A Casa Mia Si Fa Così: La Trasmissione Interpersonale Dell’Oggettivazione e Dell'Auto-oggettivazione Sessuale

L’oggettivazione sessuale porta a percepire – e a volte trattare – la persona alla stregua di un oggetto sessuale da valutare e usare a piacimento, e questo va ben oltre il senso metaforico. Percepire una persona alla pari di un oggetto, infatti, costituisce un vero e proprio errore percettivo (Bernard, Cogoni, & Carnaghi, 2020; Bernard, Content, Deltenre, & Colin, 2018; Bernard, Gervais, Allen, Campomizzi, & Klein, 2012; Bernard, Gervais, Allen, Delmée, & Klein, 2015; Civile & Obvi, 2016): stiamo inserendo uno stimolo (la persona) dentro la specifica categoria cognitiva (si rimanda al glossario) degli oggetti. Le donne oggettivate sessualmente sono non solo elaborate ma anche percepite come più simili a oggetti (Vaes, Cristoforetti, Ruzzante, Cogoni, & Mazza, 2019) e nei loro confronti, ad esempio, l’empatia provata è la stessa di quella che si prova, normalmente, per un manichino (Cogoni, Carnaghi, & Silani, 2015).

Questo ci aiuta a comprendere perché gli uomini che oggettivano sessualmente le donne, mostrano anche atteggiamenti più favorevoli nei confronti della violenza e della molestia sessuale (Loughnan, Pina, Vasquez, & Puvia, 2013; Pacilli, Pagliaro, Loughnan, Gramazio, Spaccatini, & Baldry 2017; Rudman & Mescher, 2012; Vasquez, Ball, Loughnan, & Pina, 2018): è più facile ferire o giustificare la violenza quando questa è diretta a un oggetto e non a un essere umano.

L’oggettivazione sessuale comporta, inoltre, delle conseguenze negative per vittima di tale processo. Con l’obiettivo di dare visibilità a queste conseguenze negative associate all’oggettivazione sessuale, a metà degli anni ’90, Fredrickson e Roberts (1997) introdussero nella ricerca psicologica la teoria dell’oggettivazione. Secondo questa teoria, il contesto sociale occidentale riduce il corpo femminile a oggetto da valutare e apprezzare, e lo fa attraverso uno sguardo oggettivante (si rimanda al glossario) che agisce negli spazi mediatici e negli incontri interpersonali. Inserite in questo clima culturale, le donne sono portate a interiorizzare lo sguardo esterno oggettivante e a utilizzarlo come metro di misura del proprio valore, un processo che prende il nome di auto-oggettivazione sessuale e che si concretizza in una preoccupazione costante per il proprio corpo seguita da un senso di vergogna nei confronti dello stesso (McKinley & Hyde, 1996). Dalla pubblicazione della teoria dell’oggettivazione, sono stati realizzati numerosi studi per identificare le conseguenze associate all’auto-oggettivazione sessuale, rilevando come queste non siano limitate al benessere psicologico e alla salute mentale della persona (per una rassegna si veda Calogero, Tantleff-Dunn, & Thompson, 2011), ma possano esercitare un impatto anche sociale, compromettendo, ad esempio, la percezione di possedere libero arbitrio (Baldissarri, Andrighetto, Valtorta, Sacino, & Volpato, 2019).

Sebbene la teoria dell’oggettivazione consideri gli uomini come principali perpetuatori dell’oggettivazione sessuale a danno delle donne e l’auto-oggettivazione un’esperienza essenzialmente femminile, oggi la ricerca empirica conferma che, in realtà, anche le donne oggettivano (Strelan & Hargreaves 2005) e anche gli uomini sperimentano l’auto-oggettivazione (Hebl, King, & Lin, 2004). Gli uomini, tuttavia, oggettivano in misura maggiore rispetto alle donne (Strelan & Hargreaves, 2005) e le donne più degli uomini sono sensibili e vulnerabili ai processi di oggettivazione (Davidson, Gervais, Gary, & Brian, 2013). Questa premessa è necessaria per comprendere perché la maggior parte degli studi sull’oggettivazione, ha mantenuto l’originaria prospettiva di genere considerando l’oggettivazione sessuale come un processo messo in atto dagli uomini a danno delle donne.

 

La Natura Interpersonale Dell’Oggettivazione Sessuale

La ricerca sugli effetti suscitati dall’esposizione a media oggettivanti – dove le figure femminili sono presentate iper-sessualizzate e il loro ruolo (marginale) è principalmente ridotto a quello di decorazione e oggetto sessuale – ha ricevuto particolare interesse fin dalla pubblicazione della teoria dell’oggettivazione (APA, 2007). Una meta-analisi di Grabe e collaboratori (Grabe, Ward, & Hyde, 2008), ad esempio, ha evidenziato come l’esposizione a media oggettivanti può comportare delle severe conseguenze per le donne, aumentando insoddisfazione, vergogna e monitoraggio del proprio corpo. Meno indagate empiricamente sono state, invece, le conseguenze dell’oggettivazione e dell’auto-oggettivazione sessuale nel contesto degli scambi interpersonali (Fairchild & Rudman 2008; Hill & Fischer 2008).

Calogero (2004), una delle maggiori ricercatrici attuali sull’oggettivazione sessuale, dimostrò come il solo anticipare alle partecipanti che avrebbero avuto un’interazione con un uomo (vs. una donna), portasse a un aumento dei livelli di auto-oggettivazione. Studi successivi hanno esteso i risultati ottenuti da questa ricerca utilizzando la tecnologia (ad esempio, una videocamera), per manipolare lo sguardo oggettivante. I risultati ottenuti da queste indagini confermano ed estendono la teoria dell’oggettivazione: lo sguardo oggettivante maschile compromette le interazioni sociali (Saguy, Quinn, Dovidio, & Pratto, 2010) e le performance cognitive delle donne oggettivate (Gay & Castano, 2010; Guizzo & Cadinu, 2017).

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