11.09.2025 |
Disuguaglianza / identità
Precipizio. Robert Harris
Ho letto nel periodo estivo un libro che mi ha colpito e di cui consiglio vivamente la lettura perché, pur essendo accattivante e scorrevole, fa riflettere sul potere politico e militare, in particolare sulla sua gestione da parte delle élite, gestione che spesso genera esiti disastrosi per l’intera società. Un libro che, raccontando il passato, parla del presente; sono infatti convinta che il suo autore, Robert Harris, che da anni stimo e ammiro per la sua capacità di trasformare in godibilissimi romanzi avvenimenti storici minuziosamente documentati, abbia scelto di narrare questa vicenda anche per parlarci in modo indiretto di quanto sta succedendo intorno a noi e della povertà intellettuale e personale dei vertici politici e militari ai quali ci stiamo stoltamente affidando. Sto parlando di Precipizio di Robert Harris [1], che, con la consueta maestria, racconta una storia poco conosciuta e sorprendente: la relazione sentimentale che dall’inizio di luglio 1914 al maggio 1915, quindi nei mesi immediatamente precedenti lo scoppio della prima guerra mondiale e nei primi mesi del conflitto, legò il sessantenne e sposato primo ministro del Regno Unito, Herbert Asquith, a una giovane donna dell’alta società inglese, Venetia Stanley, ventiseienne e nubile. Un rapporto coinvolgente, che all’elemento romantico aggiunse una profonda condivisione di pensieri e preoccupazioni, che portò il primo ministro a inviare all’amata informazioni confidenziali su quanto stava accadendo sullo scenario europeo, compresi documenti segreti e telegrammi diplomatici di estrema riservatezza. Come è abitudine dello scrittore, il racconto Harris si basa su fatti realmente accaduti, attestati dalle cinquecentosessanta lettere del primo ministro, casualmente ritrovate in un cofanetto conservato da Venetia e scoperto dagli eredi quindici anni dopo la sua morte. Nel romanzo tutte le citazioni delle lettere di Asquith sono tratte dalle lettere da lui scritte nel periodo citato; quelle relative alle lettere di Venetia sono invece create dallo scrittore, dato che il primo ministro non le ha conservate e sono state quindi perdute. Le pagine, affascinanti e inquietanti, di Precipizio ci fanno entrare negli ambienti in cui si decidevano le sorti dell’Europa, ponendoci di fronte alla poca attenzione con cui venivano affrontati, ma sarebbe meglio dire sottovalutati, gli avvenimenti cruciali che stavano avvicinando l’Europa al precipizio che giustamente dà il titolo al volume. Le lettere documentano la noncuranza, l’inconsapevolezza, l’incoscienza con le quali le élite europee hanno lasciato cadere il continente in un disastro che avrebbe provocato milioni di morti e cancellato la sua premiership mondiale. Sulla scena dipinta da Harris vediamo muoversi personaggi storici che ci sconcertano per la loro candida e allo stesso tempo arrogante incompetenza: il primo ministro che durante le riunioni di gabinetto continua a distrarsi per scrivere le quotidiane lettere all’amata e non presta così attenzione al precipitare degli eventi; il giovane Winston Churchill, prepotente ed egocentrico guerrafondaio, responsabile dell’avventata decisione che avrebbe condotto l’Inghilterra alla disfatta dei Dardanelli; il ministro della guerra, Lord Kitchener, preoccupato più della mancanza di proiettili che delle perdite umane (“gli uomini si possono rimpiazzare, i proiettili d’artiglieria no”); un altro ministro destinato a un brillante futuro, Lloyd George, interessato soprattutto alla propria carriera. La classe dirigente descritta in queste pagine pare riflettere in modo quasi caricaturale quanto gli studi psicosociali ci dicono sugli atteggiamenti e i comportamenti dei potenti. Come ampiamento documentato, il privilegio è per lo più invisibile ai privilegiati, solitamente inconsapevoli del suo impatto sulle vite proprie e altrui, un’inconsapevolezza che deriva da quello che con un termine inglese di difficile traduzione è stato chiamato entitlement, vale a dire l’intima convinzione di avere più diritti degli altri, di meritare di più e di sentirsi importanti. L’entitlement, tipico dei membri delle classi elevate, li porta a confrontare la loro situazione con quella di chi sta più in basso, invocando come spiegazione delle disuguaglianze cause di tipo interno, poste sotto il controllo dell’individuo, anziché di tipo esterno, dipendenti dalla situazione. Questo fa sì che i loro successi, redditi, risultati siano attribuiti a loro stessi, così come gli scarsi successi, redditi, risultati delle classi meno fortunate vangano attribuiti all’incapacità dei membri di tali classi. Convinti di possedere la “stoffa giusta” e di meritare i propri privilegi, i dominanti giustificano in vari modi la propria posizione: negando l’idea stessa di essere privilegiati; minimizzando la posizione di superiorità; affermando di incarnare il canone sociale a cui gli altri non possono che adeguarsi; esprimendo una distratta benevolenza verso il basso, che si traduce in atti di paternalismo e beneficenza; utilizzando razionalizzazioni del tipo: “non dipende da me, le disuguaglianze ci sono sempre state e sempre ci saranno”. Chi si colloca in alto nella gerarchia sociale esibisce comportamenti che denotano individualismo e indipendenza, mantiene una certa distanza tra sé e il prossimo, si percepisce come un essere unico, distinto dalla massa. I potenti sono in genere ottimisti, orientati all’azione, hanno fiducia in sé e nelle proprie scelte, esibiscono un’alta propensione al rischio, hanno scarsa consapevolezza degli altri, essendo poco disposti a mettersi nei loro panni; così stereotipizzano molto, ma sono al contempo critici, elementi che li aiutano a mantenere i subordinati al loro posto, a strumentalizzarli, rinforzando così la gerarchia sociale. Si tratta di individui efficaci nella costruzione della propria personalità, dotati di autostima e autocontrollo, individui che mirano al successo individuale e sono in grado di esercitare influenza. Dal punto di vista cognitivo, rivelano doti di analisi e capacità di astrazione. Dal punto di vista relazionale, concentrandosi sulla propria realizzazione, dedicano poco tempo e poche risorse agli altri, esprimono nei loro confronti scarso interesse, privilegiando nei rapporti affettivi soprattutto la libertà di scelta, strategie che si rivelano funzionali, permettendo alle persone di alto status di godere mediamente di buona salute, di vivere a lungo, di essere soddisfatte della propria vita.
[1] Robert Harris, giornalista e scrittore inglese è autore di una serie di bestseller di alto livello, tra i quali vanno citati: Fatherland, Enigma, la trilogia su Roma antica, composta da Imperium, Conspirata e Dictator, Gosthwriter, Conclave, e il bellissimo L'ufficiale e la spia.
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