La mangio o non la mangio l’ultima fetta? Il caso della Social Mindfulness come processo decisionale.

Nell’ottica di rilevare l’inclinazione individuale a compiere scelte di apertura nei confronti dell’Altro, Van Lange e Van Doesum (2013, 2015, 2016) hanno messo a punto uno strumento di misura: il SoMi Paradigm. Si tratta di un compito di scelta che prova a simulare il paradosso del ‘boccone della vergogna’: l’individuo è chiamato a svolgere un compito che prevede la scelta di un oggetto tra vari laddove vi è la consapevolezza che la propria scelta avrà una ricaduta su altre persone, ovvero ne andrà a limitare il novero di possibilità. Il compito, infatti, prevede che il partecipante sia esposto ad una serie di oggetti di uso quotidiano (e.g., mele, penne, sveglie). Nelle 12 sequenze di immagini, chiamate ‘sperimentali’, tutti gli oggetti presentati sono uguali tra loro fatta eccezione di uno, che ad esempio può essere di colore diverso. Al partecipante, ad esempio, viene presentata una sequenza di quattro mele: tre di colore verde e una soltanto di colore rosso (si veda fig.1). A queste sequenze, ne sono mescolate altre 12 definite di ‘controllo’ con oggetti multipli fra loro, per non rendere del tutto esplicito l’intento dello studio (si veda fig. 2). Per orientare il partecipante nel compito di scelta, viene data la semplice istruzione di scegliere tra gli oggetti quello che preferisce di più, tenendo però in considerazione che un altro partecipante (in realtà fittizio ma presentato come reale) andrà ad eseguire subito dopo lo stesso compito e potrà scegliere solo tra gli oggetti rimasti. In altre parole, qualora il partecipante decida di selezionare l’unico oggetto diverso dagli altri (nell’esempio specifico, la mela rossa), la sua decisione limiterà inevitabilmente le possibilità di scelta a disposizione del partecipante successivo (nel caso specifico, potrà scegliere solo tra mele verdi, ma non potrà più optare per la mela rossa). Tramite questo semplice strumento, Van Lange e Van Doesum (2013) hanno rilevato come vi sia una tendenza generale da parte degli individui a orientare le proprie scelte a favore degli altri: posti davanti al dilemma di scegliere o meno l’unico oggetto differente, la maggior parte delle persone evita di selezionare l’oggetto unico in maniera da limitare il meno possibile il novero delle scelte della persona che successivamente avrebbe dovuto svolgere il medesimo compito (Van Doesum et al., 2013, 2015, 2016).

La Social Mindfulness è dunque definibile come un particolare tipo di comportamento altruista che spinge gli individui a prendere in considerazione e ad attribuire valore all’interazione che si ha con un altro individuo: la consapevolezza degli altri ci predispone alla messa in atto di comportamenti prosociali (Van Doesum, Karremans, Fikke, de Lange, & Van Lange, 2018). Tali comportamenti di Social Mindfulness dipendono sia da disposizioni individuali, che da fattori sociali che influiscono nell’attivazione cognitiva della ‘nostra’ social mind quando compiamo una scelta.

 

Social Mindfulness e differenze individuali

 

Secondo la Social Values Orientation (Knight & Dubro, 1984; Van Lange, 1999) gli individui sono caratterizzati da tre diversi ‘orientamenti’ motivazionali che guidano il processo decisionale in situazioni di interdipendenza con l’Altro: l’orientamento pro-sociale caratterizza individui che attuano scelte ‘altruiste’; l’orientamento competitivo distingue gli individui che si pongono in aperta rivalità con l’Altro; ed infine l’orientamento individualista, indifferente alla presenza dell’Altro e principalmente focalizzato sul massimizzare le risorse per sé (Messick & McClintock, 1968; Rusbult & Van Lange, 2003). I risultati presentati da Van Doesum et al. (2013), mostrano come, in termini di differenze individuali, la Social Mindfulness sia correlata con l’orientamento prosociale, così come con le dimensioni di personalità dei tratti di onestà-umiltà e piacevolezza (Lee & Ashton, 2008) e con l’empatia (Davis, 1983). Inoltre, gli studi finora condotti sull’argomento hanno rivelato come variabili individuali quali il genere non siano predittivi delle differenze circa eventuali scelte più o meno socially mindful, tuttavia l’età risulta essere un predittore della Social Mindfuleness: più si ‘invecchia’ più si diventa pro-sociali (Van Lange, Otten, De Bruin, & Joireman, 1997). La ragione, secondo Van Lange (2015), è che tale comportamento sia in linea con le norme sociali ingiuntive, ossia con ciò che è socialmente approvato: da un lato la società si aspetta che gli individui invecchiando attuino maggiormente comportamenti a tutela degli altri, dall’altra gli stessi individui tendono a conformarsi a questa aspettativa. Al contrario, è stata riscontrata una tendenza ad essere poco socially mindful nei pazienti che hanno mostrato episodi psicotici, i quali mostrano difficoltà nel prendere la prospettiva dell’altro. Tuttavia, questa tendenza era ridotta laddove a tali persone erano rese consapevoli che le loro scelte avevano un impatto sugli altri (Lemmers-Jansen et al., 2019). Questo suggerisce che ciascuno di noi può adottare scelte e comportamenti socially mindful.

 

Dalla Social Mindfulness alla Social Hostility

 

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