Essere persone childfree è una scelta che fa rumore: tra motivazioni personali e percezione sociale

Recentemente, ampliando il campo d’indagine sulle persone childfree, sono stati indagati anche le emozioni e i comportamenti che gli individui possono sperimentare e attivare nei loro confronti. A tal proposito, un recente studio sperimentale ha confermato che le donne childfree vengono considerate meno dotate di tratti legati al calore interpersonale (come la capacità di pensare agli altri) e più dotate di tratti legati alla competenza (come la capacità di raggiungere i propri obiettivi; Bays, 2017). Questo studio ha inoltre dimostrato per la prima volta che la scelta delle persone childfree suscita, da un lato, emozioni d’invidia e disgusto e, dall’altro, comportamenti aggressivi in misura maggiore rispetto a quelli rivolti alle donne con figli/e. In linea con questi risultati uno studio condotto da Ashburn-Nardo (2017) ha mostrato che chi sceglie di non avere figli/e elicita maggiore indignazione morale (i.e., rabbia, disapprovazione, disgusto, fastidio e indignazione) e che questa reazione emotiva, a sua volta, porta a percepire sia le donne sia gli uomini che scelgono di non avere figli/e come meno soddisfatti della propria vita rispetto a chi ne ha.

Complessivamente, in oltre quarant’anni di indagini, gli studi hanno delineato uno scenario in cui gli atteggiamenti verso le persone childfree sono tutt’altro che positivi. La scelta di non adempiere a un ruolo socialmente prescritto, come quello della maternità e della paternità, può condurre le persone a essere bersaglio di un vero e proprio contraccolpo (i.e., backlash effect; Rudman & Fairchild, 2004) fatto di pregiudizi e stereotipi, ma anche di comportamenti invadenti e discriminazioni, più o meno esplicite, che possono influenzare negativamente la loro vita. È questo il caso delle domande insistenti e delle pressioni che soprattutto molte donne subiscono ripetutamente da parte di sconosciuti, familiari o personale sanitario sulle loro decisioni riproduttive (Mueller & Yoder, 1999). A tal proposito, sono emblematiche le parole di diverse donne childfree intervistate in uno studio di Doyle e colleghi (2012) che raccontano di aver ricevuto commenti non richiesti e offensivi riguardo alla loro scelta, di essere state criticate e giudicate egoiste o troppo coinvolte nel lavoro rispetto alla vita familiare e, ancora, di aver subìto episodi di discriminazione in diversi ambiti della loro vita. La tendenza ad attuare comportamenti discriminatori nei confronti delle persone childfree non è una novità, soprattutto sui luoghi di lavoro. È stata infatti più volte provata l’esistenza di una disparità di trattamento nei confronti delle donne senza figli/e a livello lavorativo (e.g., Berdahl & Monn, 2013; Burkett, 2000; Doyle et al., 2012; Mollen, 2006; Picard, 1997). Alcuni studi hanno dimostrato, ad esempio, che alle donne childfree viene chiesto di lavorare più a lungo, in orari più scomodi e nei weekend o, ancora, di scegliere per ultime quando prendere le ferie al fine di favorire le esigenze dei/lle colleghi/e con figli/e (Mollen 2006; Picard 1997).

Ciò dimostra, dunque, che una scelta personale come quella di essere persone childfree può avere un impatto anche su altre sfere della vita che, apparentemente, appaiono svincolate dalla prima.

 Conclusioni

Nel 1972, in California, è stata fondata la National Organisation for Non-Parents (NON) che ha reso note le storie di donne e uomini childfree che non considerano la generatività come l’unica possibilità di realizzazione della vita adulta (Park, 2002). Da allora, sono state realizzate moltissime iniziative di rivendicazione della volontà di non avere figli/e sia a livello nazionale sia internazionale. Ne sono un esempio il progetto americano “The not Mom by choice or by chance” e quello italiano “Lunadigas: ovvero delle donne senza figli” (Serri et al., 2019). La condivisione delle esperienze è indubbiamente un primo passo per aumentare le conoscenze degli individui sul tema e per dare la possibilità alle persone childfree di raccontarsi evitando così processi di auto-silenziamento dannosi per la loro salute. Tuttavia, per destrutturare gli stereotipi, i pregiudizi e i comportamenti discriminatori verso le persone che scelgono di non avere figli/e è necessario un approccio integrato che coinvolga anche le istituzioni e i media in un più radicale cambiamento socio-culturale. Solo in questo modo si potranno contrastare gli atteggiamenti svalutanti e denigratori che ancora oggi le donne e gli uomini childfree dichiarano di percepire e subire nella loro vita quotidiana (Doyle et al., 2012; Orenstein, 2000; Park, 2002; Reinhardt, 2004).

 

GLOSSARIO

Backlash effect: il termine, che in italiano significa contraccolpo, indica l’insieme delle sanzioni sociali, simboliche e/o economiche messe in atto nei confronti di persone e gruppi che realizzano un comportamento considerato non stereotipico rispetto, ad esempio, al genere.

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