“Come ne esco?”… Le strategie di gestione dell’identità sociale negativa
Sono stati infine individuati alcuni esiti comportamentali legati allo status del gruppo, primo fra tutti la tendenza al favoritismo per l’ingroup (ingroup bias, ad es., nell’assegnazione di risorse; Tajfel et al., 1971), già considerabile come una strategia di gestione dell’identità sociale. I membri di gruppi di basso status manifestano, in genere, meno favoritismo per l’ingroup (Mullen, Brown, & Smith, 1992). Tuttavia, un’analisi più approfondita dei fattori socio-strutturali del contesto in cui avvengono i confronti sociali ha messo in luce che l’espressione del bias è moderata sia dalla percezione di (im)permeabilità e di (il)legittimità (Bettencourt, Dorr, Charlton, & Hume, 2001), sia dalla percezione di (in)stabilità (Vezzali, Andrighetto, Trifiletti, & Visintin, 2012) delle relazioni di status. Quando, inoltre, la valutazione avviene su dimensioni rilevanti per l’identità dell’ingroup, i membri di gruppi subordinati mostrano tendenze a favorire il proprio gruppo tanto quanto i membri di gruppi di status più elevato.
Quanto esposto finora mostra che l’esperienza dell’appartenenza ad un gruppo di basso status si configura come negativa e pervasiva. Essere un immigrato in un Paese ospitante, o una donna in determinati contesti lavorativi può rappresentare una minaccia continua per una parte importante della propria identità e, di conseguenza, per il proprio benessere. È proprio questa minaccia che motiva a mettere in atto delle strategie per gestire la contingenza negativa.
“Come ne Esco?”… Le strategie di gestione dell’identità sociale negativa
Gli studi condotti alla luce della Teoria dell’Identità Sociale hanno esaminato i modi in cui i membri di un gruppo subordinato possono provare a migliorare la condizione negativa, mettendo in luce un’ampia gamma di strategie di gestione dell’identità sociale.
Alcuni degli esiti dell’appartenenza a gruppi di basso status appena descritti rappresentano già modi strategici per gestire gli effetti dell’identità sociale negativa, come nel caso della percezione di variabilità intragruppo (Doosje, Spears, & Koomen, 1995), che consente di differenziarsi positivamente, seppur in maniera individuale, rispetto ai membri del proprio gruppo. Inoltre, la stessa riduzione dell’identificazione è stata interpretata nei termini di un disinvestimento nel gruppo, una forma cioè di disimpegno psicologico (Major & Schmader, 1998) che funge da espediente per evitare le ripercussioni negative.
La gestione dell’identità negativa presuppone che i membri dei gruppi di basso status siano in grado di immaginare delle alternative allo status quo. Ciò implica una valutazione della permeabilità dei confini tra gruppi, così come la valutazione del sistema delle relazioni di status, siano esse stabili/instabili, legittime/illegittime.
In prima istanza, gli studi distinguono tra i tentativi di migliorare la posizione individuale e i tentativi di migliorare, invece, la situazione di tutto l’ingroup. Ad esempio, un neo-laureato del Sud-Italia, constatata la difficoltà di inserimento lavorativo nella sua regione, potrebbe trasferirsi al Nord in cerca di fortuna oppure cercare dei finanziamenti europei che favoriscano lo sviluppo di tutta la sua regione. Nel caso di un trasferimento, possibile quando i confini sono permeabili e instabili, si parla di mobilità sociale. Tale permeabilità consente ad ognuno di sfruttare le capacità individuali per tentare di passare ad un gruppo di status superiore, come avviene nelle culture occidentali basate sul mito del “self-made man”, in cui vige una concezione di indipendenza del Sé. Nel caso, invece, della ricerca di finanziamenti si fa riferimento ad una strategia di cambiamento sociale, basata su una percezione di impermeabilità dei confini tra gruppi. Posto in questa situazione, l’individuo può solo tentare di innalzare lo status di tutto il gruppo, rovesciando il sistema di relazioni vigente (azioni di protesta, progettazione di comunità; Branscombe & Ellemers, 1998). Tuttavia se il giovane laureato ritiene che le relazioni di status tra Sud e Nord siano illegittime e instabili, potrebbe anche cercare di dimostrare la superiorità sia sua che dei laureati della sua regione adottando strategie di competizione sociale.
Secondo alcuni autori (Gaertner, Sedikides, Vevea, & Iuzzini, 2002) la mobilità individuale sarebbe sempre preferita rispetto alle strategie di gruppo in virtù della supremazia del sé individuale. Altri (Barreto & Ellemers, 2000), invece, evidenziano che è la valutazione dei fattori socio-strutturali e contestuali ad orientare gli individui verso la scelta della strategia. Infatti, come detto, la permeabilità dei confini e la percezione che le relazioni di status tra i gruppi sono instabili, cioè passibili di cambiamento, e determinate da un criterio illegittimo, motiva le persone ad intraprendere azioni collettive piuttosto che individuali.
Infine, un ruolo importante nella scelta tra strategie è giocato dall’identificazione con il gruppo, che agisce non tanto in maniera tout court, quanto in relazione al fatto che l’identificazione aumenta l’adesione alle norme del gruppo: i membri che maggiormente si identificano tenderanno a seguire la strada – individuale o collettiva – tracciata dalle norme del gruppo, sopratutto quando sono definite in termini morali (Ellemers, Pagliaro, Barreto, & Leach, 2008; Pagliaro, Ellemers, & Barreto, 2012).
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