Connessioni sociali nell’Era digitale

Smartphone e Relazioni Sociali

La tecnologia ha fatto passi da gigante da quando, nel 1871, Antonio Meucci brevettò il primo telefono. Ciononostante, la funzione principale degli odierni smartphone è in qualche modo paragonabile a quella del loro antenato, ovvero superare le barriere fisiche e connettere le persone tra loro. Se da un lato la costante connessione internet consente agli utenti smartphone di svolgere una serie di funzioni potenzialmente infinita (fare foto, intrattenersi con video, musica e videogames, fare acquisti, cercare informazioni, ecc.), dall’altro sembra che mantenere i contatti con le altre persone sia rimasta la funzione predominante. Oggi, infatti, il 88.6% degli italiani che utilizzano i social network (31 milioni) lo fanno tramite smartphone, trascorrendo in media 1 ora e 51 minuti al giorno su queste piattaforme (We Are Social, 2019). Le poche ricerche scientifiche che hanno rilevato in modo oggettivo l’uso dello smartphone confermano questi numeri, mostrando come solo WhatsApp renda conto di circa il 20% delle attività svolte su smartphone (Montag et al., 2015) e come tutte le applicazioni di instant messaging messe insieme coprano circa un terzo del tempo trascorso quotidianamente sul dispositivo, con più di 80 accessi al giorno (Lee et al., 2014). Queste statistiche sono in linea con la tesi secondo cui le tecnologie digitali (smartphone e social media in particolare) rispondono al bisogno umano di connessioni sociali.

Ad oggi, però, la ricerca psicologica sullo smartphone si è principalmente focalizzata sul sovrautilizzo di questo strumento e sugli effetti negativi che ne derivano. Nonostante il crescente ma ancora irrisolto dibattito sulla possibile esistenza della cosiddetta dipendenza da smartphone(Gentile, Coyne, & Bricolo, 2013), la funzione sociale dello smartphone emerge anche in relazione al suo sovrautilizzo. Billieux, Maurage, Lopez-Fernandez, Kuss and Griffiths (2015) hanno sviluppato un modello teorico che prevede l’esistenza di tre percorsi che condurrebbero ad un uso problematico dello smartphone. Tra questi troviamo l’Excessive Reassurance Pathway che è strettamente legato al mantenimento delle relazioni e alla ricerca di connessioni con gli altri per regolare i propri stati affettivi e che vede chiamate, social network e instant messaging come applicazioni privilegiate nel favorire il sovrautilizzo. Sulla stessa linea, le scale self-report sviluppate per misurare l’uso problematico dello smartphone includono dimensioni che si riferiscono alla sfera sociale, evidenziando quanto le potenzialità del dispositivo in tal senso abbiano un ruolo chiave nel suo sovrautilizzo. Tra queste troviamo la Smartphone Impact Scale (SIS; Pancani, Preti, & Riva, 2019) che, oltre ad una dimensione “problematica” di preferenza per le relazioni online vs. offline, include una misura del ruolo positivo dello smartphone nello sviluppo e mantenimento di relazioni intime.

 

L’esclusione sociale attraverso le tecnologie digitali

 

Le tecnologie digitali non consentono solo le connessioni con gli altri, ma possono favorire anche alcune dinamiche di esclusione sociale. Ne presentiamo in questa sede due, il phubbing e il ghosting.

Il Phubbing

Il termine phubbing deriva dall’unione delle parole phone e snubbing e si riferisce a quel fenomeno per cui, durante una interazione tra due persone, uno degli interlocutori snobba l’altro prestando attenzione al proprio smartphone (Macquarie, 2013). Alcune ricerche si sono interessate alla diffusione di questo fenomeno e hanno stimato che più del 60% delle persone subisce e mette in atto il phubbing quotidianamente (Al-Saggaf & MacCulloch, 2018; McDaniel & Coyne, 2016). Nonostante il fenomeno sia molto recente e la letteratura molto limitata, la ricerca sul phubbing si è concentrata sullo studio delle conseguenze a livello psicologico, relazionale ed emotivo di chi subisce questa pratica, indagandola principalmente nel contesto delle relazioni romantiche. La vittima di phubbing svaluta la relazione che la lega al partner che agisce in tal senso e dichiara una minor soddisfazione di vita e un maggior livello di depressione (Roberts & David, 2016; Wang, Cie, Wang, Wang, & Lei, 2017). Risultati simili sono stati ottenuti anche nel contesto lavorativo, dove i dipendenti vittime del phubbing dal proprio capo mostravano un decremento della fiducia in lui/lei e percepivano un minor coinvolgimento nel lavoro (Roberts, Williams, & David, 2017). Studi sperimentali sono andati più a fondo nei meccanismi che regolano il fenomeno, simulando il phubbing in contesti di laboratorio. Tali studi hanno mostrato come gli effetti negativi del phubbing crescono proporzionalmente alla durata dell’episodio (Chotpitayasunondh & Douglas, 2018) e al fatto che lo spostamento dell’attenzione dell’interlocutore verso lo smartphone venga percepito come intenzionale anziché in risposta ad una notifica proveniente dal dispositivo (Abeele, Antheunis, & Schouten, 2016).

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