“Come ne esco?”… Le strategie di gestione dell’identità sociale negativa

“E se proprio non posso uscirne?”… Le strategie di creatività sociale

Un ultimo filone di studi ha indagato l’utilizzo di una serie di strategie, di tipo prevalentemente cognitivo, utilizzate in caso di impermeabilità dei confini e stabilità del sistema, aventi come obiettivo la ridefinizione dello scenario di confronto intergruppi da parte dei membri appartenenti a gruppi subordinati. Tali strategie rientrano nell’ambito della creatività sociale (Tajfel, 1978).

Se in principio, Tajfel e Turner (1979) considerarono la creatività sociale una strategia collettiva fondata sull’ideologia del cambiamento sociale, gli studi successivi, hanno specificato che la creatività può riguardare sia strategie individuali che di gruppo. A tale proposito, Blanz e collaboratori (1998) hanno proposto una classificazione in base a due assi ortogonali: il primo differenzia le risposte individuali vs. collettive, il secondo distingue comportamenti vs. cognizioni.

Accomunate dal fatto di essere considerate forme di distanziamento psicologico (Major & Schmader, 1998) dal gruppo di appartenenza, le principali strategie di creatività sociale descritte in letteratura riguardano: la ri-categorizzazione di sé stessi ad un livello sovra-ordinato (“Non sono un abitante del Sud-Italia, sono un Italiano!”) o sotto-ordinato (“Non sono un Europeo, sono un Italiano!”); la rivalutazione della dimensione di confronto (“Certo, al Sud-Italia siamo più poveri; ma la ricchezza non è l’unica cosa importante!”); l’espressione di ambivalenza nei confronti dell’ingroup, ovvero manifestare un atteggiamento che contenga contemporaneamente elementi di valutazione positivi e negativi (“La disoccupazione giovanile è un problema grave in Italia, ma non c’è Paese più bello in cui voglia vivere”; Pagliaro, Alparone, Pacilli, & Mucchi-Faina, 2012); la scelta di una nuova dimensione di confronto; il cambiamento del gruppo di confronto stesso o il paragone con uno standard (Mummendey, Kessler, Klink, & Mielke, 1999).

Al di là dei tentativi di classificazione, risulta chiaro che i membri di un gruppo di basso status possono adoperare diverse strategie per gestire la propria identità sociale negativa, le quali convergono, in definitiva, nella dicotomia miglioramento individuale - di gruppo.

Conclusioni

L’appartenenza, sia essa riferita ad un gruppo etnico o religioso, alla tifoseria di una squadra di calcio o ad una categoria di lavoratori… costantemente determina in modo fondamentale chi siamo, cosa pensiamo e come reagiamo al mondo sociale. Questo, a sua volta, fornisce un feedback sulla posizione del gruppo di appartenenza rispetto agli altri gruppi, il cui contenuto può generare tanto un senso di sicurezza quanto uno di minaccia all’identità, e di conseguenza orientare i successivi tentativi di fronteggiamento. Ma sono soprattutto le caratteristiche socio-strutturali del contesto in cui avvengono i confronti sociali, che forniscono gli elementi di base per valutare la praticabilità della strategia di gestione della minaccia identitaria e la conseguente scelta comportamentale.

Glossario

Paradigma dei Gruppi Minimi: è un paradigma sperimentale classico della psicologia sociale, introdotto nel 1971 e sistematizzato da Tajfel e Turner nel 1979. La situazione sperimentale consiste nel creare due gruppi di partecipanti sulla base di un criterio del tutto irrilevante, quale ad esempio la preferenza per un pittore piuttosto che un altro. Prevede che non ci sia un reale conflitto di interessi né ostilità pregressa tra i due gruppi creati. Inoltre non devono esistere interazioni tra i partecipanti, né legami diretti tra l’interesse economico personale e la strategia di favoritismo per il proprio gruppo. Il compito dei partecipanti è quello di distribuire delle ricompense, con valore monetario, sulla base di matrici di pagamento, ad un membro dell’ingroup e ad un membro dell’outgroup.

Teoria dell’Attribuzione Causale: Heider (1958), accreditato come il padre della teoria, sostiene che gli osservatori vogliono sapere cosa porti gli attori a comportarsi in un determinato modo. La teoria dunque fornisce una serie di indicazioni su come vengono tratte inferenze riguardo alle cause di azioni nelle comuni situazioni in cui si è di fronte a comportamenti umani, occupandosi principalmente di ciò che gli osservatori concludono riguardo al perché gli attori agiscono in un certo modo. Si occupa delle spiegazioni del nostro comportamento e di quello delle altre persone. La teoria sostiene che le persone sono maggiormente interessate ad identificare le disposizioni personali, ovvero caratteristiche stabili della personalità.

Norme di Gruppo: “Le norme specificano, in maniera più o meno dettagliata, determinate regole concernenti il modo in cui gli individui dovrebbero comportarsi e costituiscono così la base di aspettative reciproche tra i membri del gruppo” (Brown, 2005, p. 63). Rappresentano dunque delle prescrizioni comportamentali, delle linee guida che prescrivono il comportamento dei membri di un gruppo, e che pertanto li spinge ad agire nei modi che meglio incarnano le caratteristiche distintive dell’ingroup rispetto agli outgroup.

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