La mangio o non la mangio l’ultima fetta? Il caso della Social Mindfulness come processo decisionale.

La Mindfulness è stata tradizionalmente considerata come una naturale capacità umana (Kabat-Zinn, 2003), una tecnica di meditazione (Hahn, 1976), una risposta adattiva a possibili fattori di rischio (Bishop, 2004). Associare la Mindfulness alle situazioni di interdipendenza potrebbe apparire una parziale forzatura poiché essa è solitamente considerata in relazione al benessere individuale (Bishop et al., 2004). Tuttavia, è importante integrare l’attività individuale della Mindfulness con l’esperienza della Social Mindfulness in quanto nessun uomo è un’isola: siamo costantemente portati ad interagire in un contesto sociale popolato da altre persone.Da un lato, dunque, la consapevolezza che le nostre azioni influiscono sulle possibilità altrui permette a ciascuno di noi di essere parte attiva del tessuto sociale in cui viviamo. Dall’altro, il timore che la libertà di scelta altrui possa ridurre le nostre possibilità di libero arbitrio può portarci a predominare sugli altri al fine di favorire noi stessi. L’importanza di esperire uno stato di Mindfulness è dunque riconoscere e discernere gli stimoli ricevuti nella nostra quotidianità e porci in relazione con gli stati emotivi, i bisogni e le necessità degli attori sociali con cui entriamo in contatto (Velotti, 2016).

Infatti, i principi della Mindfulness potrebbero essere trasposti in modo che l’individuo che si focalizza sul sé nel qui ed ora non si estranei dall’ambiente circostante, bensì provi ad integrarsi alla realtà sentendosi parte attiva del contesto sociale e spingendo a cooperare con questo. Attraverso l’impiego di una social mind possiamo esercitare la consapevolezza di essere parte attiva del contesto sociale: siamo noi a modificare al meglio l’ambiente esterno, compiendo delle scelte che ci ‘avvicinano’ agli altri e ci restituiscono un senso di coerenza con la realtà circostante. La combinazione tra la consapevolezza di cogliere la prospettiva di un’altra persona, una volta effettuata una decisione, e la valutazione che quest’ultima può essere di beneficio per l’Altro, racchiudono in sé le dimensioni della Social Mindfulness: dare peso alla presenza concreta degli altri, infatti, porta gli individui a interiorizzare in maniera più concreta la coscienza di essere parte radicata e dinamica dell’ambiente sociale circostante (Van Doesum et al., 2019). Allo stesso tempo, è necessario essere consapevoli che percepire gli altri come ostili può incidere negativamente sul nostro essere socially mindful e su quanto negativamente percepiamo l’ambiente circostante, facendo prevalere maggiormente sentimenti negativi (per simili dinamiche intergruppi si veda Crisp & Hewstone, 2007). Appare, quindi, interessante approfondire il legame tra Mindfulness e Social Mindfulness e le loro conseguenze nella vita di tutti i giorni dove relazioni interpersonali e intergruppo avvengono costantemente.

 

Bibliografia

 

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Bishop, S. R., Lau, M., Shapiro, S., Carlson, L., Anderson, N. D., Carmody, J. & Devins, G. (2004). Mindfulness: A proposed operational definition. Clinical Psychology: Science and practice, 11, 230-241.

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Cuddy, A. J. C., Fiske, S. T., & Glick, P. (2007). The BIAS Map: Behaviors From Intergroup Affect and Stereotypes. Journal of Personality and Social Psychology, 92, 631–648.

Davidson, R. J., Kabat-Zinn, J., Schumacher, J., Rosenkranz, M., Muller, D., Santorelli, S. F., & Sheridan, J. F. (2003). Alterations in brain and immune function produced by mindfulness meditation. Psychosomatic Medicine, 65, 564-570.

Davis, M. (1983). Measuring individual differences in empathy: Evidence for a multidimensional approach. Journal of Personality and Social Psychology, 44, 113–126.

Hanh, T. N. (1976). The miracle of mindfulness: A manual for meditation. Boston: Beacon.

Knight, G. P., & Dubro, A. F. (1984). Cooperative, competitive, and individualistic social values: An individualized regression and clustering approach. Journal of Personality and Social Psychology, 46, 98.

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