Essere persone childfree è una scelta che fa rumore: tra motivazioni personali e percezione sociale
Jennifer Aniston è una delle attrici statunitensi più conosciute a livello internazionale. Tra i ruoli interpretati, quello di Rachel Green nella sitcom Friends è stato sicuramente tra i più noti e amati dal pubblico, tanto da essere stato premiato con un Golden Globe nel 2003. Nonostante l’enorme successo raggiunto nella sua carriera, Jennifer Aniston viene spesso menzionata per la sua vita personale piuttosto che per quella professionale. Riviste e programmi TV, infatti, mettono spesso al centro delle narrazioni che la riguardano il fatto di essere una donna che non ha avuto figli/e (Berridge, 2015). Le insistenti domande che le sono state spesso rivolte a tal proposito, l’hanno portata a rilasciare innumerevoli dichiarazioni che, nel 2016, sono sfociate nella perentoria affermazione: “non abbiamo bisogno di essere sposate o di essere madri per essere complete. Decidiamo noi il nostro vivere per sempre felici e contente” (Kaklamanidou, 2019). Se la scelta di Jennifer Aniston di non avere figli/e è stata spesso messa sotto i riflettori, la sua storia e le sue dichiarazioni non sono state le uniche a essere oggetto di riflessioni e aspre critiche. Nel passato hanno destato scalpore le parole della filosofa Simone De Beauvoir, che nel suo libro Il secondo sesso (1949) ha messo in discussione il “mito della maternità”, mentre, nel presente, hanno acceso intensi dibattiti le esperienze di donne senza figli/e come l’astrofisica Margherita Hack, l’attrice Michela Andreozzi (Andreozzi, 2018) o la giornalista e scrittrice Natalia Aspesi (Leonardi & Vigliani, 2009). Come approfondiremo in seguito, la scelta di non avere figli/e non sempre viene compresa, perché rappresenta soprattutto una discontinuità rispetto alle concezioni più conservatrici e tradizionaliste di famiglia che, ancora oggi, dominano le controversie sul tema delle scelte in ambito riproduttivo delle donne e degli uomini.
Dall’imperativo morale della generatività alla libera scelta delle persone childfree
Lo stupore suscitato da chi non ha figli/e non dovrebbe meravigliarci: per secoli, infatti, la realizzazione personale, in particolare delle donne, è stata associata soprattutto alla procreazione, considerata l’apice massimo della vita a cui aspirare. I ruoli delle donne e l’identità femminile sono stati storicamente e tradizionalmente costruiti intorno alla maternità e al concetto di cura della prole in molti ambiti, dalla letteratura alla propaganda politica (Gillespie, 2003). Dalla preistoria, con le Veneri di Willendorf, simbolo della Madre Terra e di fecondità (Eisler, 1992), agli anni ’50, con l’ideale di moglie e madre casalinga rappresentato nelle pubblicità, la figura della donna è stata spesso legata all’idea di famiglia e di focolare domestico (Gillespie, 2003). Ciò ha condotto numerose studiose e studiosi a riflettere su quello che viene definito un vero e proprio mandato della maternità (Russo, 1976), un imperativo morale (Thompson, 1974) che vede il diventare madri una delle più importanti espressioni - se non l’unica - di femminilità socialmente accettata (Gillespie, 1999, 2000; Hayfield, Terry, Clarke, & Ellis, 2019; Shapiro, 2014; Shaw, 2011).
La generatività occupa un ruolo centrale anche nella vita degli uomini che spesso, seppur in misura minore rispetto alle donne, in passato venivano considerati “realizzati” solo nella paternità. Nella fase post-rivoluzione industriale, ad esempio, l’uomo di “successo” era colui che aveva molti/e figli/e in buona salute. Una prole numerosa, infatti, significava tante braccia per il lavoro, nonché la possibilità di tramandare la propria eredità materiale e spirituale (Kipnis, 1989).
La maternità e la paternità come fonti principali di realizzazione sono ancora oggi il punto cardine dell’ideologia pronatalista che le considera un obiettivo desiderabile e inevitabile della vita adulta, un aspetto senza il quale un individuo non potrebbe raggiungere lo status di persona compiuta e completa (Benatar, 2008; Graham, Hill, Shelley, & Taket, 2013; Pacilli, Giovannelli, & Spaccatini, 2018; Park, 2005).
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