Mindfulness e regolazione emozionale: teoria ed applicazioni

Grazie all’elettroencefalografia (EEG) è possibile registrare l’attività elettrica del cervello. Misurando l’elettricità dell’encefalo nei meditatori di lungo periodo, sembra che questi mostrino una baseline migliorata delle onde alfa e theta a riposo (Aftanas & Golosheykin, 2005). In aggiunta, gli autori hanno dimostrato come i meditatori avessero migliori capacità di moderare l’intensità dell’eccitazione emotiva. Anche un recente articolo di rassegna ha ribadito l’incremento delle onde theta ed alfa nei meditatori durante lo stato di riposo ad occhi chiusi, sebbene gli autori abbiano sottolineato come tali risultati non siano comunque stati riportati uniformemente da tutti gli studi esaminati (Lomas et al., 2015). Precedentemente, Cahn e Polich (2006) avevano confermato l’incremento delle onde theta durante l’atto di meditazione nella zona frontale-mediale: considerando che generalmente tali onde vengono associate con l’attenzione durante compiti complessi e presumibilmente riflettono l’attività dell’ACC e della corteccia prefrontale mediale (Asada et al., 1999), tali risultati sembrano in linea con gli studi di neuroimmagine già discussi.

 

La Mindfulness come forma di regolazione emozionale

Sebbene i vantaggi della Mindfulness sembrino evidenti, i meccanismi con cui essa influenza le emozioni sono ancora in gran parte sconosciuti, spingendo i ricercatori a formulare differenti teorie. 

Alcuni autori hanno proposto che la Mindfulness possa agire attraverso un meccanismo di regolazione emozionale (Grecucci et al., 2015; 2015). Secondo Gross (2006), uno dei massimi studiosi dell’argomento, la regolazione emozionale altro non è che l’insieme eterogeneo di progetti attraverso cui le emozioni vengono regolate. Uno dei perni fondamentali su cui si fonda tale meccanismo è il reappraisal (o reinterpretazione), ovvero la capacità di interpretare in maniera diversa (quindi più positiva) un determinato stimolo emotigeno negativo. Partendo da ciò, alcuni studiosi sembrano d’accordo con l’idea che la Mindfulness agisca tramite il meccanismo del reappraisal, come Garland e colleghi (2011). Altri ricercatori hanno trovato che i tratti disposizionali della Mindfulness sono correlati positivamente con l’attivazione della corteccia prefrontale dorsomediale durante l’utilizzo del reappraisal (Modinos et al., 2010). Tuttavia, altre ricerche hanno mostrato risultati opposti, cioè una sostanziale minor attività di reinterpretazione nei meditatori Mindfulness. Per esempio, alcuni autori hanno riferito di una riduzione di controllo cognitivo e attività prefrontale (Gard et al., 2012; Grant et al., 2011), ipotizzando quindi che la Mindfulness potesse agire tramite un meccanismo più esperienziale che cognitivo (come il reappraisal).

Partendo da ciò, Grecucci e colleghi del Dipartimento di Psicologia e Scienze Cognitive dell’Università di Trento hanno condotto uno studio sperimentale in cui si chiedeva ad un gruppo di meditatori (dopo almeno 1 mese di training ad opera di un monaco buddhista Maestro di Mindfulness) e ad alcuni soggetti di controllo di eseguire due differenti compiti di regolazione emozionale interpersonale. Nello specifico, un compito prevedeva di giudicare l’arousal e la valenza di un’offerta economica ricevuta da un altro giocatore fittizio (di cui era visibile una foto casuale) in merito alla divisione di 10 euro (una versione modificata del Dictator Game (Kahneman et al., 1986)). Nel secondo, il soggetto poteva accettare o rifiutare l’offerta propostagli, imponendo con il rigetto che nessuno dei due giocatori avrebbe preso alcuna somma (una versione modificata dell’Ultimatum Game (Güth et al., 1982)).

In generale, è risultato che i meditatori provavano una reazione di carattere emotivo meno forte da un punto di vista sia fisiologico che psicologico. Essendo entrambi compiti di decisione economica interpersonale, è emerso inoltre come il training Mindfulness abbia influito sulle risposte dei meditatori, facendo sviluppare loro un atteggiamento di distacco dall’esperienza emozionale (definito Mindful detachment) ed un’accettazione non giudicante nei confronti del comportamento altrui, confermando quindi l’ipotesi esperienziale (Grecucci et al., 2015).

 

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