Connessioni sociali nell’Era digitale
L’utilizzo delle tecnologie digitali ha visto una rapida espansione negli ultimi anni. Quali sono le motivazioni psicologiche dietro al successo di questa espansione? E quali gli effetti di questo utilizzo sulle modalità con cui le persone interagiscono tra loro? Le tecnologie digitali avvicinano o possono anche allontanarci? In questo contributo cercheremo di fornire alcuni spunti per iniziare a rispondere a queste domande.
Il bisogno di connessioni sociali
L’essere umano ha un bisogno fondamentale di connessioni sociali e appartenenza. Già Maslow (1943), nel celebre articolo “A Theory of Human Motivation”, suggeriva l’importanza del bisogno di appartenenza, ponendolo all’interno di una gerarchia che vedeva i bisogni fisici alla base della piramide (es. fame, sete e sonno) e i bisogni più astratti di autorealizzazione al vertice (es. sviluppo e autostima). Questa concettualizzazione è stata messa in discussione in anni successivi. Secondo una prospettiva evoluzionistica (Williams, 2009; si veda anche Tomasello et al., 2012), l’essere umano ha avuto probabilità di sopravvivenza e riproduzione radicalmente maggiori all’interno di un gruppo, anziché in solitaria. All’interno di un gruppo i nostri antenati potevano condividere il cibo, collaborare nella caccia degli animali di grossa taglia e nella difesa contro i nemici predatori, trovare dei partner per la riproduzione, e aiutarsi a vicenda per la cura della prole (compresi gli orfani). Tutti questi vantaggi vengono meno per l’individuo solo, che si trova ad affrontare i medesimi compiti senza possibilità di supporto, cooperazione, e scambi di reciprocità. In questo contesto, rimanere soli, magari perché rifiutati o ostracizzati dal gruppo di appartenenza, verosimilmente equivale a una morte rapida (e con questa l’impossibilità di trasmettere i propri geni alla generazione successiva). Il bisogno di connessioni sociali si è dunque selezionato come un tratto adattivo ed ecco perché, dal punto di vista di chi scrive, è diventato per gli individui della nostra specie il bisogno psicologico primario: solo all’interno di un gruppo i nostri antenati potevano tentare di trovare accesso al soddisfacimento degli altri bisogni di base.
Dato il bisogno di connessioni sociali, cosa ci spinge a cercare e mantenere delle relazioni sociali in modo costante? Secondo alcuni autori (MacDonald & Leary, 2005) è il dolore, o meglio la ricerca della sua assenza, la migliore risposta che possiamo dare a questa domanda. Il dolore sociale è stato definito come la reazione emozionale spiacevole legata alla percezione di distanza psicologica da un gruppo o da una persona di riferimento (Eisenberger, 2012). Varie forme di separazione sociale, tradimento, esclusione, lutto, si accompagnano alla percezione di dolore sociale. In questo modo il dolore sociale è finalizzato a proteggere la componente “sociale” del nostro organismo così come il dolore fisico, la fame o la sete proteggono l’integrità fisica. Il dolore, che sia fisico o sociale, richiama immediatamente l’attenzione dell'individuo e lo motiva ad agire per porre fine allo stato di spiacevolezza (ad esempio cercando di riparare la relazione interrotta o cercando di stabilire nuove connessioni).
Il rapporto tra il bisogno di connessioni sociali
e la tecnologia digitale
Ma veniamo ai giorni nostri. Come stanno insieme il bisogno di appartenenza e la tecnologia digitale? Nella nostra prospettiva, il successo della tecnologia digitale si spiega in buona parte in funzione di questo bisogno fondamentale di connessioni sociali che abbiamo ereditato dai nostri antenati. Le tecnologie digitali sono primariamente finalizzate alla “connessione” con gli altri, che siano altri conosciuti o sconosciuti, vicini o lontani nello spazio fisico e nel tempo. I dispositivi digitali (primariamente gli smartphone) e i loro contenuti, come social network (es. Facebook, Twitter, Instagram) e instant messaging (es. WhatsApp, Telegram), rispondono quindi alla “fame” costante che la nostra mente ha per le connessioni sociali. Lo fanno inoltre senza molti dei costi cognitivi che sono tipicamente associati alle relazioni faccia a faccia. Una conversazione con un collega o con il partner richiedono l’esercizio di un certo grado di autocontrollo che ha un costo. Scorrere la newsfeed di un social network (ossia una pagina Web che si aggiorna frequentemente per mostrare le ultime notizie o informazioni), o chattare in contemporanea su più gruppi WhatsApp stando sdraiati sul divano, non implicano lo stesso costo di autoregolazione (nessuno vede la nostra faccia, la nostra postura e come siamo vestiti; Nguyen, Bin, & Campbell, 2012; Yen et al., 2012), ma possono rispondere al bisogno costante di connessioni della nostra mente. Al tempo stesso, le tecnologie digitali permettono l’implementazione (e come vedremo in alcuni casi anche l’amplificazione) di alcune dinamiche di esclusione sociale proprie delle relazioni faccia a faccia.
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