Il doppio compito dal laboratorio alla clinica…

Nella pratica clinica uno strumento molto utilizzato per semplicità di applicazione, valore clinico e capacità predittiva nell’ambito della prevenzione delle cadute è il test “Stops Walking When Talking’’, o SWWT (per gli amanti degli acronimi, in italiano suonerebbe – malissimo - come SdCQsP: smettere di camminare quando si parla). La procedura prevede che un paziente venga accompagnato in un breve tragitto mentre si tenta di iniziare una conversazione (ad esempio, ponendo domande sui farmaci assunti). In questo contesto viene valutato se il paziente smette di camminare per rispondere alla domanda o se, al contrario, riesce a portare a termine entrambe le attività insieme. Un pioneristico lavoro di Lundin-Olsson e colleghi (1997) mostra che l’incapacità di riuscire a camminare mentre si parla è un indice molto sensibile del rischio di caduta accidentale: la maggior parte degli anziani che non è in grado di continuare a camminare mentre parla andrà incontro a una caduta entro i successivi 6 mesi dal test. Al contrario, il rischio di caduta per gli anziani che sono in grado di continuare a camminare mentre parlano è molto più basso. Da allora, numerosi studi hanno supportato l’efficacia del test SWWT nell’identificare le persone anziane ad alto rischio di cadute. È stata dimostrata la maggior validità dell’approccio del doppio compito rispetto al compito singolo nella valutazione della deambulazione traendone preziosi suggerimenti per migliorare le valutazioni del rischio in ambito motorio (Ayers et al., 2014; Beauchet et al., 2009; Verghese et al., 2002).

 

Quanto è difficile per un anziano fare due cose assieme?

Alcuni studi si sono invece concentrati, sempre nell’anziano, sul calo della prestazione che deriva dall’esecuzione contemporanea di due compiti cognitivi. Lo standard in questi studi non è tanto valutare la differenza nella prestazione di doppio compito in senso assoluto rispetto alla condizione di base, ma in rapporto al rallentamento che ciascun anziano presenta già nel compito singolo. Teniamo presente che le prestazioni cognitive sono strettamente influenzate dall’età, pertanto il confronto terrà conto delle normali differenze di prestazione dovute all’invecchiamento. Partendo da questa importante considerazione metodologica, Verhaeghen e colleghi (2003) hanno condotto una meta-analisi confrontando numerosi studi in questo ambito da cui è emerso che all’aumentare dell’età la condizione di doppio compito comporta un costo via via maggiore. In particolare, rispetto ai giovani, gli anziani mostrano difficoltà maggiori quando il compito principale è di tipo visuospaziale (ad esempio, compito di ricerca visiva di uno stimolo “target” fra un certo numero di stimoli distrattori).

 

Possiamo capire da un (doppio) compito quanto è difficile per un anziano guidare?

Nonostante diversi aspetti della guida diventino “automatici” con l’esperienza, guidare è un compito complesso che può risultare difficile per alcuni anziani, i quali sono quindi esposti a maggiori rischi. Numerose ricerche in ambito oftalmologico hanno mostrato come il numero di stimoli visivi percepiti dagli anziani può ridursi fortemente in condizioni di doppio compito. Il test maggiormente utilizzato per verificare questo fenomeno è lo “Useful Field of View” (UFOV). Si tratta di un test computerizzato che richiede di svolgere un compito di identificazione visiva centrale (compito primario), prestando attenzione anche agli stimoli periferici differenziandoli dai distrattori (compito secondario). Come nell’ambito motorio il test Stops Walking When Talking spesso anticipa una caduta, lo Useful Field of View predice con efficacia il rischio di incorrere in incidenti stradali (Edwards et al., 2006). Questo test si è rivelato non solo di fondamentale importanza nell’ambito della prevenzione del rischio, ma ha anche aperto un filone di ricerca volto a fornire nuove possibilità agli anziani che vogliono mantenere la propria capacità di guida il più a lungo possibile. La professoressa Karlene Ball e il suo gruppo di ricerca hanno sviluppato con successo un programma di formazione (“Useful Field of View Speed of Processing Training”) che aiuta gli anziani a espandere e focalizzare il loro raggio di attenzione migliorando la capacità di elaborare le informazioni visive più rapidamente, portandoli quindi a mantenere più a lungo la patente di guida (DeAngelis, 2009). Programmi di training e valutazione dell’idoneità alla guida simili sono disponibili anche tradotti in italiano, reperibili online su diverse piattaforme (si veda ad esempio https://www.schuhfried.com/it/vienna-test-system/). Alcuni di questi training sembrano essere efficaci persino nel ridurre il tasso di incidenti stradali (Ball et al., 2010) e nel consentire di guidare in sicurezza più a lungo negli anni (Edwards et al., 2009).

 

Applicazione del doppio compito alla valutazione clinica del neglect

Abbiamo finora visto che il doppio compito offre un approccio particolarmente adatto per mettere alla prova le abilità che usiamo regolarmente nei contesti di vita quotidiana e che risultano differenti dalle abilità valutate tramite i test classici, focalizzati sull’analisi di una singola funzione motoria o cognitiva.

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