Il doppio compito dal laboratorio alla clinica…

Quando è normale, soprattutto per un anziano, avere difficoltà nello svolgere due compiti in contemporanea? Quando invece può essere indice di una patologia?

 

L’essere umano è sempre più multitasking, tuttavia…

Chi di voi sta leggendo questo articolo con la televisione accesa in sottofondo? O sullo smartphone fra una incombenza quotidiana e la successiva? Quante volte vi è capitato di parlare al telefono e contemporaneamente rispondere a una e-mail? O semplicemente di guidare parlando al telefono in vivavoce?

Nella vita di tutti i giorni ci troviamo spesso a “fare più cose” contemporaneamente, ossia a compiere due azioni insieme o a prestare attenzione a due aspetti in parallelo. A questo ha contribuito la diffusione degli strumenti tecnologici, che ci porta a usufruire contemporaneamente di vari canali di informazione, elaborando nello stesso momento un numero elevato di input sensoriali. In questo contributo descriveremo come questa capacità si modifichi durante l’invecchiamento. Descriveremo tecniche sperimentali che simulano in maniera controllata le situazioni in cui dobbiamo “fare più cose” contemporaneamente e che sono utilizzate nella valutazione e riabilitazione di alcuni disturbi motori e cognitivi.

Iniziamo da una breve introduzione terminologica. Gli informatici utilizzano il termine “multitasking” proprio per indicare lo svolgimento di più compiti in parallelo. In psicologia sperimentale il metodo, detto del “doppio compito”, consente di studiare l’abilità nello svolgere due attività nello stesso momento. La procedura sperimentale prevede che una certa attività (compito primario) venga svolta sia singolarmente (condizione di compito singolo) che contemporaneamente a un compito secondario o interferente (condizione di doppio compito). La prestazione viene misurata in termini di velocità della risposta e/o numero di errori. La differenza di prestazione fra le due condizioni viene chiamata “costo”, in quanto nella maggior parte dei casi la prestazione in condizioni di doppio compito è peggiore di quella in condizioni di compito singolo. La natura dei compiti da svolgere può essere eterogenea e comprendere o meno dei movimenti, anche complessi; questo approccio è stato ampiamente utilizzato per studiare le funzioni “esecutive” o di controllo, ossia l’insieme di abilità cognitive deputate al controllo e alla pianificazione del comportamento. Vedremo ora come possa essere utilizzato con ottimi risultati anche in ambito clinico, grazie a due specifici test (“Stops Walking When Talking” e “Useful Field of View”) che forniscono, rispettivamente, una stima precisa del rischio di caduta accidentale e di possibili incidenti stradali alla guida; ma anche grazie a uno strumento diagnostico per verificare la presenza di deficit attentivi conseguenti ad una cerebrolesione. In certi contesti, il costo del doppio compito è molto elevato e compiere alcune azioni contemporaneamente diventa impossibile o quasi. In questi casi, la possibilità di valutare la prestazione in condizioni di doppio compito permette di identificare potenziali problemi subclinici “prima e meglio” rispetto ai test canonici ai quali solitamente queste difficoltà sfuggono, rischiando di emergere all’improvviso proprio nelle situazioni più complesse della vita quotidiana, quali ad esempio i contesti di distrazione con effetti potenzialmente molto gravi: per un anziano anche una caduta lieve può provocare un trauma irreversibile.

 

L’avanzare dell’età rende difficile camminare e parlare contemporaneamente?

L’invecchiamento è un processo complesso di interazione tra un accrescimento delle esperienze e un declino che compromette alcune abilità. Ad esempio, le abilità che riflettono un accumulo di conoscenze ed esperienze, come quelle verbali, migliorano progressivamente anche tra i 30 e 60 anni mentre la velocità di elaborazione e la capacità di accedere a informazioni appena apprese diminuiscono già a partire dalla prima età adulta (Harada et al., 2013). In certi casi si riscontra che alcune attività vengono svolte senza problemi quando effettuate singolarmente, ma possono diventare deficitarie quando svolte contemporaneamente ad altre.

Ad esempio, Lindenberger e colleghi (2000) hanno mostrato che la capacità di camminare durante lo svolgimento di un’attività secondaria di tipo cognitivo, quale la memorizzazione di un elenco di parole, è più compromessa negli anziani rispetto ai giovani e agli adulti di mezza età. Come discriminare le normali conseguenze dell’invecchiamento da altre potenzialmente patologiche? In ambito motorio l’applicazione del doppio compito è utile per individuare gli anziani più in difficoltà nel gestire equilibrio e deambulazione in contesti complessi e quindi maggiormente a rischio di cadere nel contesto di vita reale (Schaefer, 2014).

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