Depressione e ansia: quale legame con la demenza?

Inoltre, si parla di una depressione caratterizzata da una sintomatologia grave e ricorrente, ossia che si ripresenta più volte nel corso del tempo (Byers & Yaffe, 2011; Cantón-Habas et al., 2020; Kuring et al., 2020; Yu et al., 2020). Infatti, dopo i 60 anni di età, un disturbo depressivo spesso può rappresentare un cosiddetto ‘prodromo’, ossia un sintomo precoce della demenza stessa, che sia essa causata da una malattia neurodegenerativa come quella di Alzheimer, o che sia essa causata da un danneggiamento del sistema circolatorio cerebrale, come accade nella demenza vascolare (Bennett & Thomas, 2014). Ma quali sono i motivi per cui la depressione aumenterebbe il rischio di sviluppare demenza? Ad oggi gli studi suggeriscono che la depressione sia associata a una serie di meccanismi neurobiologici che aumenterebbero il rischio di sviluppare patologie del sistema nervoso centrale che causano demenza (Jamieson et al., 2019). Uno di questi meccanismi è l’aumento dei livelli di glucocorticoidi, ossia di alcuni ormoni steroidei, tra cui il famoso cortisolo, il cosiddetto ormone dello stress. Nella depressione, questa disregolazione ormonale avrebbe un impatto su tutto il sistema dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, ossia il nostro sistema di risposta allo stress, e sarebbe legata ad effetti nocivi per il cervello, specialmente per l’ippocampo, una delle strutture cerebrali coinvolte nei processi di memoria. Uno dei danni principali è l’atrofia (vedi glossario), ossia la perdita di volume, poiché è associata allo sviluppo di disturbi cognitivi, e conseguentemente di demenza (Dafsari & Jessen, 2020; Ouanes & Popp, 2019). Il meccanismo che lega l’alterazione dei livelli di glucocorticoidi all’atrofia di alcune strutture cerebrali sembrerebbe risiedere in un’alterazione nella produzione di alcune proteine molto importanti per il nostro cervello, ossia le neurotrofine (vedi glossario). Si tratta di sostanze essenziali per il nostro cervello, in quanto consentono la crescita di nuove cellule, la cosiddetta neurogenesi (vedi glossario), e la neuroplasticità (vedi glossario), ossia la capacità del nostro sistema nervoso di adattarsi e di modificarsi nel corso della vita. Altro meccanismo che può spiegare il legame tra depressione e demenza è l’aumento della risposta infiammatoria negli individui che soffrono di depressione (Miller & Raison, 2016). La risposta infiammatoria è una sorta di risposta di difesa che il nostro organismo mette in atto in condizioni di pericolo, ossia in presenza di lesioni, virus, batteri, e tutto ciò che può provocare malattia. Nello specifico, essa consiste in una serie di processi biologici e chimici, come la produzione di sostanze chiamate citochine infiammatorie, e l’attivazione cronica delle cellule gliali, ossia di quelle cellule che svolgono funzione nutritiva e di sostegno per i neuroni, e li proteggono in caso di lesioni. Queste risposte infiammatorie, laddove diventino croniche, sono state associate a una serie di altre modificazioni a livello cerebrale, come ad esempio la diminuzione di alcuni neurotrasmettitori come dopamina e serotonina, sostanze chimiche fondamentali nel mantenimento del tono dell’umore. Inoltre, sempre le risposte infiammatorie sono state associate a una diminuzione delle neutrofine e a neurodegenerazione, ossia progressiva perdita di funzionalità e morte delle cellule nervose. Aumento dei livelli di cortisolo, risposta infiammatoria e disregolazione dei neurotrasmettitori, sono stati inoltre associati alla comparsa di due caratteristiche patologiche della malattia di Alzheimer, ossia all’accumulo di beta-amiloide (vedi glossario) in placche, e all’aggregazione di proteina tau in cosiddette matasse neurofibrillari (Kinney et al., 2018). Infine, la risposta infiammatoria associata alla depressione è stata correlata anche a cambiamenti nel funzionamento dei vasi sanguigni. Il malfunzionamento del sistema circolatorio può avere importanti conseguenze a livello cerebrale, ad esempio provocando fenomeni di ipoperfusione cerebrale, ossia di diminuzione dell’apporto di sangue nel cervello (Daulatzai, 2017). Questi fenomeni, a loro volta, possono portare a diverse patologie, tra cui gli ictus ischemici, ossia interruzioni del flusso sanguigno con conseguente morte dei neuroni. Sebbene gli ictus si manifestino spesso in forma lieve, passando spesso inosservati, è la loro ripetizione nel tempo ad essere associata allo sviluppo della cosiddetta demenza vascolare, o multifartuale (vedi glossario). Il legame tra sintomatologia depressiva, presenza di patologie a carico dei vasi sanguigni e demenza è ancora oggetto di studio, ma è importante ricordare come presenza di un disturbo depressivo sia spesso associata anche all’adozione di comportamenti poco salutari come abuso di alcool, fumo e scarsa attività fisica, e quindi allo sviluppo di patologie come obesità e diabete, tutti fattori di rischio essi stessi per lo sviluppo sia di patologie cerebrovascolari, che di demenza (Livingston et al., 2020). Questi comportamenti poco salutari vengono associati non solo alla depressione, ma anche ai disturbi d’ansia, i quali a loro volta sono considerati sia un prodromo (vedi glossario) sia dei fattori di rischio indipendenti per lo sviluppo di demenza (Gimson et al., 2018; Becker et al., 2018; Kuring et al., 2020). Riguardo i meccanismi che legano la presenza di disturbi d’ansia e demenza, ad oggi le conoscenze sono ancora limitate, e le ipotesi riguardano anche in questo caso la presenza di stati infiammatori e processi di invecchiamento cellulare accelerato, a sua volta legati a processi di minore neuroplasticità e di neurodegenerazione (Santabarbara et al., 2019). Nel complesso, sebbene si tratti di evidenze ancora recenti, e che richiedono quindi di essere confermate ed affiancate da nuovi dati, esse forniscono un punto di partenza molto importante e promettente.

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