“Come ne esco?”… Le strategie di gestione dell’identità sociale negativa

È naturale dedurne che i problemi sorgono quando si fa parte di un gruppo subalterno. In questo caso, l’appartenenza genera uno stato di frustrazione che minaccia l’identità personale, tanto da spingere i membri di questi gruppi a tentare di migliorare la propria identità sociale attraverso l’adozione di strategie cognitive e/o comportamentali, definite strategie di gestione dell’identità (identity management strategies; Blanz, Mummendey, Mielke, & Klink, 1998; Ellemers, 1993). La scelta del tipo di strategia dipende dal modo in cui le persone esperiscono l’appartenenza ad un gruppo di basso status (dal punto di vista affettivo, percettivo e comportamentale), dal livello di identificazione con il gruppo e dalla percezione di poter alterare le relazioni di status (Barreto & Ellemers, 2000; Pagliaro, 2010; Tajfel & Turner, 1979). La scelta dipende, inoltre, dalle rapresentazioni che i membri dei gruppi si fanno della struttura sociale. Tali rappresentazioni derivano da tre variabili socio-strutturali: stabilità del sistema sociale (credenza che la stratificazione sociale esistente possa cambiare, o meno), legittimità della stratificazione sociale (percezione che le differenze di status tra i gruppi siano determinate da criteri più o meno legittimi), permeabilità dei confini fra gruppi (possibilità o meno di poter lasciare il proprio gruppo per accedere ad un altro).

Conseguenze dell’appartenenza ad un gruppo di basso status

Numerosi studi hanno indagato le conseguenze dell’appartenenza a gruppi di basso status, in primo luogo sui livelli di identificazione con il gruppo stesso, che risultano in genere più bassi che nei gruppi di alto status (Ellemers, 1993).

Per quanto riguarda le conseguenze affettive, uno dei primi elementi indagati è stato il livello di autostima dei soggetti. Cartwright (1950) aveva già intuito questo aspetto, sottolineando come l’appartenenza a gruppi emarginati producesse sentimenti di auto-commiserazione e incapacità. Sebbene teoricamente l’andamento del legame status/autostima appaia diretto, a livello empirico gli studi hanno prodotto risultati contraddittori (Major & O’Brien, 2004). La relazione diretta infatti è emersa per i gruppi dominanti, ma non per i subalterni, quali ad esempio le donne nel mondo del lavoro o gli obesi (Friedman & Brownell, 1995; Miller & Downey, 1999). Coerentemente con questo, Crocker, Voelkl, Testa e Major (1991), hanno dimostrato che la relazione basso status/bassa autostima è mediata dalla percezione dei membri del gruppo di basso status di essere oggetto di denigrazione da parte del gruppo dominante.

Sempre all’interno della dimensione affettiva, sono stati poi indagati gli effetti dell’appartenenza sul livello di soddisfazione dei membri di gruppi di basso status. Ellemers, Van Knippenberg, De Vries e Wilke (1988) hanno evidenziato che queste persone dichiarano livelli di soddisfazione inferiori rispetto ai membri di gruppi di status più alto. Questa relazione è però legata tanto alla percezione delle caratteristiche dei confini tra i gruppi (permeabili vs. impermeabili) quanto alla percezione di stabilità vs. instabilità del sistema sociale. L’appartenenza ad un gruppo subordinato avrebbe dunque un’influenza minore sui livelli di soddisfazione laddove si prospettasse la possibilità di migliorare la propria identità sociale o di sovvertire il sistema (Ellemers, Wilke, & Van Knippenberg, 1990). Inoltre, la percezione che la condizione di basso status sia determinata da un criterio legittimo (vs. illegittimo) ridurrebbe il grado di insoddisfazione (Ellemers, Wilke, & Van Knippenberg, 1993).

Passando alle conseguenze sul piano cognitivo, sono state indagate le distorsioni nei processi percettivi legate alle appartenenze di gruppo. A tal proposito è stata ampiamente messa in luce la tendenza delle persone a valutare il proprio gruppo in modo più favorevole al fine di aumentarne la distintività positiva (ingroup bias; Tajfel et al., 1971). Questa tendenza è risultata moderata dallo status relativo del gruppo, dal livello di identificazione e, come vedremo dopo, dai fattori socio-strutturali del contesto.

Sempre sul piano cognitivo, un altro meccanismo sottoposto ad indagine sperimentale è quello delle attribuzioni causali. I membri dei gruppi posti in posizione subalterna risultano maggiormente portati ad assumersi la responsabilità dei successi ottenuti e ad attribuire invece gli insuccessi agli altri componenti del gruppo in maniera strategica; fenomeno in linea con la letteratura sull’errore fondamentale di attribuzione (Ross & Nisbett, 1991/1998) e particolarmente evidente in caso di bassa identificazione col gruppo (Schlenker & Miller, 1977).

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