La mangio o non la mangio l’ultima fetta? Il caso della Social Mindfulness come processo decisionale.
Immaginate una situazione in cui siete a una cena tra amici. Il cibo è a disposizione e ognuno è libero di servirsi. Le persone intorno a voi parlano e vi intrattenete in varie conversazioni; nel frattempo, vi guardate anche intorno cercando di capire quando si presenterà il momento migliore per rifornire il vostro piatto. Finalmente, vi avvicinate al tavolo. Vi accorgete però che è rimasta l’ultima fetta della torta al cioccolato che aveva attirato la vostra attenzione durante la serata. A quel punto vi trovate davanti al dilemma del “boccone della vergogna” (Boccone della vergogna, s.d.): mangio l’ultima fetta o la lascio per le altre persone?
In psicologia sociale esiste un termine che descrive il fenomeno appena indicato: Social Mindfulness. Per Social Mindfulness si intende la consapevolezza della presenza di altre persone quando facciamo una scelta per noi stessi come nella situazione in cui ci troviamo davanti alla decisione di prendere o meno l’ultima fetta disponibile di torta al cioccolato. Anche se crediamo sia una scelta di poco conto, questa potrebbe rappresentare un vero e proprio dilemma: prendere la fetta significherebbe privare gli altri commensali dalla possibilità di farlo, quindi limitare le loro possibilità di scelta; rinunciare però a quella fetta di dolce potrebbe essere difficile perché la desideravamo tanto. La scelta che quindi alla fine una persona opera in una situazione di questo tipo ci dice qualcosa riguardo la sua social mind.
LA MINDFULNESS
La consapevolezza di essere parte attiva del contesto sociale, ossia la Social Mindfulness, è in parte in relazione con un altro costrutto: la Mindfulness. Generalmente la Mindfulness viene definita come una pratica di meditazione semplice da attuare per ritagliarsi il proprio spazio introspettivo ed evitare di sentirsi sopraffatti dalla realtà circostante. Il termine ‘Mindfulness’ discende dalla filosofia orientale: più specificatamente trae la sua definizione dall’eredità buddista, che fa riferimento all’esercizio della consapevolezza individuale nel prestare attenzione agli eventi che permeano la nostra realtà quotidiana (Blake, 2011; Shapiro, 2008). La trasposizione di questo termine all’interno della cultura occidentale si riferisce principalmente alla tecnica che porta all’esercizio della meditazione, quindi la Mindfulness come metodo per raggiungere lo stato psicologico che permette di acquisire una completa coscienza del sé (Hanh, 1976).
Ellen Langer (1989) ha tuttavia utilizzato il concetto di Mindfulness come costrutto psicologico. Langer fa, infatti, riferimento alla Mindfulness come consapevolezza individuale da applicare a noi stessi nella quotidianità, quindi a priori da tecniche specifiche di meditazione, attraverso la creazione di nuove ‘categorie’ entro cui è possibile contenere il significato degli stimoli che riceviamo dall’esterno. Bishop e colleghi (2004) hanno suggerito, inoltre, l’esistenza di due possibili categorie di comportamenti legati alla mindfulness: manifestazioni empiriche e processi psicologici implicati. La prima categoria racchiude l’autoregolazione dell’attenzione incentrata sul momento presente che consente il riconoscimento dei propri stati mentali esperiti. La seconda categoria, invece, coinvolge l’adozione di un orientamento caratterizzato dalla curiosità, dall’apertura e dall’accettazione degli eventi esperiti qui-e-ora. A tale proposito, Saphiro e Carlson (2009) hanno descritto la Mindfulness come consapevolezza che sorge dall’affrontare gli eventi presenti in modo aperto, perspicace e tollerante.
La pratica di Mindfulness sembra avere un impatto positivo sul benessere individuale perché promuove un’esperienza di autoconsapevolezza (Langer, 1989; Bishop et al., 2004). Possiamo immaginare che tale consapevolezza, dunque, ci possa portare ad assumere coscienza non solo dell’ambiente che ci circonda ma anche delle persone con cui entriamo in contatto: non siamo sistemi unici e isolati, ma parti di un sistema interconnesso e co-dipendente (Kristensen, 2018).
La Social Mindfulness
Finora abbiamo posto l’attenzione sulle tecniche della Mindfulness e su come esse permettano di fermarsi ed analizzare il momento presente. L’impiego della Mindfulness nella nostra vita quotidiana, porta alla consapevolezza di non essere individui che agiscono in un sistema isolato ma di appartenere ad un contesto sociale, in cui le nostre scelte possono avere delle ripercussioni sulle altre persone. Dalla consapevolezza del sé si passa quindi alla consapevolezza dell’Altro, ovvero alla Social Mindfulness (Van Lange & Van Doesum, 2013). Nello specifico, le scelte che facciamo e che tengono in considerazione la presenza delle altre persone, ossia che non limitano le loro possibilità di scelta, racchiudono in sé sia il concetto di consapevolezza proprio della Mindfulness (Langer, 1989), sia la messa in atto della cosiddetta social mind: la capacità di riconoscere e fare propri i bisogni e i desideri degli altri davanti a eventi quotidiani, agendo di conseguenza (Van Doesum et al., 2013).
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