Intorno al #MeToo: Uno sguardo psico-sociale sul movimento contro la violenza e le molestie sessuali

In breve tempo, dunque, il movimento si è diffuso in tutto il mondo ed è stato in vari casi declinato localmente (per esempio, “BalanceTonPorc” in Francia, “QuellaVoltaChe” in Italia). Sono sorti anche movimenti che, con una prospettiva critica verso il #MeToo, si sono posti l’intento di stimolare la riflessione e il cambiamento culturale. Ad esempio, la giornalista e autrice televisiva Liz Plank ha enfatizzato la necessità di spostare il focus della discussione dalle vittime agli assalitori attraverso l’utilizzo dell’hashtag #HimThough: se gli uomini sono nella maggior parte dei casi i responsabili di violenza e molestie contro le donne, allora tali questioni (e la vergogna ad esse connessa) non devono essere considerate un problema principalmente delle donne (Byrnes, 2017). Altre campagne sono nate per dare voce a uomini che ritengono di aver contribuito, con il proprio comportamento o attraverso la giustificazione del comportamento di altri, al problema della violenza e delle molestie: è il caso dei movimenti #IDidThat e #IHave (Radu, 2017). Infine, movimenti contrassegnate da hashtag come #HowIWillChange (creato dal giornalista Benjamin Law) e #IWill (proposto dalla scrittrice Alexandra Samuel) si sono posti l’esplicita finalità di stimolare la riflessione da parte degli uomini, permettendo loro di manifestare pubblicamente la propria intenzione di impegnarsi nel cambiamento della cultura della violenza e della sopraffazione sessuale (Byrnes, 2017; Henning, 2017).

Sebbene questi movimenti non abbiano ricevuto la stessa attenzione mediatica della campagna #MeToo, essi hanno avuto il merito di contribuire alla riflessione culturale mettendo a fuoco le radici del problema e le responsabilità. Indubbiamente, la diffusione del movimento #MeToo, insieme ai movimenti illustrati sopra, ha avuto il merito di porre la questione delle molestie e della violenza sessuale al centro del dibattito sociale e politico in moltissimi paesi del mondo, non solo occidentale (Brown & Battle, 2019; Keyton et al., 2018). La condivisione di esperienze, partita da attrici ed altre donne famose, ha riguardato moltissime donne (e uomini) al di fuori del mondo dello spettacolo, mostrando che gli abusi possono avvenire in tantissimi ambiti, tra cui politica, chiesa, esercito, finanza, sport (CBS, 2017; European Union agency for fundamental rights, 2014; Frye, 2018; Respers France, 2017). 

Tuttavia, come menzionato, non sono mancate voci critiche. In particolare, il movimento #MeToo è stato accusato di alimentare una “battaglia dei sessi”, che mette le donne contro gli uomini (Fallon, 2018), ed un clima di “caccia alle streghe” (Wright, 2018). Inoltre, il movimento è stato accusato di ostacolare l’ingresso delle donne nel mondo del lavoro e le loro possibilità di carriera, a causa dei rischi percepiti, da parte delle organizzazioni, di avere a che fare con denunce di molestie in ambito lavorativo (Atwater, Tringale, Sturm, Taylor, & Braddy, 2019). Infine, è stato fatto notare che mettendo implicitamente sullo stesso piano forme di abuso sessuale di diversa gravità, si rischia di “normalizzarle” e di renderle più accettabili (After a year of #MeToo, 2018; De Benedictis, Orgad, & Rottenberg, 2019).

 

Atteggiamenti di donne e uomini verso il #MeToo

Poiché la campagna #MeToo ha acquistato notorietà in tutto il mondo solo in coincidenza con l’inizio dello scandalo Weinstein nell’autunno del 2017, sinora nella letteratura psicosociale pochi studi hanno analizzato il modo in cui tale movimento, e gli altri movimenti sviluppatasi nelle diverse realtà nazionali e ad esso collegati, sono stati percepiti ed accolti. Tra questi, uno studio di Kunst, Bailey, Prendergast e Gundersen (2019) ha confrontato gli atteggiamenti di donne e uomini. I dati, raccolti negli Stati Uniti e in Norvegia, mostrano che, in termini generali, le donne sono più favorevoli degli uomini al #MeToo, ne riconoscono il merito di dare voce alle vittime e di sollecitare il cambiamento sociale e lo considerano meno dannoso per le relazioni di genere e per la società. Questo risultato non stupisce se si considera che le donne, come riscontrato in numerose ricerche, tendono ad attribuire minore responsabilità alle vittime di molestie e mostrano minore accettazione dei cosiddetti “miti” dello stupro e delle molestie sessuali (Lonsway, Cortina, & Magley, 2008; Suarez & Gadalla, 2010), che rappresentano un insieme credenze stereotipate relative alle caratteristiche di tali eventi ed alle loro conseguenze (implicando, per esempio, l’idea che la vittima esageri nella descrizione dell’accaduto e nel denunciare le proprie sofferenze). Inoltre, le donne si considerano generalmente più femministe, e l’adesione al movimento femminista, in termini psicologici se non materiali, è associata al supporto ed alla partecipazione ad azioni collettive contro le disparità di genere (Nelson et al., 2008; Yoder, Tobias, & Snell, 2011). In effetti, nello studio di Kunst e colleghi (2019) gli uomini, oltre ad esprimere un atteggiamento meno positivo verso il movimento #MeToo, riportano una maggiore accettazione dei miti dello stupro ed un più forte sessismo cosiddetto “ostile”, ossia una forma di sessismo che esprime atteggiamenti negativi verso le donne che non si conformano ai ruoli tradizionali di genere (Glick et al., 2000).  In modo coerente, gli atteggiamenti degli uomini verso il #MeToo si accompagnano ad una minore considerazione di sé come “femministi”.

Autore/i dell'articolo

Newsletter

Keep me updated about new In-Mind articles, blog entries and more.

Facebook