La Negazione della Moralità nel Linguaggio degli Insulti

Indicazioni in tal senso emergono anche da un più recente studio interculturale di van Oudenhoven et al. (2008). Attraverso l’esame degli epiteti spontaneamente prodotti dalle persone di fronte ad alcune situazioni-stimolo, gli autori hanno evidenziato che in diverse realtà nazionali gli insulti utilizzati, così come la percezione del loro carattere offensivo, variano in modo consistente. In particolare, in culture collettiviste come la Spagna e la Croazia sono molto diffusi gli insulti relativi alla famiglia ed alle relazioni sociali, mentre in culture caratterizzate da alta mascolinità (ossia culture che enfatizzano i valori maschili tradizionali come l’assertività e il successo, quali la Germania o l’Italia; Hofstede, 1980, 1991), risultano più frequenti gli insulti relativi alla inadeguatezza sociale e all’incapacità sessuale maschile. Alcuni tipi di insulti sono inoltre utilizzati in modo relativamente unico da specifiche culture: per esempio, i tedeschi utilizzano molti epiteti relativi alla mancanza di pulizia/purezza, come “sporco maiale”, mentre i norvegesi sembrano influenzati da paure di tipo religioso o pre-cristiano e usano insulti come “satana” o “diavolo.” 

Figura 3. “Amnesty 20p books - 2”. Foto di Caroline (Caro’s lines), distribuita con licenza Creative Commons. http://www.flickr.com/photos/caroslines/Figura 3. “Amnesty 20p books - 2”. Foto di Caroline (Caro’s lines), distribuita con licenza Creative Commons. http://www.flickr.com/photos/caroslines/

E’ importante infine notare che alcune categorie di termini offensivi costituiscono un taboo in tutte le undici nazioni esaminate da van Oudenhoven et al. (2008): gli epiteti relativi alla sessualità e quelli che chiamano in causa la mancanza di intelligenza. Guardando a questi risultati dal punto di vista delle teorizzazioni sul giudizio sociale (Ellemers et al., 2013; Leach et al., 2007), è dunque possibile affermare che gli epiteti più frequenti e diffusi riguardano da un lato la moralità, nella sua accezione di purezza sessuale (Haidt & Graham, 2007), e dall’altro la competenza. 

Una distinzione simile emerge anche dagli studi di Haslam, Loughnan e Sun (2011). Concentrandosi su una particolare categoria di termini offensivi, ossia le metafore animali (cf. Loghnan & Haslam, 2007; Viki et al., 2006), gli autori mostrano che le metafore percepite come più offensive sono quelle che implicano una visione dell’altro come meno umano. In altre parole, l’uso di metafore animali è un mezzo per deumanizzare l’altro. Questo avviene, secondo gli autori, sia attraverso metafore riguardanti depravazione e disgusto morale, che fanno riferimento, ad esempio, ad animali quali serpenti o topi, sia mediante analogie con animali meno “rivoltanti” e più vicini all’uomo nella scala evolutiva, come la scimmia, che enfatizzano la degradazione della persona al livello intellettivo di un animale. Anche i risultati di Haslam et al. (2011), dunque, suggeriscono che le due dimensioni principali attorno a cui ruota il linguaggio più offensivo e deumanizzante siano la moralità e la competenza.   

La negazione della moralità attraverso gli insulti

Figura 4. “Free personality test”. Foto di Jes Mugley, distribuita con licenza Creative Commons. http://www.flickr.com/photos/mugley/Figura 4. “Free personality test”. Foto di Jes Mugley, distribuita con licenza Creative Commons. http://www.flickr.com/photos/mugley/

La ricerca sul linguaggio dispregiativo lascia dunque intuire che le dimensioni di moralità e competenza assumano un ruolo fondamentale anche quando le persone insultano gli altri o dicono ‘parolacce’. Questo tema è stato specificatamente indagato da Rubini e Albarello (2011, 2012). In un primo studio, per ottenere un inventario di termini offensivi, le autrici hanno chiesto a un campione di studenti universitari di generare il più alto numero possibile di insulti pensando a diverse situazioni in cui potrebbero essere utilizzati. Due giudici indipendenti (si veda glossario) hanno quindi condotto un’analisi del contenuto dei quasi 3000 epiteti prodotti al fine di distinguere alcune categorie ricorrenti. In questo modo, sono stati individuati insulti concernenti la mancanza di competenza intellettuale (“idiota”), di capacità sociali (“asociale”) e di moralità (“disonesto”). 

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