Intorno al #MeToo: Uno sguardo psico-sociale sul movimento contro la violenza e le molestie sessuali

Il movimento #MeToo tra luci ed ombre: C’è il rischio di backlash?

Il movimento #MeToo ha avuto indubbie ricadute positive per la società. In primo luogo, ha sicuramente raggiunto la finalità originaria di aumentare la consapevolezza dei cittadini, delle organizzazioni e dei decisori politici rispetto alla diffusione degli abusi sessuali nei contesti lavorativi (Brown & Battle, 2019; Keyton et al., 2018). Da questo punto di vista, è innegabile che il movimento abbia innescato un cambiamento culturale nei paesi coinvolti, come testimoniato dalle dimissioni di numerosi personaggi del mondo politico, economico, e non solo, ottenute grazie ai riflettori accesi sul tema delle molestie sessuali (Carlsen et al., 2018; Ettachfini, 2018). Inoltre, il movimento ha favorito la nascita di organizzazioni a sostegno delle vittime, quali, ad esempio, Time’s up, un’organizzazione sostenuta da attrici, produttrici, scrittrici ed altre donne famose del mondo della cultura e dello spettacolo allo scopo di fornire sostegno legale a donne e uomini molestati sessualmente sul lavoro (Buckley, 2018). Iniziative con finalità simili sono sorte in diversi paesi. In Italia, per esempio, è stata promossa la rete “Non una di meno”, che coinvolge diverse associazioni accomunate dal contrasto al sessismo ed alle diverse forme di violenza di genere.

Allo stesso tempo, il dibattito insorto intorno al #MeToo ha enfatizzato le possibili ricadute negative del movimento. Una delle critiche più forti rivolte, sin dal 2017, al movimento è che esso possa rendere più difficili i rapporti tra donne e uomini non solo dal punto di vista affettivo e sessuale (Astier, 2018), ma anche sul posto di lavoro. In particolare, il timore, da parte degli uomini, di essere accusati di molestie sessuali verso colleghe o sottoposte avrebbe ripercussioni negative per l’occupabilità e la carriera delle donne. Questa credenza è emersa, per esempio, in una indagine Vox/morning consult dell’aprile 2018, ed in una ricerca di Atwater, Tringale, Sturm, Taylor e Braddy (2019). Sono le donne, soprattutto, a temere che i datori di lavoro discriminino le donne, in particolare le donne attraenti, in fase di selezione, o comunque decidano di non assumere donne per ruoli che richiedono di cooperare con un uomo in assenza di testimoni (per esempio, a causa di viaggi di lavoro). Inoltre, Atwater e colleghi (2019) hanno riportato che, a fronte di un generale riconoscimento circa i benefici del movimento #MeToo, siano soprattutto le donne a pensare che un sempre maggior cospicuo numero di denunce finisca per rafforzare ancora di più la tendenza a biasimare le donne per il problema, togliendo credibilità alle vittime.

In secondo luogo, si è generato un clima di diffuso discredito verso le vittime di violenza che hanno riportato la propria esperienza tramite il movimento #MeToo, anche nel contesto italiano (Horowitz, 2017; Sciandivasci, 2018): per esempio, il quotidiano Libero ha titolato “Prima la danno poi frignano e fingono di pentirsi” (Farina, 2017). Questo dato non stupisce, in quanto appare in linea con la tendenza, già menzionata, ad attribuire responsabilità alle vittime di violenza sessuale (victim blaming; Pacilli et al., 2017; Penone e Spaccatini, 2019). Allo stesso tempo, ci spinge ad interrogarci sulle eventuali ripercussioni negative del movimento. È possibile che al movimento #MeToo si accompagni un effetto di backlash, ossia di “contraccolpo” (in senso reazionario) verso i valori e le idee che costituiscono il propulsore del movimento stesso? In altre parole, è possibile che la condivisione così massiccia di esperienze di abuso sessuale finisca, da un lato, per creare una certa accettazione del fenomeno inteso come “normale” esito delle relazioni (specialmente quando asimmetriche, in termini di potere) tra uomini e donne e, dall’altro, per focalizzare ancora di più l’attenzione sulle presunte responsabilità delle donne che denunciano?

Questa possibile criticità del #MeToo ha a che fare anche con l’accusa relativa al rischio che il movimento metta sullo stesso piano comportamenti di abuso molto diversi, finendo per banalizzare il problema. Si spiegherebbe così perchè, nello studio di Kunst e colleghi (2019), le donne che avevano effettivamente riportato di aver subito molestie e abusi si siano mostrate più critiche verso il movimento rispetto a coloro che non avevano avuto esperienze personali.

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