Hashtag d’ordine #recovery: Instagram e i disturbi del comportamento alimentare.
Il social network che ha fatto della pubblicazione di fotografie il proprio punto di forza è senza dubbio Instagram. Con oltre un miliardo di utenti attivi nel 2019 (Statista, 2019), Instagram è infatti uno fra i più popolari social network. I contenuti condivisi dagli utenti vengono descritti attraverso specifici marcatori basati su parole chiave, detti hashtag e preceduti dal simbolo “#”. È possibile esprimere apprezzamento o interesse per foto e video attraverso l’ormai consolidato meccanismo dei like (Hu, Manikonda, & Kambhampati, 2014).
La ricerca nell’ambito degli effetti dei media suggerisce che l’utilizzo di Instagram, proprio perché basato sulla fruizione di contenuti fotografici, possa avere effetti negativi sulla percezione del proprio aspetto fisico (Fardouly & Vartanian, 2016; Holland & Tiggemann, 2016). Nonostante Instagram abbia visto una rapida crescita da quando è nato (Ottobre 2010), solo recentemente ha attirato l’attenzione della comunità scientifica (Hu et al., 2014).
Scegliere da che parte stare è prima di tutto una questione di hashtag
Uno dei temi più popolari su Instagram è quello del cibo (Mejova, Abbar, & Haddadi, 2016). A tale proposito infatti, uno degli hashtag più popolari è proprio l'hashtag #foodporn spesso accompagnato da un primo piano di un piatto o di un alimento (Mejova et al., 2016). Questo particolare hashtag affonda le proprie radici in una tradizione nata agli inizi degli anni ‘80 con la nascita delle prime trasmissioni televisive legate alla cucina (Mejova et al., 2016). Il caso dell’hashtag #foodporn, con oltre 210 milioni di post nel 2019, è particolarmente rilevante se considerato rispetto all’influenza dei media sul nostro comportamento. Infatti, così come la pornografia contribuisce ad una visione distorta della sessualità (Rousseau, 2014), anche i contenuti legati a questa parola chiave possono avere connotazioni negative rispetto al consumo di cibo. Infatti, l’hashtag #foodporn è associato per lo più a cibo ad alto contenuto di zuccheri e di calorie, promuovendo un rapporto non salutare con l'alimentazione e con il proprio corpo (Mejova et al., 2016). L’importante non è immortalare piatti necessariamente salutari, l’essenziale è che siano belli da guardare.
Rispetto a questa tematica, risulta preoccupante il fenomeno emergente degli hashtag relativi ai comportamenti alimentari problematici diffusi fra gli utenti di Instagram. Esistono infatti specifiche parole chiave per la promozione e l’esaltazione di comportamenti di natura anoressica o bulimica, come ad esempio #proana e #promia (rispettivamente abbreviazioni di pro-anoressia e pro-bulimia), dietro alle quali nascono e si sviluppano vere e proprie comunità virtuali di utenti (Cavazos-Rehg et al., 2019). Un recente studio (Bert, Gualano, Camussi, & Siliquini, 2016) indica che la maggior parte degli utenti di queste comunità online sono ragazze adolescenti (circa il 98%) con un’età media di 17-18 anni. I contenuti identificati con questi specifici hashtag sono legati a foto di ragazze affette da anoressia come modelli da seguire (le cosiddette “thinspiration”), sfide al digiuno, slogan motivazionali in cui gli utenti si incoraggiano vicendevolmente a non mangiare, con l’obiettivo di perdere peso, ma anche suggerimenti su come nascondere il problema a familiari e amici.
In seguito ad una serie di segnalazioni, recentemente Instagram ha introdotto delle politiche per il divieto di utilizzo di marcatori che promuovono comportamenti alimentari problematici. Tuttavia, in letteratura c'è disaccordo sull’efficacia della censura di queste comunità, che possono essere gli unici spazi in cui persone affette da questo tipo di disturbi si sentono libere di condividere le proprie esperienze (Casilli, Pailler, & Tubaro, 2013). Esistono anche hashtag attorno ai quali nascono gruppi che promuovono e sostengono percorsi di guarigione e supporto psicologico alle persone affette da DCA, le quali gestiscono la propria salute e il processo di guarigione anche attraverso l’utilizzo delle tecnologie digitali (LaMarre & Rice, 2017). È probabilmente la mancanza di comprensione nel mondo reale, insieme allo stigma associato ai DCA, che motiva gli individui a cercare ambienti sociali alternativi in cui ottenere supporto (Linville, Brown, Sturm, & McDougal, 2012; Ransom, La Guardia, Woody, & Boyd, 2010; Williams & Riley, 2013).
Un esempio in questo senso è rappresentato da un gruppo nato spontaneamente su Instagram, in cui persone accomunate dal desiderio di guarire condividono tra di loro consigli ed esperienze, con l’obiettivo di sostenersi durante il percorso di guarigione. La maggior parte dei post pubblicati all’interno di questa comunità riguarda foto di piatti pronti per essere mangiati, accompagnati dalla condivisione di pensieri, paure e ansie rispetto al superamento della malattia. La parola d’ordine, o meglio l’hashtag d’ordine, che viene più frequentemente abbinato a questi post è #recovery (circa 12 milioni di post nel 2019) ma anche altre parole chiave come #recoverywarrior e #eatingdisordersrecovery. La comunità Instagram sviluppata attorno a questo hashtag utilizza una logica di sollecitazione continua alla partecipazione dei singoli membri, con un costante posting di foto di cibo.
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