Attrattività del volto e genere. Non sempre essere belle aiuta nella scalata professionale e politica.

Beauty is beastly

Come anticipato, possedere un volto attraente ed essere fortemente prototipici del proprio genere sembra essere uno svantaggio più per le donne che per gli uomini. La prima ricercatrice a proporre studi riguardanti questo meccanismo, fu la stessa Madeline Heilman che nel 1979, in un lavoro insieme a Saruwatari, lo denominò effetto “beauty is beastly” (Heilman & Saruwatari, 1979). Nel 1985 Heilman e Stopeck pubblicarono altri due importanti studi nei quali applicarono tale teoria al contesto lavorativo (Heilman & Stopeck, 1985a; Heilman & Stopeck, 1985b). Nel primo di essi, si chiese a 45 studenti universitari di valutare l’adeguatezza di quattro diversi possibili candidati (un uomo attraente, una donna attraente, un uomo poco attraente ed una donna poco attraente) per due posizioni lavorative: una manageriale e l’altra no. I risultati mostrarono che possedere un volto attraente è di aiuto in tutti i casi (i.e. per le candidate di genere femminile quando si presentavano per un posto di lavoro da impiegata e per gli uomini quando si candidavano sia per lavori da impiegato che manageriali) fuorché quando una donna bella viene giudicata per un posto di lavoro manageriale. Infatti, le donne attraenti sono percepite poco competenti e dunque poco adatte a ricoprire incarichi in qualità di manager. La teoria dunque viene confermata. Le donne attraenti sembrano beneficiare della loro bellezza solo quando la posizione per cui concorrono non è manageriale. Al contrario, gli uomini, in questo specifico studio, non ottengono giudizi diversi in base alla loro attrattività. Nel secondo studio pubblicato (Heilman & Stopeck, 1985b) si chiese ai partecipanti di esprimere il proprio parere in merito all’ascesa lavorativa di una persona diventata assistente del vicepresidente di un’azienda di medie dimensioni. L’assistente poteva essere: attraente/non attraente, uomo/donna. Ciò che emerse è che i giudizi sui lavoratori attraenti cambiavano radicalmente a seconda del genere della persona in questione. Se l’assistente era uomo, allora la sua ascesa era da attribuirsi alla sua competenza, mentre se l’assistente attraente era donna, allora la spiegazione fornita dai giudici denigrava l’integrità morale della donna. Infine, diversamente dagli uomini attraenti che ottengono in ambito lavorativo maggiore successo in ogni situazione nella quale sia richiesta competenza, una donna attraente viene ritenuta meno adatta a rivestire un ruolo manageriale quando il suo stile di leadership è “trasformazionale” (comportamenti volti a motivare e ispirare i sottoposti). Non si verifica la stessa negatività di giudizio quando lo stile adottato dalla leader attraente è “transazionale”: comportamenti atti a realizzare gli obiettivi con conseguenti punizioni o ricompense assegnate ai lavoratori (Braun, Peus, & Frey, 2012). Tale relazione sembra essere spiegata, come sosteneva Heilman (1983), dalla percezione di tratti di socialità della leader donna a discapito della competenza. Più il leader adotterà uno stile trasformazionale, più saranno accentuati i suoi tratti di socialità invece che la sua competenza.

Per ciò che riguarda l’ambito politico Sigelman e colleghi (1986) hanno dimostrato che, seppur non vi siano risultati schiaccianti a favore del “beauty is beastly effect” e della “lack of fit theory”, gli uomini sembrano sempre beneficiare in larga misura della loro attrattività, mentre ciò non accade sempre per le donne. Nella ricerca, infatti, i voti assegnati agli uomini diminuivano linearmente con il decrescere della bellezza. Per le donne ciò non avveniva. Al contrario, le donne con un volto poco attraente venivano votate in misura leggermente superiore rispetto alle donne più attraenti. Uno studio interessante a proposito di attrattività del volto delle donne e politica è quello condotto da Carpinella e Johnson (2013). Le autrici ipotizzarono che i membri del partito repubblicano avessero caratteristiche fisiche del volto più tipiche del loro genere rispetto ai democratici. L’ipotesi è stata parzialmente confermata. Le donne appartenenti al partito repubblicano erano ritenute più femminili rispetto alle loro colleghe del partito democratico. Per gli uomini non emerse alcuna differenza fra repubblicani e democratici. Le autrici spiegano tale fenomeno sostenendo che per le candidate repubblicane enfatizzare l’apparenza fisica, la loro femminilità, potrebbe essere funzionale in quanto, in generale, il polo conservatore valorizza i tradizionali ruoli di genere. Pertanto, le candidate con caratteristiche più femminili potrebbero essere valutate più positivamente dai conservatori proprio perché rientrano maggiormente nei canoni tradizionali. Al contrario, le candidate democratiche potrebbero possedere un volto meno prototipicamente femminile proprio perché i valori del partito Democratico sono in contrasto con le tradizionali norme di genere, perciò le donne che attraverso il loro volto risultano essere più prototipiche del loro genere e dunque implicitamente associate ai tradizionali valori di genere, difficilmente hanno successo all’interno del partito Democratico. Come anticipato, non è emersa alcuna differenza fra uomini del partito repubblicano e democratico. Le autrici (Carpinella & Johnson, 2013) sostengono che gli uomini, indipendentemente dal partito, tendono ad enfatizzare la loro competenza e dominanza, per questo non emergono differenze fra i due schieramenti.

 

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