha trovato conferme in vari campi di ricerca, come verrà sinteticamente descritto nel paragrafo successivo, richiamando il contributo delle Neuroscienze Cognitive dello Sviluppo, dell’Infant Research e della teoria dei sistemi motivazionali. Da diversi vertici di indagine, tutti questi filoni di studio hanno dato supporto neuroscientifico alla pregnanza della qualità dello “stare con l’altro” per lo sviluppo e per il benessere psicofisico dell’uomo.

 

La configurazione gruppale della mente: neuroscienze e gruppo

 

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