Il doppio compito dal laboratorio alla clinica…

Un ulteriore ambito di applicazione di questo metodo riguarda quei pazienti che in seguito a una lesione cerebrale (causata per esempio da un ictus o da un tumore) spesso mostrano una serie di disturbi attentivi. Per esempio molti presentano un deficit chiamato negligenza spaziale unilateral (neglect in inglese), che rende impossibile processare una porzione dello spazio circostante (Bonato et al., 2012). Tale disturbo solitamente insorge a causa di un danno all’emisfero destro, determinando la difficoltà nel processare tutte le informazioni che provengono dal lato spaziale opposto alla sede della lesione cerebrale, ovvero il sinistro (Bartolomeo et al., 2012; Corbetta & Shulman, 2011; Driver & Vuilleumier, 2001; Vuilleumier, 2013). Questa condizione impatta negativamente sulla vita di tutti i giorni: i pazienti, infatti, possono dimenticarsi di mangiare ciò che si trova nella parte sinistra del piatto e camminando possono colpire oggetti posti alla loro sinistra (Bonato, 2003). Nella pratica clinica la diagnosi di questo disturbo viene effettuata attraverso specifici test cartacei che richiedono, ad esempio, di segnare con una crocetta tutti gli stimoli presenti in un foglio. Tuttavia, la maggior parte dei pazienti in fase cronica presenta solo deficit lievi che possono sfuggire a questi test (Rengachary et al., 2009), nonostante potenzialmente causino difficoltà nelle situazioni complesse di vita quotidiana.

Per fornire un aiuto diagnostico a questo tipo di pazienti, si è pensato di applicare la logica del doppio compito, simulando in un contesto controllato una condizione in cui è necessario prestare attenzione a più aspetti in contemporanea, creando così un contesto cognitivamente più impegnativo.

 

Bonato e colleghi (2013) hanno verificato che un compito secondario, svolto durante un compito principale di tipo visuospaziale (identificazione del lato di comparsa di un target laterale), interferisce con la consapevolezza dello spazio controlesionale di pazienti che in seguito a un ictus non presentavano neglect secondo i test classici (si vedano anche Andres et al., 2019; Bonato, 2015; Bonato et al., 2019).

I risultati hanno evidenziato che i pazienti, pur raggiungendo buone prestazioni nelle condizioni di compito singolo (esecuzione del solo compito visuospaziale), perdevano questa capacità nelle condizioni di doppio compito, ma solo quando il target era presentato nella parte di spazio “indebolita” perchè opposta alla lesione. Al contrario i target presentati nel lato non compromesso venivano sempre percepito. In pratica il pallino/target a sinistra era percepito da pazienti con lesione nella metà destra solo quando potevano focalizzarsi sulla sua comparsa senza dover prestare attenzione ad altro. Interessante è poi notare come la prestazione fosse compromessa in modo quasi identico      quando i pazienti erano “distratti” da una piccola lettera da leggere o da un suono. In entrambe queste condizioni i pazienti non erano più in grado di percepire i target che apparivano a sinistra.      

Il fatto che la compromissione fosse molto simile quando era necessario prestare attenzione a un suono o una lettera, ci fornisce degli indizi importanti sull’origine di questo interessante fenomeno. Parrebbe infatti che a determinare il crollo della prestazione sia l’impossibilità di concentrarsi esclusivamente su un aspetto del compito (la rilevazione dei target laterali) e si  potrebbe quasi dire che non è importante la fonte della distrazione (se un suono o un’immagine) quanto la distrazione stessa.

L’utilizzo del doppio compito cognitivo si è quindi rivelato ancora una volta un approccio molto sensibile nell’identificare i pazienti meno gravi, ovvero quelli che sfuggono più facilmente alla valutazione basata sui test classici e che quindi rappresentano la vera sfida diagnostica per un clinico.

 

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