Una finestra sulla creatività artistica: quando le malattie neurodegenerative diventano “creative”
Anche nell’ambito delle Demenze, per esempio nel corso della progressione della Malattia di Alzheimer (MA), sono state osservate, in alcuni artisti professionisti, alcune modifiche nello stile pittorico, sintomo di un deterioramento cognitivo che può portare fino ad una cessazione del drive creativo. Per esempio, alcuni pazienti riescono ancora a dipingere ma tendono ad aumentare il grado di astrazione con il progredire della malattia. Questa tendenza all’astrazione potrebbe essere correlata con un deterioramento delle abilità visuospaziali o della capacità semantica di riconoscere gli oggetti, disturbi che sono riconosciuti come caratteristici della malattia (Chatterjee, 2004a; Rankin, 2007).
Sono stati documentati anche cambiamenti da stili più astratti verso stili più realistici: è il caso della pittrice già menzionata, descritta da Seeley at al. (2008), che è passata dalla pittura di figure astratte a figure simmetriche fino a figure sempre più realistiche man mano che la demenza progrediva. Questo “realismo emergente” è in accordo anche con altre rappresentazioni create da pazienti con demenza fronto-temporale (Miller et al. 1998). Tuttavia è stato documentato anche il contrario, ovvero cambiamenti da uno stile figurativo e realistico verso uno più astratto: gli esempi includono sia pazienti con afasia progressiva associata a demenza fronto-temporale (Mell et al., 2003) che Malattia di Alzheimer (van Buren & Bromberg at al., 2013) e Malattia di Parkinson (si veda glossario, Kulisevsky et al., 2009; Lopez-Pousa et al., 2013).
Creatività e malattia di Parkinson
Anche in altre patologie neurodegenerative non dementigene (ovvero non caratterizzate dalla presenza di un deterioramento cognitivo, almeno nella fase iniziale della malattia) come la Malattia di Parkinson (MP) sono stati riportati casi di pittori, scultori, scrittori e poeti nei quali il comportamento creativo si rivela dopo l’esordio della patologia (Inzelberg, 2013). Il paziente descritto da Bindler et al. (2011) ha manifestato, ad esempio, abilità letterarie pur non avendo mai dimostrato un simile talento prima dell’insorgenza della malattia. Altro caso interessante è il paziente descritto da Lopez-Pousa et al. (2013) che ha mostrato un aumento compulsivo nella sua produzione pittorica dopo la diagnosi di MP, manifestando, inoltre, una sensazione di benessere accompagnata da una riduzione delle limitazioni fisiche e da una perdita di consapevolezza della malattia durante l’atto creativo.
Molti studi correlano l’emergere dell’attività creativa alla terapia dopaminergica, la terapia utilizzata per la MP che cerca di ripristinare il livello di dopamina in circolo, il cui depauperamento eccessivo è il responsabile della sintomatologia parkinsoniana. Canesi et al. (2011) hanno realizzato uno studio sulla creatività in pazienti con MP, valutati mediante l’utilizzo del test del pensiero creativo di Torrance (Torrance, 1974) per comprendere se le abilità creative, manifestate durante la malattia, potessero essere considerate delle capacità innate che vengono “risvegliate” dalla patologia oppure una conseguenza della terapia dopaminergica, in associazione al disturbo del controllo degli impulsi. I dati sostengono che la presenza di nuove competenze in ambito artistico non può essere direttamente collegata all’impulsività ma potrebbe essere associata all’emergere, in seguito all’assunzione della terapia dopaminergica di qualità artistiche innate in pazienti predisposti. Faust-Socher et al. (2014) hanno dimostrato, inoltre, che pazienti con MP in terapia dopaminergica presentano un aumento di creatività verbale e figurale rispetto ai controlli sani.
Correlati neuroanatomici della creatività
Lo studio delle basi neuro-anatomiche e neuro-fisiologiche della creatività è un progetto affascinante quanto difficile da realizzare in quanto diverse sono le difficoltà che si possono incontrare, a partire dalla definizione di “creatività”. E’ noto da millenni che lesioni e patologie provocano modifiche nel comportamento ma solo da poco più di centocinquantanni si hanno a disposizione sufficienti conoscenze sulla relazione tra cervello, psiche e comportamento.
La rassegna scientifica appena presentata mostra come la relazione tra malattie neurodegenerative e creatività sia articolata. Dal punto di vista clinico, infatti, sono stati documentati casi in cui la creatività aumenta, si modifica oppure si “blocca” in pazienti che presentano una stessa diagnosi. Come è possibile?
Il motivo di tale eterogeneità resta ancora da chiarire. Partiamo, quindi, da un aspetto fondamentale cercando di evidenziare ciò che è alla base di queste patologie, ovvero i correlati neuroanatomici. Se è vero che le patologie neurodegenerative mutano l’“architettura” del nostro encefalo, è vero anche che il nostro encefalo si adatta al nuovo equilibrio, quindi, è molto importante “vedere”, attraverso gli studi di neuroimmagine, come funzionano e si integrano le diverse aree dopo l’esordio di una patologia neurodegenerativa, che per sua natura mutua la rete di collegamenti neuronali. Secondo le neuroscienze, ogni area del nostro cervello ha una funzione specifica: esiste, dunque un’area (o più aree) deputata al pensiero creativo? Prima di provare a rispondere a questo quesito, è doveroso fare una premessa sulla struttura del nostro encefalo.
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