La relazione tra infraumanizzazione e ideologie sociali nei bambini: Il ruolo della giustificazione del sistema

Introduzione

Negli ultimi 10 anni gli psicologi sociali hanno iniziato a indagare il fenomeno  dell’infraumanizzazione (Vaes, Leyens, Paladino, & Miranda, 2012) seguendo la formulazione originale di Leyens e collaboratori (Leyens et al., 2000; Leyens, Demoulin, Vaes, Gaunt, & Paladino, 2007). L’infraumanizzazione è un processo intergruppi “quotidiano,” che non implica una totale negazione dell’umanità altrui. Tale fenomeno si riferisce alla percezione dell’outgroup come meno definito dell’ingroup da tratti unicamente umani, cioè quelli che distinguono l’essere umano da altre specie animali. Caratteristiche giudicate unicamente umane sono l’intelligenza (ad es., ragionamento, pensiero), la moralità, il linguaggio e le emozioni secondarie. In particolare Leyens e colleghi (2000) hanno esaminato la distinzione tra emozioni primarie (non unicamente umane) ed emozioni secondarie (unicamente umane). Le emozioni primarie (ad es., tristezza e gioia) sono provate sia dagli animali sia dagli esseri umani; al contrario, le emozioni secondarie (ad es., orgoglio e vergogna) sono provate solo dagli umani. Gli studi hanno mostrato che gli individui tendono ad attribuire un numero maggiore di emozioni secondarie all’ingroup rispetto all’outgroup, mentre non emergono differenze rispetto alle emozioni primarie, che non conferiscono umanità.

L’infraumanizzazione può portare a condotte e pratiche discriminanti anche in contesti sociali in cui prevalgono politiche volte a garantire il rispetto, la dignità e il benessere (welfare) dei cittadini. Per esempio, Cuddy, Rock e Norton (2007) hanno esaminato le conseguenze dell’infraumanizzazione sui comportamenti di aiuto attuati in seguito a un evento naturale disastroso – l’uragano Katrina – che nel 2005 ha colpito alcune zone degli Stati Uniti del Sud. In tale ricerca venivano rilevate le emozioni attribuite a vittime dell’ingroup (bianchi) e a vittime dell’outgroup (neri); si stimava, inoltre, quanto tali attribuzioni influenzassero le intenzioni di aiuto. I risultati hanno mostrato che i partecipanti tendevano ad attribuire meno emozioni secondarie all’outgroup che all’ingroup (infraumanizzazione dell’outgroup). Inoltre, più emozioni secondarie erano attribuite ad una vittima di colore, maggiore era l’intenzione d’aiuto. In altre parole, meno le vittime dell’outgroup erano considerate umane, minore era la probabilità di soccorrerle.

L’infraumanizzazione può essere sia deliberata sia inconsapevole (Boccato, Cortes, Demoulin, & Leyens, 2007). Usando misure automatiche, si è trovato che gli individui associano più rapidamente le emozioni secondarie all’ingroup che all’outgroup. Questo risultato mette in luce quanto questo fenomeno sia radicato e, dunque, quanto possa risultare minaccioso a livello sociale (a causa delle sue conseguenze comportamentali negative nei confronti dell’outgroup), nonostante esso rappresenti una forma di bias più sottile e meno estrema della deumanizzazione (Haslam, 2006). 

La nostra ricerca intende approfondire il fenomeno dell’infraumanizzazione nei ragazzi di età compresa tra gli 11 e i 18 anni. Nella letteratura anglosassone è stata attestata tale tendenza intorno ai 5 anni, età in cui viene acquisita una maggiore comprensione verbale delle emozioni più complesse (Martin, Bennett, & Murray, 2008). Questi risultati hanno evidenziato la tendenza ad attribuire spontaneamente più emozioni secondarie all’ingroup che all’outgroup, laddove i gruppi considerati erano categorie sociali (squadre di calcio, istituti scolastici d’appartenenza). Non sono emerse differenze rispetto alle emozioni primarie e rispetto alla valenza delle emozioni. Non solo: diversamente dal bias di favoritismo per l’ingroup, non emergevano differenze rispetto all’età dei partecipanti. Analoghi risultati sono stati riscontrati in uno studio condotto su ragazzi di età compresa tra gli 11 e i 16 anni (Brown, Eller, Leeds, & Stace, 2007).

Recentemente, Costello e Hodson (in press) hanno rilevato l’effetto di infraumanizzazione (rapporti interetnici) in bambini tra i 6 e i 10 anni appartenenti a gruppi diversi. Un ulteriore dato interessante era che le ideologie sociali dei genitori influivano sul pregiudizio di umanità dei figli avvallando l’importanza di considerarne il ruolo nello studio dell’infraumanizzazione.

Finora le ricerche che hanno stimato la relazione tra infraumanizzazione e ideologie sociali hanno analizzato prevalentemente l’orientamento alla dominanza sociale (Sidanius & Pratto, 1999; si veda glossario) e la tendenza all’autoritarismo di destra (Altemeyer, 1996; si veda glossario); si è trovata una relazione tra la tendenza a considerare gli outgroup meno umani e la legittimazione delle disuguaglianze sociali. Ci sembra interessante estendere tali analisi prendendo in esame la teoria della giustificazione del sistema (Jost & Banaji, 1994; si veda glossario). Questa teoria sottolinea come la legittimazione dei rapporti di status tra i gruppi possa anche esprimersi con una preferenza per l’outgroup, soprattutto rilevabile a livello del pregiudizio implicito (Jost, 2011). 

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